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Unità sindacale – La lettera incompleta di Susanna Camusso a Cisl e Uil

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L’appello di Susanna Camusso all’unita tra Cgil, Cisl e Uil “perché separati rischiamo di essere ininfluenti nelle scelte” contiene un’indubbia verità ma anche equivoci di fondo che rischiano di mandare in fumo le migliori intenzioni. L’unità è uno strumento formidabile se gli obiettivi strategici che si perseguono sono frutto di scelte sindacali autonome e condivise. Sopravvalutare momenti anche importanti di convergenza fra le tre organizzazioni sul “fronte del no”, come la scontro con il Governo sulla Scuola, non avvicina la prospettiva di un’unità che dal 1948 rimane un traguardo irraggiungibile.

La stessa “unità organica” nell’autunno caldo del 1969, osteggiata dalle burocrazie confederali ma che godeva di un alto grado di consenso della base operaia, è naufragata sugli scogli di una conflittualità priva di concrete strategie partecipative. Non a caso si parla oggi di unirà e non di unificazione.

 In realtà se non si troverà un approccio comune sul ruolo centrale della contrattazione aziendale, sulla legislazione del lavoro a partire dal Jobs Act e sull’attuazione contestuale degli articoli 39,40 e 46 della Costituzione, i sindacati rischiano non solo l’irrilevanza ma di entrare in rotta di collisione tra di loro.

Si può costruire dal basso, come si diceva una volta, una forma di unità nel rispetto del pluralismo sindacale che vada oltre le confederazioni storiche per costruire organi rappresentativi di tutti i lavoratori cui affidare un potere decisionale di ultima istanza? Per la verità basterebbe partire all’articolo 39 della Costituzione anche se tale norma, che estende a tutti i lavoratori i contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle organizzazioni, richiede esplicitamente la maggioranza dei soli iscritti ai sindacati.

Gli accordi recenti su questa materia tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria non sono però molto lontani da questa impostazione così come è un’importante riferimento la normativa adottata per il pubblico impiego. D’altra parte è prevedibile che, senza intesa tra tutte le parti, Governo e Parlamento intervengano con un’iniziativa autonoma. 

Questo percorso costituisce una svolta importante perché impone a tutte le parti in causa (sindacati dei lavoratori e associazioni imprenditoriali) di accettare sia l’accertamento per via istituzionale del numero dei propri iscritti che ( in particolare per il sindacato ) l’elezione dei delegati a voto segreto da parte di tutti i lavoratori come fonte di legittimazione della propria rappresentatività. Va da sé che per i sindacati le decisioni negli organismi eletti saranno prese dalla maggioranza dei delegati o , nei casi controversi, dalla maggioranza assoluta dei lavoratori attraverso il referendum. 

Verrebbe così a cadere esplicitamente il principio della pariteticità che ha costituito sino a poco tempo fa l’architrave dei rapporti unitari tra Cgil, Cisl e Uil. Dall’illusoria ricerca dell’unità organica si passa ad una più pragmatica “unità delle regole”. Questo scenario darebbe maggiore dinamicità alle relazioni industriali non foss’altro per il maggior potere decisionale (e delle responsabilità) ai delegati eletti e all’insieme dei lavoratori. 

La democrazia sindacale vuole anche che le stesse regole procedurali adottate per l’approvazione di una piattaforma o per sottoscrivere un accordo debbono valere anche per la proclamazione di uno sciopero. Ma in ultima analisi la realizzazione di un forte legame unitario, che qualcuno con un termine un po’ approssimativo ma non privo di sostanza chiama “sindacato unico”, non potrà che fondarsi sui contenuti.

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