Sulla scacchiera davanti ad Andrea Orcel ci sono ancora diverse mosse da poter giocare in questa partita che lo vede protagonista dell’ops su Banco Bpm da 10,1 miliardi. In queste ore, Orcel si sta preparando per andare a Parigi a incontrare il Credit Agricole, l’azionista di maggioranza (con un 10%) dello stesso Banco Bpm. Obiettivo: il risparmio gestito.
Mentre da una parte Unicredit ha raccolto il voto positivo di Moody’s, ma anche indirettamente persino dalla stessa “collega” Intesa SanPaolo, dall’altra gli sparano contro alcuni membri del governo che sguainano il golden power e lo stesso Giuseppe Castagna, che ha terrorizzato i dipendenti del suo istituto profetizzando 6000 esuberi, seguito dai sindacalisti del Fabi. Ieri una fonte di Unicredit ha detto che “il numero indicato da Banco Bpm è pura congettura” e che “Unicredit ha una comprovata esperienza nel proteggere e investire nella sua rete e nelle sue filiali, così come nella gestione delle sue persone, del loro sviluppo e della loro formazione, grazie a un continuo, positivo e costruttivo dialogo con tutti i sindacati che ha permesso sempre di raggiungere accordi con l’utilizzo di misure socialmente responsabili”. Invece Castagna sta pensando di convocare un’assemblea straordinaria dei soci Bpm per vedere se c’è spazio per alzare il prezzo dell’Opa su Anima.
Ma proprio dal fronte francese potrebbe arrivare una nuova evoluzione. A Parigi, secondo quanto riporta il Corriere, Orcel vuole incontrare il ceo di CA Philippe Brassac e sarà l’occasione per dialogare con altri azionisti di Banco Bpm, in larga parte fondi. Da Amundi, braccio di asset management della Banque Verte, ad Axa, da Bnp Paribas a Lazard.
L’obiettivo di Orcel è il risparmio gestito: occhi su Anima e Amundi
Si è fatto chiaro in queste ultime ore che l’obiettivo di Unicredit è il risparmio gestito, il settore che, con il venir meno dei guadagni derivanti dai tassi finora alti della Bce, è quello che più potrà tener alti gli utili dell’istituto di Piazza Gae Aulenti.
Anima sgr, su cui lo stesso Banco Bpm ha lanciato un’opa, potrebbe essere un obiettivo e spiegherebbe l’ops di Unicredit sul suo principale azionista, lo stesso Banco Bpm. L’azionariato di Anima risulta per altro blindato: quasi il 50% del capitale è nelle mani di soci forti, come lo stesso Bpm con il 22,4%, seguita da Poste con quasi il 12%, dal fondo FSI guidato da Maurizio Tamagnini con il 9,8% e da Francesco Gaetano Caltagirone che ha quasi il 3,5% attraverso Gamma, oltre al 3% circa di azioni proprie. Il prezzo dell’Ops di Orcel è stato giudicato persino offensivo per il suo livello risicato dal Banco che spera forse in un rilancio da parte di Orcel.
Ma ,c’è da considerare anche Amundi, la più grande società di gestione fondi europea, che è controllata da Credit Agricole e che ha appena annunciato di detenere una partecipazione dell’1,3% in Unicredit per conto dei suoi clienti. Amundi per altro ha un accordo di gestione dei fondi di UniCredit fino al 2027, avendo acquistato Pioneer, la divisione fondi della banca italiana, nel 2017. All’epoca l’Italia aveva cercato di mantenere Pioneer in mani italiane, ma Amundi aveva superato l’offerta di un consorzio di investitori nazionali.
Dunque Credit Agricole, che in Italia ha già Cariparma e Friuladria, potrebbe anche valutare conveniente aderire all’offerta di Unicredit e rientrare in campo con una dote di sportelli e clienti da gestire direttamente.
Se il meeting di Parigi non dovesse sortire accordi, Credit Agricole potrebbe valutare contromosse per accendere ulteriormente il risiko bancario tricolore e creare a sua volta un mega polo del risparmio gestito con Amundi. Da non dimenticare anche il credito al consumo di Agos Ducato, al 60% di Agricole e al 40% di Banco Bpm.
C’è poi un altro incrocio interessante in questo risiko bancario: la partnership strategica tra Anima e il Montepaschi di Siena, che è uno dei suoi principali clienti: rappresenta il 16% delle masse retail di Anima e con cui il gruppo ha un contratto fino al 2030. Bpm ha appena acquistato dal Mef il 5% di Mps e Anima è salita al 9%: l’idea era creare quel famoso terzo polo bancario, così auspicato da alcuni membri del governo.