Il governo dà il via libera, ma con riserva: l’offerta pubblica di scambio volontaria (Ops) lanciata da Unicredit su Banco Bpm passa sotto la lente del Golden Power. Palazzo Chigi autorizza l’operazione ma impone paletti stringenti su filiali, governance e presenza in Russia, per blindare gli interessi strategici nazionali. La banca guidata da Andrea Orcel frena e alza il velo sul malcontento: “Prescrizioni poco chiare, valuteremo l’impatto prima di decidere il da farsi”. Il verdetto arriva in anticipo rispetto ai termini, proprio alla vigilia dell’assemblea delle Generali del 24 aprile, dove la banca milanese — con una quota oltre il 5% (secondo MF tra il 6-7%) — si prepara a giocare un ruolo decisivo sulla partita per la governance della compagnia assicurativa. Nel frattempo, il governo si spacca: Forza Italia contesta il ricorso al Golden Power, la Lega lo difende come scelta necessaria.
Golden Power Unicredit: focus su filiali, governance e presenza in Russia
Tra i principali paletti, secondo indiscrezioni, c’è il controllo sulle sedi e la rete di sportelli, con restrizioni su eventuali cessioni. Meno chiare, però, le possibili azioni sul personale e sugli equilibri della governance aziendale.
Uno degli aspetti più delicati riguarda la presenza di Unicredit in Russia, per la quale l’esecutivo ha richiesto un’uscita rapida, sottolineando le implicazioni geopolitiche di questa operazione. Nonostante la progressiva riduzione dell’esposizione avviata dalla banca su indicazione della Bce, la situazione rimane delicata. Se inizialmente l’esposizione era di quasi 8 miliardi, oggi è scesa a circa 300 milioni, con un impatto negativo stimato intorno all’11% sul valore complessivo. Parallelamente, i depositi sono calati dell’89% e i prestiti netti dell’8% in due anni. La questione ha già innescato ricorsi davanti al Tribunale Ue, dopo contestazioni legate alle direttive della Bce sul rischio russo.
Unicredit frena: “Le prescrizioni non sono chiare”
Poco dopo aver ricevuto la comunicazione da Palazzo Chigi, nella notte di venerdì, Unicredit ha diffuso una nota dai toni fermi, lasciando intendere che la partita non sia affatto chiara, ma soprattutto chiusa:
“Il merito delle prescrizioni non è chiaro. Unicredit si prenderà il tempo necessario per valutare la fattibilità e l’impatto delle prescrizioni sulla società, sui suoi azionisti e sull’operazione di M&A, relazionandosi, se del caso, con le autorità competenti”.
Una dichiarazione che apre la porta a possibili questioni legali o, in casi estremi, perfino all’addio all’offerta. La banca non ha nascosto l’irritazione per la mancanza di trasparenza sulla natura esatta dei vincoli imposti, sottolineando come una maggiore chiarezza sulle prescrizioni sarebbe fondamentale anche per evitare indiscrezioni di mercato in grado di influenzare negativamente il titolo.
Il verdetto prima delle Generali: tempismo non casuale
Se il contenuto delle prescrizioni ha destato interesse, ancora più curiosa è stata la tempistica. Le condizioni sono arrivate con largo anticipo rispetto alle attese di mercato: la scadenza massima prevista per l’istruttoria era fissata a fine maggio, ma il governo ha anticipato i tempi, chiudendo la partita prima dell’assemblea delle Generali.
Un dettaglio non secondario, visto che Unicredit potrà ora esprimere la propria posizione nella partita che vede contrapporsi Mediobanca e il tandem Caltagirone-Delfin senza condizionamenti legati all’Ops.
Governo diviso: FI critica il ricorso al Golden Power
Se il governo ha scelto la via del Golden Power, non sono mancate perplessità in Cdm. Ansa fa sapere che Forza Italia ha espresso “riserve sulla base giuridica” di questa applicazione, sottolineando come l’operazione non coinvolga soggetti esteri. Già a dicembre, il vicepremier Antonio Tajani aveva rimandato alla Bce e a Bankitalia la verifica del rispetto delle regole. Invece, la Lega — in particolare Matteo Salvini — aveva sollevato dubbi sull’effettiva “italianità” di Unicredit, mettendo in discussione la natura dell’operazione. D’altra parte, nelle intenzioni di Palazzo Chigi e del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la mossa di Orcel su Piazza Meda rischiava di ridisegnare i delicati equilibri del sistema bancario italiano, proprio mentre prendeva forma il progetto di un terzo polo incentrato su Banco Bpm e Mps.
A complicare ulteriormente il dibattito politico, anche la recente decisione di escludere l’Ops di Montepaschi su Mediobanca dal perimetro del Golden Power, un precedente che alcuni osservatori hanno letto come un segnale di disparità di trattamento nelle partite finanziarie in corso.
Unicredit-Bpm: i prossimi appuntamenti
Entro il 25 aprile è attesa la risposta di Piazza Meda, che ha già respinto le avances di Unicredit. L’avvio dell’offerta è previsto per il 28 aprile, ma Piazza Gae Aulenti si è riservata fino al 30 giugno per decidere se confermare o ritirare l’operazione. A pesare saranno non solo i vincoli imposti dal governo, ma anche la mossa di Banco Bpm su Anima: l’istituto ha ritoccato il prezzo dell’Opa a 7 euro, rinunciando ai vantaggi fiscali del “Danish Compromise”. Una mossa che rischia di incidere sugli obiettivi di redditività fissati nel piano industriale e di influenzare, ancora una volta, le sorti dell’Ops.