La lieve ripresa dei consumi e la decisa accelerazione dei costi delle tariffe. Sono questi i dati più rilevanti contenuti nell’Osservatorio “Prezzi e mercati” dell’INDIS, Istituto di Unioncamere: a fine anno i consumi delle si preannunciano in aumento dello 0,3%, grazie alla ripresa degli acquisti dei beni durevoli (+2,9%) e, in misura minore, dei servizi (+0,5%) e dei consumi alimentari (+0,4%). A spingere la ripresa, secondo l’Osservatorio, è la bassa inflazione e il minor timore di un ulteriore inasprimento dell’imposizione fiscale.
Si tratta, in ogni caso, di un brodino caldo, come commenta il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello: “E’ un primissimo e ancora debole segnale, certo non pienamente in grado di far recuperare al Paese la ‘strada’ persa in questi anni di recessione: sfiora infatti i 7 punti percentuali il calo dei consumi delle famiglie accumulato nel 2012 e 2013”.
Alcune nubi, però, si addensano sui bilanci famigliari, a partire dalla crescita dei prezzi di due degli alimenti principali della dieta mediterranea: l’olio extravergine di oliva (il cui prezzo al consumo, a causa di una stagione disastrosa, potrebbe aumentare del 15%) e la pasta, il cui costo è destinato a crescere dell’8%, a causa dell’aumento del prezzo del grano duro.
La nota più dolente, però, è quella relativa alle tariffe pubbliche locali, che dovrebbero aumentare complessivamente del 9,5% nel biennio 2013-2014. A crescere sono principalmente i rifiuti (+18,2% tra il 2014 e il 2013), la sanità (+6,7%), il trasporto ferroviario regionale (+6,8%), il trasporto urbano (+6%) e quello extra-urbano (+7,5%). “Visto che il dato medio dell’inflazione nel biennio e’ dell’1,4% – si legge nell’Osservatorio -, è fin troppo evidente come ‘la partita’ tra inflazione e tariffe si stia chiudendo con un sonoro 10 a 1”.
Il 2015, chiosa l’Osservatorio, sarà un anno cruciale per il Paese: se le misure approntate per sostenere i consumi riattivando, così, la domanda interna, dovessero rivelarsi poco efficaci si rischia il mancato rispetto dei saldi di bilancio del 2015, con la conseguente attivazione della clausola di salvaguardia nel 2016, che comporterebbe, tra le altre cose, un nuovo incremento dell’Iva.