L’aumento di capitale da 13 miliardi di Unicredit ha avuto pieno successo e nel quartier generale di Piazza Gae Aulenti a Milano l’ad Jean-Pierre Mustier e la sua squadra hanno tirato un grosso sospiro di sollievo dopo le preoccupazioni degli ultimi mesi.
La fase principale della ricapitalizzazione della banca milanese si è conclusa. La cifra richiesta al mercato era alta, altissima. Non a caso si tratta dell’aumento di capitale più grande della storia della finanza italiana.
UNICREDIT: COM’è ANDATO L’AUMENTO DI CAPITALE
Nonostante l’importo elevato e le difficoltà economico-politiche che contraddistinguono il breve-medio periodo, gli investitori hanno risposto bene. Per essere precisi, in base a quanto comunicato da Unicredit, sono stati esercitati 616.559.900 diritti di opzione e sottoscritte 1.603.055.740 nuove azioni. In termini percentuali si tratta del 99,8% del totale delle nuove azioni offerte. Il restante 0,2% di nuove azioni non sottoscritte vale 30,9 milioni di euro.
L’operazione può essere dunque considerata un pieno successo. Lo stesso mercato che pochi mesi fa ha “negato” 5 miliardi al Monte dei Paschi ne ha concessi quasi 13 ad Unicredit. Una reazione, tutt’altro che scontata, avallata dai fondi e dagli investitori istituzionali che hanno acquisito una parte importante del capitale sociale della banca.
UNICREDIT: COSA SUCCEDE DOPO L’AUMENTO DI CAPITALE?
I diritti di opzione che non sono stati esercitati, pari a 1.469.645 unità, saranno offerti in Borsa nelle sedute del 27 e del 28 febbraio 2017, e nelle sedute del 1°, 2 e 3 marzo 2017 salvo chiusura anticipata dell’offerta causata dalla vendita integrale dei Diritti.
Una volta concluso il termine, in base a quanto comunicato da Unicredit: “i diritti acquistati potranno essere utilizzati per la sottoscrizione, al prezzo di 8,09 euro per ciascuna nuova azione, di 13 nuove azioni ordinarie ogni 5 diritti acquistati”.
L’esercizio dei suddetti diritti e la sottoscrizione di nuove azioni dovranno essere effettuati entro il 6 marzo. Attenzione però, nel caso in cui l’offerta si chiuda anticipatamente l’esercizio dei diritti dovrà essere effettuato entro e non oltre il terzo giorno di borsa aperta successivo a quello di comunicazione della suddetta chiusura. Facendo un esempio pratico: se si chiude il 27 febbraio, i diritti potranno essere esercitati entro il 2 marzo, se invece il termine è il 28, si dovrà procedere all’esercizio entro il 3.
Unicredit, fa sapere inoltre che: “le nuove azioni derivanti dall’esercizio dei diritti saranno accreditate sui conti degli intermediari autorizzati aderenti al sistema di gestione accentrata Monte Titoli S.p.A. al termine della giornata contabile dell’ultimo giorno di esercizio dei diritti e saranno pertanto disponibili dal giorno di liquidazione successivo”.
UNICREDIT: IL CONSORZIO
Nell’ipotesi, alquanto remota a dir la verità, in cui l’inoptato non trovasse collocazione, la palla passerebbe nelle mani del consorzio di garanzia formato da Cib UniCredit, Morgan Stanley e Ubs nel uolo di structuring advisor; Bofa Merrill Lynch, Jp Morgan e Mediobanca come joint global coordinator e joint bookrunner. Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs International e Hsbc sono co-global coordinator e joint bookrunner. Banca Imi (gruppo Intesa Sanpaolo), Banco Santander, Barclays, Bbva, Bnp Paribas, Commerzbank, Crédit Agricole Natixis e Société Générale hanno invece il ruolo di joint bookrunner.
UNICREDIT: LE SFIDE DELLA BANCA DI JEAN PIERRE MUSTIER
Archiviati, grazie all’aumento di capitale, i problemi patrimoniali della banca, Unicredit potrà concentrarsi con maggiore tranquillità sul proprio futuro. Il buon esito della ricapitalizzazione, avvenuta in uno scenario economico-finanziario non certo facile, rafforza senza dubbio la leadership dell’amministratore delegato Jean Pierre Mustier che nel giugno 2016 ha preso in mano le sorti dell’istituto di Piazza Gae Aulenti allo scopo di riportarla all’antico splendore.
Menzione particolare meritano gli esuberi previsti dall’accordo con i sindacati raggiunto lo scorso 4 febbraio, pochi giorni prima dell’apertura dell’aumento. Il piano di rilancio prevede 3.900 uscite volontarie e incentivate (che si aggiungono alle 6mila varate in precedenza) entro il 2024 a fronte di 1.300 nuove assunzioni e della chiusura di 800 filiali. Stabilito anche il turnover nel rapporto di un’assunzione ogni tre uscite e la stabilizzazione di 600 contratti di apprendistato.
Sarà interessante anche osservare il riassetto dell’azionariato causato dall’aumento, ma anche le possibili novità relative alla composizione del cda e del management. Il Corriere della Sera ha anticipato le scelte fatte dai grandi azionisti. In base a quanto scritto dal Corsera, il fondo statunitense Capital Research si è confermato al 6,7%, mentre il fondo Aabar detiene il 5,04%. Le fondazioni italiane invece avrebbero ridotto le proprie posizioni. Nel dettaglio: Cariverona sarebbe scesa dal 2,3% all’1,8%, la torinese Crt avrebbe ridotto la posizione dal 2,2% all’1,7%, la Fondazione Cr Modena sarebbe scesa allo 0,5%, mentre la Fondazione Monte di Bologna e Ravenna avrà una quota frazionale.
Jean Pier Mustier dovrà occuparsi poi della redditività della banca, dopo la vendita dei fiori all’occhiello Pekao e Pioneer, senza sottovalutare – dopo la rinuncia di Intesa Sanpaolo – il caso Generali, dato che Unicredit continua ad essere il primo azionista di Mediobanca, che a sua volta è il primo socio della compagnia di Trieste. Insomma, l’ad avrà tanto lavoro da fare, ma dopo il successo dell’aumento, la strada è finalmente essere in discesa.