Petrolio, tassi, banche e un po’ di tv. È lungo l’elenco degli ingredienti di un finale d’anno che promette novità, non sempre scontate. Ad agitare la vigilia del vertice dei banchieri della Fed, in conclave da stasera per dare il via libera all’aumento del costo del denaro, è stato il petrolio, salito ai massimi da 18 mesi dopo l’accodo tra produttori Opec e non Opec. L’intesa, destinata ad accelerare il ritorno dell’inflazione, ha avuto un effetto immediato sui rendimenti dei titoli di Stato Usa, balzati oltre la soglia del 2,5% per la prima volta dall’ottobre 2014, e sul dollaro, per la prima volta in frenata nell’era Trump, nel timore che la Fed segnali nel comunicato finale di domani che la valuta abbia corso troppo.
È questo lo scenario macro in cui si aprono partite importanti, se non decisive per gli equilibri della finanza del Bel Paese. In attesa di novità sul fronte Monte Paschi, primo emergenza per il neo premier Paolo Gentiloni, l’attenzione è concentrata sul nuovo business plan di Unicredit a sostegno dell’aumento di capitale da 13 miliardi, che è già garantito e che cambierà l’azionariato, con la discesa delle Fondazioni. Il piano è stato preceduto dalla vendita di Pioneer ad Amundi, cavallo di razza della finanza francese. E da Parigi potrebbero arrivare i nuovi soci che risponderanno all’appello del ceo Jean-Pierre Mustier.
Intanto, a sorpresa, Vincent Bolloré ha rotto gli indugi annunciando l’acquisto del 3,01% di Mediaset con l’intenzione di salire a “una partecipazione che, in un primo momento, potrebbe rappresentare tra il 10 e il 20% del capitale”. Una scalata in piena regola, accusa Fininvest, che non è stata informato delle intenzioni dell’ex alleato. Ma anche un nuovo elemento che aggiunge suspense al quadro politico già turbolento.
LISTINI IN ATTESA DELLA FED. TRUMP ATTACCA LOCKHEED
Meteo Borsa, intanto, prevede tempi incerto sui listini. Non sono esclusi piovaschi improvvisi su azioni e bond. Poco mossi i listini asiatici, in attesa delle mosse della banca cetrale Usa. Tokyo si avvia a chiudere in rialzo dello 0,5%. Seul e Mumbai sono in rialzo dello 0,2%. Le Borse della Cina sono in lieve calo, nonostante i dati macroeconomici positivi. La produzione industriale è salita a novembre più del previsto (+6,2% anno su anno). Le vendite al dettaglio sono salite del 10,8%, incremento più forte dal dicembre del 2015. Hong Kong perde lo 0,1% e Shanghai lo 0,2%.
Chiusura incerta anche per i mercati Usa. Il rialzo dei petroliferi ha favorito il Dow Jones +0,12%. In ribasso l’indice S&P 500 , che perde lo 0,2%, Nasdaq -0,75%. Nei media, Viacom è in caduta libera (-9%) dopo lo stop alla fusione con Cbs: il socio di maggioranza di entrambe le società non vuole più andare avanti con il progetto. Netta discesa dei titoli della Difesa dopo che il presidente eletto Donald Trump ha bocciato con un tweet il nuovo aereo da combattimento F35, scrivendo che il programma è da rivedere perché i costi sono fuori controllo: Lockheed Martin -2,4%.
VOLA IL GREGGIO. EXXON FESTEGGIA LA NOMINA DI TILLERSON
In grande evidenza Exxon Mobil: +2,2% oltre la soglia dei 90 dollari. Oltre al rally del petrolio, il titolo è avvantaggiato dalla notizia che stamane Donald Trump nominerà Rex Wayne Tillerson, già numero uno del colosso petrolifero, segretario di Stato. Tillerson è l’uomo d’affari Usa più vicino a Vladimir Putin con cui aveva siglato un mega accordo per l’esplorazione dei giacimenti nell’Artico bloccato dall’embargo deciso da Barack Obama.
