Il clamore di ieri sul numero degli esuberi legato al piano di rilancio di Unicredit si attenua dopo un’analisi più attenta sulla strategia del gruppo per diminuire i costi legati al personale. Dal “taglio” di 18.200 unità si passa in Italia a 6.900 per poi scendere in concreto a 540. È quest’ultimo numero la vera novità del piano Unicredit per quanto riguarda il nostro Paese. E probabilmente non si tratterà nemmeno di licenziamenti.
Infatti, uno degli obiettivi dichiarati dai vertici dell’istituto di credito nel corso della presentazione del piano Unicredit è quello di raggiungere quota 111mila unità lavorative entro il 2018. Per centrare questo obiettivo l’amministratore delegato Ghizzoni ha spiegato che nei prossimi tre anni il gruppo avrà 18.200 dipendenti in meno rispetto al numero attuale, e di questi 6.900 sono in Italia. La grande maggioranza di questi esuberi erano già concordati da tempo con i sindacati italiani, i quali però sono rimasti spiazzati dalle nuove cifre poiché, secondo i loro calcoli, ci sono 540 esuberi in più rispetto a vecchi accordi.
Le sigle sindacali ora chiedono a Unicredit quale saranno le modalità di gestione di questo nuovo numero di esuberi. Fabi, il principale sindacato dei bancari ha affermato in una nota di voler respingere “qualsiasi ipotesi di uscita obbligatoria dei lavoratori. Gli eventuali prepensionamenti – si legge – dovranno essere negoziati con i sindacati solo su base volontaria e incentivata”.
Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda anche la First Cisl con il responsabile settore coordinamenti aziendali di First Cisl Pierluigi Ledda che chiede di conoscere da subito come sarà gestito il nuovo gruppo di lavoratori in uscita. L’auspicio di Ledda è che tali esuberi siano, ad esempio, prepensionamenti volontari e soprattutto che siano accompagnati da nuove assunzioni. “È indubbio che il mondo della banca sia cambiato e che ci sia bisogno anche di nuove professionalità. Per questo è importante che di fronte a prepensionamenti volontari ci siano anche nuove assunzioni. Sarebbe un segnale importante: dimostrerebbe che Unicredit vuole investire ancora nel nostro Paese puntando sulle assunzioni e non sul mero taglio dei costi”.