La settimana parte in salita, con Milano in rosso e lo spread alle stelle, oltre i 200 punti base. In Piazza Affari le vendite travolgono soprattutto i bancari e il Ftse Mib, chiude, ultimo in Europa, a -2,21%, 18.693 punti. Ben quattro blue chip figurano fra i maggiori ribassi del giorno: Unicredit -6,86%; Banco Bpm -5,85%; Bper -5,71%; Ubi Banca -5,29. Sulla sponda opposta solo due titoli: Cnh Industrial +3,13% e Telecom +1,77%.
In rosso anche gli altri listini continentali: Madrid -1,12%, Francoforte -1,07%; Parigi -0,91%; Londra -0,17%. Dall’altra parte dell’Oceano, Wall Street apre debole, anche se recupera nel corso della giornata, ma non tanto da riscaldare il cuore del Vecchio Continente. Il clima politico tiene tutti sulla corda, con Trump impegnato sul decreto anti-immigrati e la zona euro appesa al filo delle elezioni, a partire da quelle francesi. Oggi non basta Mario Draghi che parla di “euro irreversibile” e che boccia l’idea di un’Europa a due velocità. Non basta a rassicurare i mercati, innervositi da prospettive di Frexit e da una divisione fra virtuosi e indisciplinati. Lo spread vola: il differenziale del decennale italiano col Bund tedesco sfonda la soglia dei 200 punti e si ferma a 201.10, +11,17%, rendimento +2,39%. Numeri che non si vedevano da qualche anno. I rialzi colpiscono anche gli spread degli altri paesi: Irlanda +30,19%; Francia +21,54%, solo per citarne due. L’euro perde qualche decimale nei confronti del dollaro (-0,43%), 1,073, cala il Brent -1,18%, 56,14 dollari al barile. Riprende quota l’oro: +0,72%, 1229.06 dollari l’oncia.
“È facile sottostimare la forza dell’impegno politico che ci ha tenuto insieme per 60 anni – ammonisce il Governatore della Bce alla commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo – con la moneta unica abbiamo costruito legami che ci hanno fatto sopravvivere alla peggiore crisi economica dalla seconda guerra mondiale”. Draghi ribadisce la rotta dell’istituto centrale: “le decisioni di politica monetaria prese in dicembre sono quelle giuste nel contesto attuale”. E “i benefici delle nostra politica superano chiaramente i potenziali effetti collaterali”. Infatti ”le nostre misure hanno giocato un ruolo chiave nel preservare la stabilità nell’eurozona, e questo include la stabilità finanziaria”.
Tornando in Piazza Affari: i titoli più penalizzati sono quelli bancari e assicurativi, a partire da Unicredit, nel giorno dell’avvio del super aumento di capitale da 13 miliardi, che si concluderà il 10 marzo. Una partenza veramente difficile, ma forse, tecnicamente, inevitabile. Male Ubi, che rafforza, anche se di pochi punti percentuali, il proprio patto bresciano. Il Sindacato azionisti ha pubblicato il 31 gennaio un avviso per comunicare l’ingresso nel patto di un nuovo socio e l’incremento della percentuale di azioni sindacate al 13,67 per cento. Profondo rosso per Fineco Bank, -4,47%. Perde terreno Intesa San Paolo -2,41%, mentre Generali scende del 2,34%. Oggi, secondo Reuters, dovrebbe essersi riunito il cda della compagnia, dopo l’incontro del comitato investimenti per fare il punto sulla quota del 3,01%, detenuta come prestito titoli nel capitale di Intesa. Fa peggio il principale azionista del Leone, Mediobanca, -4,11%. Viaggiano in gran ribasso Unipol -4,95% e Unipolsai -3,88%; Leonardo -3,29%.
Deboli i titoli del lusso con Luxottica, -2,28%, e Ferragamo, -1,99%. Gli acquisti si riversano su pochi titoli del Ftse Mib: Telecom, con i conti e la presentazione del nuovo piano strategico. A innescare gli acquisti su Cnh invece sarebbero le voci, non confermate, che il gruppo italoamericano starebbe valutando la cessione della divisione delle macchine per costruzioni a delle società di private equity.