Come pubblicato da Intesa Sanpaolo, le banche ungheresi si apprestano a subire pesanti costi nel breve periodo. Lo scorso 4 luglio il Parlamento ha approvato una legge che le obbliga a rimborsare alle famiglie oneri sostenuti in forza di clausole contrattuali sul tasso di cambio applicato nei pagamenti sui mutui in valuta e, più in generale, per variazioni unilaterali di condizioni contrattuali. Secondo una stima preliminare della Banca Centrale, i costi potrebbero ammontare a 900 miliardi di fiorini.
Gli impieghi al settore privato sono in calo del 4,3%, a causa della componente in valuta estera (-11,2%) scesa sia nelle imprese (-14,3%) sia nelle famiglie (-8,1%). E, nonostante crescano gli impieghi in fiorini alle imprese, la qualità del portafoglio crediti registra un ulteriore peggioramento. Le sofferenze rappresentano circa il 18% degli impieghi (pari al 18,6% nel settore famiglie e 18% nelle imprese) e sono stimate rimanere su tali livelli nell’anno in corso. Il grado di copertura rimane modesto e, unito ai nuovi provvedimenti a favore del retail, richiederà l’effettuazione di ulteriori accantonamenti.
In questo scenario, le famiglie riscontreranno un calo dei depositi ancora significativo (-9,4%), con tassi mensili tendenziali negativi fin dall’autunno 2012. Le imprese registrano un aumento dei depositi del 3,9% (+14,3% a fine 2013). Anche le passività sull’estero sono in graduale diminuzione fin dal dicembre 2010, sia in valore assoluto (-12,3% a maggio) sia in proporzione al funding complessivo (da oltre il 30% sono scese al 16,9% del passivo totale a maggio), mentre il rapporto impieghi/depositi si va riequilibrando (sceso al 116% a maggio).
Ulteriori apporti da parte delle banche controllanti, essenzialmente estere, e il minor fabbisogno connesso al calo degli impieghi hanno comportato un miglioramento del grado di patrimonializzazione. Tuttavia, i risultati economici vengono erosi dagli elevati accantonamenti e dalle tasse. Il margine di interesse rappresenta la maggior fonte di reddito, grazie all’ampio spread specie nel settore famiglie, rimanendo elevato rispetto al totale attivo (TA), anche rispetto agli altri Paesi dell’Europa Centro-Orientale.