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Unicredit, Ghizzoni: “La bad bank non ci interessa, l’abbiamo già”

Unicredit chiude il 2014 con un utile netto di 2 miliardi e uno scrip dividend per i soci di 12 centesimi. Entrambi i dati sono in miglioramento sul 2013 che aveva registrato una perdita record di 13,9 miliardi di euro per le svalutazioni e le rettifiche effettuate in preparazione agli esami della Bce ( che si sono conclusi lo scorso ottobre) e un dividendo di 10 centesimi.

Ma il mercato non accoglie bene i conti di Piazza Cordusio: il titolo cede il 4%.
I risultati arrivano in una giornata di tensione per le Borse in attesa dell’Eurogruppo sulla Grecia con il comparto bancario che si muove contrastato. Il Ftse Mib limita però le perdite nel complesso a -0,71%.

Sebbene i risultati 2014 siano in linea con il consensus, a operatori e analisti non piacciono i numeri dell’ultimo trimestre che vede un peggioramento sensibile della bottom line: negli ultimi tre mesi i profitti sono in calo del 76,4% con un Rote (return on tangible equity: misura la redditività operativa di una banca) che si riduce a un magro 1,6% dal 4,9% su base annuale e dal 6,8% registrato nel terzo trimestre.

CAPITALE MEGLIO DEL PIANO
ANCORA LO SCRIP DIVIDEND

“Nel 2014 abbiamo mantenuto gli impegni assunti – ha commentato l’ad Federico Ghizzoni – Malgrado il contesto economico molto difficile . L’obiettivo di 2 miliardi di utile netto è stato raggiunto, il turnaround dell’Italia è ampiamente concluso, in tutti i Paesi in cui operiamo assicuriamo un importante sostegno all’economia”. 

Per quanto riguarda gli altri principali dati di bilancio, Unicredit archivia indici patrimoniali superiori alle richieste della Bce. In particolare, il Tier 1 ratio è all’11,26%, il Cet1 ratio transitional al 10,41% e il fully loaded al 10,02%. 

“Siamo 65 punti base meglio di quanto previsto nel piano – ha spiegato Ghizzoni in conferenza stampa – nel quarto trimestre la Russia e l’Ucraina sono costate 1,1 miliardi sul capitale per la svalutazione del rublo. Contiamo di ripristinare i livelli di capitale con la crescita organica ed escludiamo aumenti perché il capitale è superiore a quanto indicato dalla Bce, tanto è vero che non abbiamo avuto nessun problema a distribuire il dividendo”. Dividendo che per il secondo anno di fila si conferma nella forma di scrip dividend: spetta all’azionista scegliere se vuole la cedola in contanti o le azioni Unicredit. L’entità della cedola agli azionisti però è in crescita del 20% e il pay out è al 35%.

BAD BANK NON FA PER NOI
GRECIA NON PREOCCUPA

Il gruppo vede per il 2015 il quadro macro in miglioramento e ritiene che le proprie previsioni di un pil in rialzo dello 0,4% potranno essere migliorate. In questo contesto, la qualità dell’attivo del gruppo “continua a stabilizzarsi”. “Unicredit – si legge nella nota stampa – si attende che i crediti deteriorati abbiano raggiunto un picco nel 2014 e che per il 2015 sia plausibile una diminuzione sia nell’ammontare totale che in percentuale dei crediti totali lordi”.

I crediti deteriorati lordi si sono attestati a 84,4 miliardi (+0,9% su anno) e il tasso di copertura è al 51,3%, le sofferenze sono in lieve crescita a 52,1 miliardi con un tasso di copertura al 62,2%. “A fine novembre 2014 – spiega il gruppo nella nota sui conti – il tasso di crescita annuale dei crediti deteriorati di Unicredit Spa è stato circa la metà del tasso di crescita medio del sistema bancario italiano (campione ABI)”.

Sul fronte della gestione dei crediti deteriorati, già due anni fa il gruppo ha scelto di perseguire la strada della “bad bank” in proprio, separando le attività della core bank da quelle della non core che raccoglie i crediti difficili.

Ecco perché Ghizzoni si chiama fuori dalla partecipazione alla bad Bank di matrice pubblica rilanciata sabato scorso al Forex dal governatore della banca d’ Italia Ignazio Visco.

“Tendenzialmente non siamo interessati a una soluzione di questo tipo – ha detto Ghizzoni- visto che la bad bank ce la siamo già fatta in casa due anni fa. E’ comunque un’idea interessante da perseguire, perché serve al sistema bancario italiano. Visto il livello di crediti in sofferenza in Italia, una soluzione di questo tipo è auspicabile”. L’ad di Piazza Cordusio tra l’altro ha voluto ricordare che anche la bad bank di matrice spagnola non ha coinvolto i grandi gruppi come Santander e Bbva dal momento che “una soluzione di questo tipo è indirizzata a chi può fare fatica ad assorbire le perdite in portafoglio o non riesce a trovare controparti. “Vedremo- ha concluso – comunque cosa fare quando ci sarà una proposta sul tavolo”. Oltre a un ruolo passivo di cessione dei crediti, alla bad bank è possibile partecipare attivamente partecipando al capitale nel caso di una soluzione che contempli anche l’intervento privato.

Infine, il fronte greco questa volta non preoccupa più di tanto il banchiere che ricorda come rispetto a due anni fa la situazione sia molto diversa. “Ci si può aspettare volatilità ma non credo sia situazione può mettere a rischio tenuta euro. Rispetto a due anni fa credo eh oggi sia più gestibile. Escludo che si possa verificare il contagio con l’esplosione del rischio sovrano come due anni fa”. Unicredit è esposta per 400 milioni ma si tratta di clienti stranieri che operano con attività in Grecia.

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