Stamane le quotazioni del petrolio sono poco mosse dopo il rally di ieri: il Brent tratta a 55,81 dollari al barile (+0,2%), il Wti a 52,70 (-0,1%). La miccia per il nuovo balzo in avanti dell’oro nero è stata accesa dai produttori non Opec (tra gli altri Messico, Oman, Azerbaigian) che sabato scorso, sotto la guida della Russia, hanno siglato un patto con l’Arabia Saudita per il taglio di produzione di 558 mila barili di petrolio al giorno a partire dal prossimo gennaio. Più di metà del “sacrificio” lo fa Mosca (-300 mila barili), già artefice e garante della precedente intesa tra Iran ed Arabia Saudita che aveva portato al taglio dell’Opec per 1,2 milioni di barili.
Si crea così una situazione inedita per il travagliato mondo dell’oro nero: un accordo che riguarda poco più del 60% delle riserve di petrolio del pianeta, forse anche di più se si pensa che pensino la Norvegia intende adeguarsi alla nuova alleanza. Resta fuori dal gioco il petrolio americano che potrebbe giocare un ruolo dirompente sui mercati: a questi livelli di prezzo torna conveniente lo shale oil americano anche per gli enormi progressi che hanno consentito d abbassare i costi di produzione sotto i 50 dollari.
ENI AL TOP ANCHE GRAZIE ALL’ACCORDO CON ROSNEFT
In forte ascesa i titoli oil. A Parigi Total ha segnato un progresso dell’1,3%, ad Amsterdam Royal Dutch Shell +1,5%, a Londra Bp +0,8%. Lo Stoxx oil and gas guadagna oltre il 2% ai massimi da luglio 2015. Titoli come Tullow Oil, Petrofac ed Eni sono tra i migliori del paniere con rialzo tra il 3,5 e il 9,5%.
Tra i titoli più apprezzati figura infatti Eni (+3,72%). Non è stato solo i boom dei prezzi de greggio a sostenere il cane a sei zampe, ma anche l’accordo annunciato per vendere il 30% del giacimento egiziano di Shorouk (gas) alla russa Rosneft per 2,8 miliardi di dollari e dall’apprezzamento degli analisti per le ultime operazioni (la cessione di una quota del gas egiziano e dei giacimenti al largo del Mozambico.
Banca Imi, alla vigilia dell’Investor Day di oggi a New York, ha alzato il giudizio a Buy da Hold portando il target price a 17,40 euro da 13,90 euro. Moody’s ha confermato il voto Baa1 con outlook stabile. L’agenzia di rating spiega che la decisione “riflette il suo positivo potenziale di crescita upstream e i previsti miglioramenti del cash flow sulla scia dei suoi nuovi asset di produzione a basso costo e dei crescenti prezzi del petrolio”
Con Eni sono salite anche Tenaris (+2,72%) e Saipem (+2,92%). Una nota a parte la merita Trevi Finanziaria (+13,10%): la controllata Drillmec ha annunciato ieri contratti per 160 milioni di dollari per lavori in campo petrolifero in America Latina e in Medio Oriente. Trevi è impegnata nel ripristino della diga di Mosul, danneggiata dal conflitto.
PIAZZA AFFARI AL TOP, MIGLIORA LO SPREAD
Piazza Affari è stata ieri la miglior Borsa europea, l’unica a chiudere in territorio positivo. Poco mossi i futures in vista dell’apertura europea. A Milano il Ftse Mib ha guadagnato lo 0,42% mentre gli altri principali indici hanno accusato un ribasso: Londra -0,92%, Francoforte -0,12% e Parigi -0,07%.
La minaccia della deflazione nella zona euro è ampiamente scomparsa ma i Paesi del blocco hanno ancora bisogno di uno stimolo per spingere l’inflazione di nuovo verso il target Bce di circa il 2%. È il parere dell’esponente del consiglio direttivo dell’istituto centrale europeo, Benoit Coeure. Rispondendo ad alcune domande via Twitter, Coeure ha anche spiegato che l’ “helicopter money”, ovvero l’idea di distribuire denaro della Bce direttamente ai cittadini, è un concetto destinato a confondere il confine tra la politica monetaria di Francoforte e le politiche fiscali dei vari governi.
