I cambiamenti climatici, che in questi giorni colpiscono duramente l’Italia attraverso ondate di calore e precipitazioni fuori dalla norma, non fanno sconti nemmeno in Sudamerica. Negli ultimi mesi, per non dire anni, il grande tema è quello della siccità, soprattutto nella parte meridionale del continente: prima è toccato all’Argentina vedere dimezzata la sua produzione di soia dal 2020 ad oggi, mentre adesso è il turno dell’Uruguay, colpito da una crisi idrica praticamente senza precedenti. Il piccolo Paese sudamericano, governato da marzo 2020 dal 49enne Luis Lacalle Pou, primo presidente di centrodestra dopo i 15 anni di era Mujica, sta proprio in queste settimane affrontando la peggior crisi idrica da 70 anni. Al punto che il governo ha dovuto decretare lo stato di emergenza, autorizzando a immettere nella rete idrica anche l’acqua salata del Rio de la Plata, il grande fiume che sfocia nell’Atlantico al confine con l’Argentina.
Uruguay, la crisi idrica: anche acqua salata nelle tubature
La situazione è critica soprattutto nell’area metropolitana di Montevideo, la capitale, dove vivono oltre 2 milioni di persone, la metà dell’intera popolazione del Paese. Il principale serbatoio che serve l’area è sceso, la settimana scorsa, appena al 2% della propria capacità: da 67 milioni di metri cubi d’acqua a pieno regime, è arrivato a contenerne 1,1 milioni, pari al consumo di 2 giorni a Montevideo e dintorni. L’acqua del Rio de la Plata risolve sicuramente il problema di lavarsi e cucinare, ma la sua salinità la rende al limite del potabile, a causa degli altissimi livelli di cloro e sodio, tanto che in queste settimane l’acquisto di acqua minerale in Uruguay è raddoppiato, e il governo ha chiesto aiuto al Brasile, che ha fornito 13 km di tubature per estrarre acqua anche da un altro fiume. Lacalle Pou ha anche concesso l’esenzione dalle imposte sull’acqua e per le famiglie più bisognose ha decretato aiuti equivalenti a due litri di acqua al giorno rimborsati dallo Stato.
Crisi idrica Uruguay: rallenta anche il Pil
Il tema è talmente delicato che lo stesso ex presidente Pepe Mujica ha ammesso di avere anche lui una parte di responsabilità per ciò che sta accadendo: “Abbiamo dormito, avremmo dovuto prevedere questa emergenza e affrontarla ben prima”. Tuttavia, questo non tira fuori dai guai il suo successore di centrodestra, che è entrato in carica esattamente in concomitanza con l’inizio della pandemia Covid e non ha dovuto affrontare solo la crisi sanitarie e – adesso – idrica. Per incominciare, nel 2020 il Pil dell’Uruguay è caduto del 15%, soffrendo più di altri Paesi le conseguenze della pandemia: il turismo è crollato del 54% e la disoccupazione è salita dall’8 al 10%. Tra il 2021 e il 2022 il Paese ha poi registrato un recupero di buona parte di quella crescita perduta (anche se l’anno scorso l’inflazione ha sfiorato la quota record del 10%), ma secondo il Fondo Monetario Internazionale quest’anno il Pil uruguagio è destinato a rallentare al 2%.
Uruguay e Mercosur: il presidente litiga sui rapporti con la Cina
E poi Lacalle Pou si trova sempre più a disagio all’interno del Mercosur, il mercato comune dell’America Latina, del quale la presidenza di turno è stata da poco assunta dal leader brasiliano Lula, che ha idee un tantino distanti da quelle di altri Paesi dell’area, Uruguay compreso. Intanto, Lula sta palesemente provando a riabilitare il dittatore venezuelano Nicolas Maduro, irritando non solo Lacalle Pou ma anche il presidente cileno Gabriel Boric, che pure appartiene alla famiglia del socialismo latinoamericano. Inoltre Lula vuole andare allo scontro con l’Ue sugli accordi commerciali: dopo la stretta di Bruxelles sulle politiche green, manderà una controproposta nelle prossime settimane. L’Uruguay invece vorrebbe che il Mercosul si posizionasse compatto nei rapporti con la Cina, un partner sempre più importante per tutto il Sudamerica: ma Lula e il presidente argentino Alberto Fernandez, che hanno già rapporti privilegiati con Pechino, hanno preferito non affrontare il tema negli ultimi meeting, al punto che Lacalle Pou già minaccia da tempo di procedere con accordi bilaterali.
Il presidente Lacalle Pou e la sfida dei rapporti geopolitici
I quali però non sono previsti tra i Paesi aderenti al Mercosul, i cui trattati vincolano i singoli Stati a procedere in maniera congiunta nelle relazioni commerciali, come sta avvenendo con l’Unione europea. Il Mercosul prevede in particolare dal 1995 una aliquota comune di importazione dei prodotti proveniente da fuori il Sudamerica. Ecco perché già l’anno scorso Brasile, Argentina e Paraguay hanno diffidato Montevideo dal prendere l’iniziativa, e Lacalle Pou ha risposto accusando i Paesi vicini di “protezionismo”: “Noi siamo d’accordo sul fatto che un accordo vada preso in comune con il Mercosul – ha detto di recente – ma quello che non possiamo accettare è l’immobilismo”. Nel frattempo, il governo uruguaio ha mandato richiesta di adesione anche al Trattato Transpacifico, un accordo di libero scambio che comprende Paesi dell’America, dell’Asia e dell’Oceania, tra cui Australia, Canada e Giappone. Dopo l’era Mujica in cui l’Uruguay era diventato un modello di sviluppo per tutto il Sudamerica, oggi il Paese ha cambiato registro e deve affrontare, oltre alla crisi idrica, anche la complicata sfida dei rapporti geopolitici.