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Unicredit affila le armi contro i vincoli del Golden Power: battaglia aperta sull’Ops Banco Bpm. Tra le opzioni il ricorso al Tar

Unicredit contesta le restrizioni sull’offerta per Banco Bpm: “Ostacolano la sana gestione”. La banca valuta il ricorso alla giustizia amministrativa, mentre l’offerta sul mercato si avvicina

Unicredit affila le armi contro i vincoli del Golden Power: battaglia aperta sull’Ops Banco Bpm. Tra le opzioni il ricorso al Tar

Unicredit rompe il silenzio e contesta apertamente le prescrizioni imposte dal governo italiano nell’ambito dell’offerta pubblica di scambio (Ops) su Banco Bpm, puntando il dito contro il provvedimento di Golden Power. Se da un lato l’intervento era nell’aria, dall’altro la rigidità delle misure ha colto di sorpresa anche i veterani della finanza.

Per la banca non si tratta di una semplice protesta: le restrizioni, infatti, limitano concretamente “la sua libertà” operativa e ostacolano la possibilità di prendere decisioni nel rispetto dei principi di “sana e prudente gestione”. Con l’offerta ormai alle porte, da Piazza Gae Aulenti non si esclude il ricorso al Tar, in attesa di una possibile revisione da parte del governo.

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Unicredit e Golden Power: tutti i vincoli che frenano l’ops su Bpm

Le prescrizioni fissate dal decreto Golden Power incidono su aspetti chiave della futura governance, qualora l’acquisizione di Banco Bpm andasse in porto. I vincoli toccano la gestione di liquidità e credito della nuova entità, i diritti di dismissione delle partecipazioni, il controllo sugli asset di Anima Holding e, non da ultimo, la progressiva riduzione dell’esposizione di Unicredit in Russia. Quest’ultimo punto, nonostante la banca abbia già ridotto la sua presenza nel Paese di circa il 90% negli ultimi anni, rimane particolarmente complesso da gestire, anche alla luce delle difficoltà imposte dal contesto geopolitico e dal controllo esercitato dal Cremlino.

Altro aspetto che preoccupa la banca di Piazza Gae Aulenti è l’imposizione di un divieto di smobilizzare i titoli di stato italiani detenuti in Anima, vincolo che durerà cinque anni. Un vincolo pesante in un settore in cui la liquidità è linfa vitale per la gestione strategica. Da qui i dubbi di Unicredit sulla legittimità e sulla reale sostenibilità di tali restrizioni.

Le preoccupazioni di Unicredit: danni a lungo termine?

In una nota ufficiale, la banca ha espresso preoccupazione per le ripercussioni a lungo termine delle prescrizioni, sottolineando il rischio concreto di sanzioni in caso di violazioni involontarie. A rendere ancora più critica la vicenda è il fatto che si tratti di un intervento su un’operazione tutta italiana, un caso senza precedenti nel settore bancario.

Unicredit si chiede infatti perché il governo abbia deciso di esercitare i poteri speciali proprio su questa operazione, mentre fusioni e acquisizioni simili — come quelle di Mps su Mediobanca, Bper su Pop Sondrio, e Banco su Anima Holding — non hanno incontrato ostacoli analoghi.

Unicredit punta anche il dito contro un trattamento asimmetrico rispetto ad altre operazioni bancarie. Secondo l’istituto, inoltre, alcune delle misure imposte non sarebbero in linea con la normativa italiana ed europea, aprendo il fianco a interpretazioni ambigue che potrebbero limitare l’autonomia decisionale e danneggiare la competitività. 

Il possibile ricorso al Tar: ecco cosa può succedere

In attesa di una risposta ufficiale da parte dell’esecutivo, Unicredit ha comunicato “di non poter prendere alcuna decisione definitiva sulla strada da seguire in merito all’offerta”. Qualora le prescrizioni non venissero riconsiderate, Unicredit potrebbe adire al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar), portando la battaglia legale sui tavoli più alti per cercare di far annullare le limitazioni imposte dal governo. Prima di imboccare la strada legale, però, l’istituto sembra intenzionato a tentare un ultimo confronto con Palazzo Chigi, nella speranza di arrivare a una soluzione negoziata.

Generali, la prossima tappa nella guerra delle poltrone

Ma la lotta non si ferma a Banco Bpm. C’è anche Generali nel mirino. Giovedì 24 aprile, con l’assemblea del Leone, Orcel potrebbe far valere il peso della sua quota di circa il 5% (e forse anche più). Non è un segreto che Unicredit stia cercando di influenzare l’esito delle elezioni in vista del futuro della compagnia assicurativa. E le voci di corridoio parlano di una guerra fredda tra i grandi azionisti, con Francesco Gaetano Caltagirone che ha alzato il tiro, paventando i rischi di una “fuga” di investimenti dall’Italia, qualora la joint venture con Natixis prendesse piede.

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