Lo spread tra Btp e bund è sceso a 160 punti base, dai 168di venerdì, dopo la chiusura-lampo della crisi di governo. Il decennale tratta al 2,07%. Continua la tendenza alla salita dei rendimenti dei titoli extralunghi, sia il Btp 30 che il Bund ed il Bono di analoga durata. Il Tesoro ha collocato ieri Bot a 12 mesi al rendimento medio ponderato di-0,190%.
MUSTIER LANCIA L’AUMENTO E ANNUNCIA I TAGLI
Petroliferi a parte, sono ancor le banche al centro dell’attenzione di Piazza Affari. Osservata speciale Unicredit che ieri nel pomeriggio ha invertito la rotta chiudendo in calo del 3%. Stamattina a Londra è stato reso noto al mercato il piano di ristrutturazione del gruppo: aumento di capitale in opzione da 13 miliardi, interamente garantito da un consorzio guidato da UniCredit Cib, Morgan Stanley e Ubs in qualità di structuring advisor. Il pool include poi, come joint global coordinator, Bofa Merrill Lynch, Jp Morgan e Mediobanca, mentre Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs e Hsbc sono co-global coordinator e joint bookrunner. L’assemblea per il via libera all’operazione è convocata il 12 gennaio. Gli azionisti si dovranno esprimere anche sulla proposta di raggruppamento delle azioni ordinarie e di risparmio nel rapporto di una nuova azione per ogni 10 possedute.
Il piano prevede ulteriori 6.500 esuberi netti entro il 2019, per una riduzione totale netta del personale di circa 14mila unità. Il risparmio in termini di costi del personale è pari a 1,1 miliardi. Il Ceo Jean-Pierre Mustier si è presentato all’Investor Day a Londra con cessioni già annunciate per oltre 8 miliardi di euro compresa la vendita di Pioneer ad Amundi per 3,545 miliardi.
MPS PRESENTA LA RICHIESTA ALLA CONSOB
Ha chiuso ieri in progresso Banca Monte Paschi (+3,7%) dopo il tonfo di venerdì (-10,55%) sull’onda delle indiscrezioni sul no al rinvio chiesto alla Bce per l’aumento di capitale. La Banca intende lanciare da giovedì la riapertura dell’offerta agli obbligazionisti e il collocamento privato di nuove azioni presso gli investitori che hanno manifestato interesse nelle scorse settimane (a partire dal Qatar). Con questo obiettivo il consiglio di amministrazione si riunirà mercoledì, quando dovrebbero esser arrivate tutte le autorizzazioni necessarie alla riapertura dell’esercizio di ‘liability management’, cioè l’estensione alla clientela retail del piano di conversione volontaria in azioni per circa 2 miliardi.
Fra le altre banche, Intesa -0,6%, Banco Popolare -0,7%, Ubi +1,2%. Fra le assicurazioni, Generali è salita dello 0,2%: Barclays ha abbassato la raccomandazione a Underweight da Equal Weight, ma ha alzato il target price a 13 euro da 11,30 euro.
VIVENDI: IN MEDIASET FINO AL 20%
Al via da stamane a Piazza Affari la battaglia per Mediaset (-1,2%) dopo “la dichiarazione di guerra” (così l’hanno definita in Fininvest) di Vivendi. La società francese sostiene che “l’interesse strategico della partnership industriale annunciata lo scorso 8 aprile 2016 travalichi i temi del contenzioso pendente su Mediaset Premium”.
Perciò, continua la nota, “Vivendi annuncia di aver superato oggi la soglia del 3% del capitale sociale di Mediaset e di detenerne ora il 3.01%”. Inoltre l’azienda fa sapere che intende continuare ad acquistare azioni Mediaset in base alle condizioni del mercato, fino a diventare, ove possibile, il secondo maggiore azionista industriale di Mediaset, con una partecipazione che, in un primo tempo, potrebbe rappresentare tra il 10% e il 20% del capitale di Mediaset”.
IL TWEET DEL PRESIDENTE USA FRENA LEONARDO
Fra i titoli dell’industria si mette in evidenza Fiat Chrysler (+1%). Frenata di Leonardo, che termina in calo dello 0,3% dopo il tweet di Donald Trump in cui il nuovo presidente Usa ha criticato il nuovo aereo da combattimento F35, dicendo che i costi sono fuori controllo. Buon rialzo di Yoox (+0,9%).