Nel 2015 cala vertiginosamente il numero dei protesti. Nei 12 mesi dell’anno scorso hanno visto 1,3 miliardi di euro in assegni e cambiali rinviate al mittente, una cifra che rappresenta un ribasso del 25% rispetto al 2014 (quasi 1,8 miliardi) e del 50% rispetto al 2013 (quando superò il valore di 2,6 miliardi di euro).
Scendendo nei dettagli, dei 1,3 miliardi registrati nel 2015, oltre 733 milioni (56%) riguardano le società, mentre i restanti 579 milioni (44%) è rimasto nelle tasche di cittadini e imprenditori individuali insolventi.
Questa la fotografia scattata da Unioncamere-InfoCamere sui dati raccolti dalle Camere di Commercio.
Il fortissimo ridimensionamento dei protesti sembra riflettere la prudenza degli italiani nell’accettare impegni di pagamento, in un periodo in cui, nonostante la ripresa, gli effetti della crisi non sono ancora del tutto dimenticati.
L’analisi evidenzia il peso che la componente imprenditoriale riveste sul fenomeno dei protesti con picchi del 60 per cento in sette Regioni su venti, prima fra tutte l’Abruzzo con il 66,1%.
Parlando dell’importo medio per le imprese, la cifra è pari a 3.486 euro, tre volte in più rispetto all’importo medio registrato per le persone fisiche (1.028 euro).
Sempre guardando alla componente societaria del fenomeno, la concentrazione maggiore di protesti per imprese sul territorio vede “primeggiare” le Regioni meridionali. Al primo posto la Calabria (18,1 protesti a carico di società ogni 100 imprese) seguita da Puglia (13,9) Campania (12,9) e Abruzzo (12,8). In coda Trentino – Alto Adige (1,9), Valle d’Aosta (2,7), Veneto e Friuli – Venezia Giulia (entrambe con 3,3), per chiudere con Liguria (3,4) e Piemonte (3,7).