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Uragano Milton, una tempesta sulle elezioni Usa: i disastri naturali al centro della campagna elettorale

Screenshot YouTube

Prima Helene, adesso Milton. Gli uragani entrano a gamba tesa sulle elezioni Usa e rischiano di incidere in maniera determinante sul voto del 5 novembre. Da giorni, in tutti gli Stati Uniti, non si parla d’altro. Sono centinaia i morti, decine i dispersi e migliaia gli sfollati dopo il passaggio di Helene negli stati del Sud: Florida, North Carolina, South Carolina e Georgia. Due di questi (North Carolina e Georgia) sono stati in bilico. E non è detto che il peggio sia già alle spalle. L’uragano Milton, classificato di categoria 5, la più alta, nelle prossime ore comincerà a colpire la Florida e successivamente potrebbe passare per gli stessi territori che stanno già affrontando le conseguenze catastrofiche di Helene. Potrebbe essere il disastro peggiore degli ultimi cento anni, per utilizzare le stesse parole del presidente Joe Biden che ha invitato tutti coloro che vivono lungo il cammino dell’uragano a evacuare. “Subito”, “adesso”. Jane Castor, sindaca di Tampa (Florida), ci è andata ancora più pesante: “Se non lasciate adesso le vostre case, morirete”.

Le (false) accuse di Trump a Biden e ai democratici

A 27 giorni dalle elezioni presidenziali, gli uragani e la loro gestione sono inevitabilmente diventati l’argomento centrale della campagna elettorale statunitense, con accuse, repliche e polemiche che rischiano di avere strascichi rilevanti sul voto del 5 novembre. I media Usa hanno già cominciato a ipotizzare quale sarà il possibile impatto di questi disastri naturali, chi potrebbe beneficiarne e dove, chi invece subirà le ripercussioni più pesanti e dove.

E, neanche a dirlo, Donald Trump ha già cominciato ad accusare Joe Biden e l’amministrazione democratica su qualsiasi cosa. La prima istituzione a finire nel mirino del tycoon è stata la Fema, la Federal Emergency Management Administration, l’equivalente della nostra Protezione Civile, un’agenzia federale che dunque fa capo all’attuale amministrazione guidata dal ticket Biden-Harris. Secondo Trump, la Fema avrebbe gestito malissimo l’emergenza in North Carolina, lo stato più colpito dall’uragano Helene, lasciando i cittadini soli da affrontare le conseguenze della catastrofe. Dalla Georgia, altro stato colpito e altro stato in bilico, Trump ha accusato Biden e Harris di aver reagito in ritardo, di non aver organizzato i soccorsi e di aver destinato solo “spiccioli” a coloro che hanno perso tutto perché, secondo lui, i soldi che servirebbero per affrontare le emergenze e sostenere i connazionali sarebbero utilizzati per dare alloggio agli immigrati illegali e per aiutare l’Ucraina. La Fema, in realtà, ha già offerto 750 dollari a ogni persona colpita, annunciando l’intenzione di destinare miliardi alla ricostruzione (la cifra esatta si vedrà quando si riuscirà a fare la vera conta dei danni). 

Trump ha anche accusato Biden di “fregarsene” di quanto sta accadendo, perché troppo concentrato su altre questioni. Non a caso, l’attuale presidente ha cancellato il viaggio in Germania, dove era un programma un meeting ristretto sull’Ucraina con i leader di Germania, Olaf Scholz, Francia, Emmanuel Macron, e Gran Bretagna, Keir Starmer (esclusa dal summit la presidente del Consiglio italiana e presidente di turno del G7, Giorgia Meloni). Non ci sarà nemmeno il successivo viaggio in Angola, dove Biden avrebbe dovuto andare nel tentativo di sottrarre l’Africa alle influenze cinese e russa. Resterà alla Casa Bianca per coordinare gli aiuti.

L’ex presidente ha inoltre detto che Biden sta mandando i soccorsi solo nelle aree dove sono forti i Democratici e che non ha nemmeno fatto una telefonata ai governatori repubblicani delle zone colpite, affermazioni già smentite. Lo stesso governatore repubblicano della Florida, Ron DeSantis, che si è rifiutato di incontrare Harris accusandola di voler trasformare l’uragano in uno spot elettorale, ha ammesso di aver parlato con l’attuale inquilino della Casa Bianca.

I democratici, da parte loro, si difendono sostenendo che gli uragani sono causati dal cambiamento climatico, lo stesso cambiamento climatico che Trump ha sempre negato e contro il quale non ha fatto nulla quando era presidente. Certo è che, in ogni caso, non sarà facile gestire le conseguenze di due uragani consecutivi e per i dem i rischi elettorali potrebbero essere elevati.

Gli uragani potrebbero causare un’astensione da record

C’è anche un’altra conseguenza, stavolta di ordine pratico, che gli Stati Uniti si troveranno ad affrontare in vista delle prossime elezioni: l’astensione. Le migliaia e migliaia di persone rimaste senza luce, senz’acqua, senza cibo, in molti casi anche senza casa, impegnati ad affrontare lutti e a capire come faranno ad andare avanti dopo aver perso tutto probabilmente avranno cose ben più importanti a cui pensare del voto presidenziale, anzi potrebbe davvero non fregargliene di meno. Ma anche nel caso in cui volessero farlo, come faranno a votare? Le persone che hanno dovuto lasciare la propria casa, riusciranno ad andare al seggio elettorale? E ancora: i seggi elettorali esistono ancora o sono stati spazzati via? 

In questo contesto potrebbe essere utile il voto per posta, che da decenni è molto utilizzato negli Usa (soprattutto dagli elettori democratici). E qui si pone un’altra serie di problemi. Il North Carolina, come detto, è lo stato più colpito dall’uragano Helene ed è anche uno degli swing state. Il servizio postale è sospeso da giorni a causa del disastro, cosa che potrebbe succedere anche negli altri stati dopo Milton. Peccato che proprio in questi giorni si stavano spedendo le schede elettorali alle persone che hanno chiesto di votare per posta. Le riceveranno comunque in tempo con le poste bloccate e le loro case distrutte? 

Gli uragani potrebbero incidere inoltre sullo spoglio, determinando forti ritardi. Il tutto mentre si sa già che sarà in corso un testa a testa tra i due candidati e che, nel caso, uno di essi (Trump) non accetterà mai la sconfitta. Insomma, l’incertezza e il caos del 2020 potrebbero ripetersi nuovamente, sperando di non vedere mai una nuova Capitol Hill.

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