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Unicredit non uscirà da Mediobanca e sosterrà Donnet in Generali

FIRSTonline

Il ceo di Unicredit, Jean-Pierre Mustier, ne parlerà al board della banca di Piazza Gae Aulenti giovedì 20 settembre ma sono sempre di più gli indizi che portano a credere che l’uscita anticipata della banca milanese dall’azionariato di Mediobanca non ci sarà. La pensa così anche Il Sole 24 Ore che, come diversi analisti, arriva a queste conclusioni sulla base di due motivazioni.

La prima considerazione che portà a ritenere che Mustier non utilizzerà la finestra di settembre per uscire dal Patto di sindacato di Mediobanca come primo passo per lasciare l’istituto di Piazzetta Cuccia si lega all’andamento del titolo in Borsa. Attualmente Mediobanca vale 9,03 euro ad azione rispetto ad un valore di carico di 10,2 euro per i titoli che Unicredit ha in portafoglio: vendere adesso le azioni della merchant bank guidata da Alberto Nagel significherebbe per Unicredit, che pur considera la sua partecipazione dell’8,4% in Piazzetta Cuccia puramente “finanziaria”, perdere circa il 10% senza avere la necessità immediata di vendere. Ma allora, osserva Il Sole, se in questo momento a Unicredit con conviene vendere le azioni Mediobanca, tanto vale restare anche nel Patto di sindacato fino alla sua naturale scadenza di fine 2019. Tanto più – ed è la seconda considerazione – che nei prossimi mesi si giocherà una partita decisiva per la finanza italiana come il rinnovo del vertice delle Generali dove Mediobanca, con il suo 13%, è il primo azionista.

Mustier ha più volte auspicato che le nomine da fare in Generali permettano alla compagnia assicurativa di restare forte, indipendente e italiana e non ha mai fatto mistero di apprezzare la guida del ceo del Leone, Philippe Donnet, ma non perchè è anche lui francese ma per la validità dei risultati raggiunti e l’equilibrio con cui guida le Generali. Restando in Mediobanca, Mustier che punta a fare di Unicredit sempre di più una banca paneuropea anche se le nozze con la francese Socgen non sono dietro l’angolo, avrà perciò modo di far pesare questo suo orientamento. E lo avrà anche nella scelta non solo del ceo ma anche del futuro presidente di Generali, non potendo Gabriele Galateri essere rinnovato per ragioni d’età, salvo complicate modifiche statutarie.

Un’ipotesi che si è velatamente affacciata nelle scorse settimane è che, nel caso si rivelasse impercorribile la modifica statutaria per riconfermare Galateri, alla presidenza delle Generali potrebbe essere chiamato Domenico Siniscalco, ex ministro del Tesoro e attualmente country manager e vicepresident di Morgan Stanley, ma anche su questo Mustier sarà decisivo.

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