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Urso, troppa nebbia sul via libera alle auto cinesi: aiutare l’Italia o punire Stellantis?

Imagoeconomica

A cosa punta realmente il ministro dell’imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, aprendo la strada al gigante statale cinese Dongfeng perché possa produrre auto elettriche in Italia? E’ l’effetto dei recenti accordi economici e commerciali stipulati dalla premier Giorgia Meloni in Cina, è il desiderio di creare un po’ di concorrenza nell’automotive italiano o la voglia di punire Stellantis con cui il ministro è da tempo impegnato in una sfida all’Ok Corral per costringere il gruppo italo-francese a produrre un milione di auto l’anno, a prescindere dalle condizioni di mercato? Per rispondere bisognerebbe saperne di più, molto di più. Interessante è in proposito un lungo elenco di dubbi sollevati dall’economista Mario Seminerio sul suo sito Phastidio.net.

La fabbrica italiana dei cinesi – si domanda Seminerio – sarà un investimento greenfield per uno stabilimento costruito ex novo o sarà la ristrutturazione di un impianto già esistente oppure ancora sarà un sito di assemblaggio? E da dove verranno i componenti? Dalla filiera italiana dell’automotive o dalla Cina? E i lavoratori? Saranno assunti in Italia o arriveranno dalla Cina? E chi saranno gli azionisti della nuova azienda? E, infine, come risponderebbe Stellantis se annusasse che l’apertura ai cinesi è solo l’ultima trovata di Urso per mettere alle corde il Gruppo presieduto da John Elkann? Dare una mano all’automotive italiano va benissimo ma scherzare con il fuoco è un azzardo che può costare caro. Il ministro Urso lo sa? Per ora giù dalla torre.

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Categories: Economia e Imprese