È una rivoluzione per il capitalismo italiano. Mercoledì 6 novembre Unicredit ha venduto per intero la sua quota in Mediobanca, attraverso una procedura di accelerated bookbuilding gestita da Bofa Securities Morgan Stanley e Unicredit Corporate & Investment Banking. Il regolamento dell’offerta è previsto in data 11 novembre 2019.
Unicredit ricaverà 800 milioni circa dall’oporazione, avvenuta all’interno di una forchetta di prezzo di 10,53-10,78 euro. Operazione che consentirà all’istituto gestito da Alberto Nagel di ricavare una cospicua plusvalenza. Il prezzo incorpora uno sconto del 2,3% circa rispetto all’ultimo prezzo di chiusura di Mediobanca preannuncio.
Il numero uno di Unicredit, Jean Pierre Mustier, si è impegnato a non interferire con l’assegnazione delle azioni e a “sostenere le economie reali nei diversi mercati”: il ricavato della cessione sarà infatti reinvestito nello sviluppo delle attività dei clienti.
L’impatto atteso dalla vendita, che sarà contabilizzata nel quarto trimestre, è sostanzialmente neutrale sul CET1 capital ratio di Unicredit. L’istituto presenterà il nuovo piano industriale fra meno di un mese, il 3 dicembre.
Con questa operazione cambiano però gli equilibri sia in Mediobanca – sempre più public company – che in Generali, nel cui capitale Piazzetta Cuccia è primo azionista con il 13%.
In Mediobanca oggi Leonardo Del Vecchio, in attesa di salire oltre il 10%, conta sul 7,54% del capitale (più una quota di titoli rilevati nell’asta di merrcoledì), davanti a Vincent Bolloré, sceso al 6,73%.
In Generali, invece, Del Vecchio può contare sul 4,85% di Delfin, oltre al 13% in pancia a Mediobanca.
A questo punto, perciò, perde qualunque attendibilità l’ipotesi di alleanza tra Mustier e il ceo francese di Generali, Philippe Donnet, magari con l’appoggio di Bolloré, per portare in dote Generali ai francesi di Axa.
Di contro, Mediobanca diventa sempre più contendibile. È ancora presto per dire se Del Vecchio vorrà proseguire la scalata nel capitale di Piazzetta Cuccia, ma di certo la cessione della quota di Unicredit apre un buco nel capitale dell’istituto che potrebbe essere riempito da altri investitori italiani o esteri.
UNICREDIT: TRIMESTRALE OLTRE LE ATTESE, IL TITOLO CORRE
Per quanto riguarda i conti, Unicredit chiude i primi 9 mesi del 2019 con un utile netto di 4,3 miliardi e un utile rettificato di 3,3 miliardi (+8,2%), con un rote rettificato dell’8,7%. Nel terzo trimestre i profitti sono in rialzo del 25,7% a 1,1 miliardi. Il dato è sopra il consensus e il titolo in Borsa guadagna il 3,6%, in testa al Ftse Mib.
Il ceo, Jean Pierre Mustier, ha detto che “il trimestre ha beneficiato di solide dinamiche commerciali, di forti ricavi da negoziazione e della nostra attenzione alla gestione disciplinata dei costi, che continua a produrre risultati. Grazie alle nostre azioni proattive e decise abbiamo già raggiunto i nostri obiettivi chiave o comunque li supereremo entro la fine di quest’anno”.
Confermata quindi la guidance 2019, che prevede ricavi per 18,7 miliardi e un utile netto rettificato a 4,7 miliardi, con rote maggiore del 9% e rote del group core maggiore del 10% per l’intero 2019.
MUSTIER: “PENSIAMO A HOLDING INTERNAZIONALE CON BASE IN ITALIA”
Nel corso della conference call con gli analisti, Mustier ha poi aggiunto: “Non abbiamo mai detto che avremmo avuto una holding company in Germania. Abbiamo detto che vogliamo avere una holding internazionale e che sarà’ basata in Italia e che non sarà quotata. Questo è quello che abbiamo in mente”.
Inoltre, “siamo aperti alla possibilità di valutare buyback nel caso in cui le nostre azioni trattino a sconto sul patrimonio tangibile”, ha detto ancora il manager francese.