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Un risotto “salutare”: la ricetta del riso Gloria con mazzancolle, bergamotto, peperone piquillo, dello chef Salvo Cravero, innovazione nella tradizione

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Piatto che affonda le sue origini nel nord Italia, inizialmente in Veneto poi esteso a Lombardia, e Piemonte, il risotto è un primo piatto sul quale sventola senza ombra di dubbio la bandiera italiana. Anche se è un piatto piuttosto recente nella storia della cucina.

Nonostante il riso venisse già coltivato in Mesopotamia e fosse utilizzato dagli antichi greci, dai romani e dagli egizi, come ingrediente base dell’alimentazione bisognerà arrivare agli inizi del ‘900 perché l’umile riso usato fino ad allora come accompagnamento di carni e pesci e verdure acquisisse una dimensione protagonista sulla tavola degli italiani cucinato come risotto.

A dire il vero. C’erano stati dei precedenti per nobilitarlo in cucina come un riso soffritto con burro e bagnato con il brodo. di cui si fa menzione nel 1779, nel ricettario Il Cuoco Maceratese di Antonio Nebbia, o un riso con grasso, midollo di bue, zafferano e noce moscata che troviamo nel Nuovo cuoco milanese economico di Giovanni Felice Luraschi dato alle stampe nel 1853.

Ma per rintracciare la prima vera ricetta codificata di un risotto bisognerà attendere la pubblicazione nel 1891 di ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’, considerato uno dei più importanti libri sulla cucina italiana, tradotto in molte lingue e riconosciuto anche per il suo valore letterario opera monumentale di Pellegrino Artusi, scrittore, gastronomo e critico letterario che fornì la prima catalogazione organica della tradizione gastronomica italiana.  

Anche se Artusi inserisce il risotto tra le ‘minestre asciutte e di magro’, parlando delle varie tipologie di risotto dedica spazio a quello alla milanese in due versioni: la prima senza vino, la seconda con vino bianco e midollo.

Oggi l’Italia è considerata il primo produttore europeo di riso, con una produzione di quasi 1.300 tonnellate su 220.000 ettari, e un fatturato che supera il miliardo di euro proveniente dall’attività di 4,100 aziende agricole che danno lavoro a circa 10.000 addetti.

Siamo primi produttori e anche primi esportatori dal momento che solo il 35 per cento viene consumato in Italia mentre l’altro 65 per cento prende la via dell’estero.  Insomma, il nostro riso piace non solo agli italiani, che ne mangiano 6 chili l’anno a testa, ma anche all’estero.  Ma se passiamo dai dati confortanti della produzione a quelli che riguardano la qualità, la situazione appare meno rosea. Da anni il mercato italiano del riso , subisce l’assalto di risi orientali soprattutto quelli della Cambogia, della repubblica di Myanmar, del Vietnam, molto più economici sia per i costi di produzione sia per i costi organizzativi in molti paesi dell’est asiatico.
E’ di questi giorni l’allarme lanciato dalla Coldiretti che denuncia che le importazioni di riso dalla Cambogia dal Laos e dal Bangladesh, sono aumentate a dismisura e si tratta di paesi in cui si fa uso  di prodotti chimici vietati da decenni in Italia e in Europa come  il glifosato il tebucanazolo, il piperonil butossido e il malation. Quindi negli acquisti di riso è bene fare grande attenzione alle etichette per scoprirne le origini.

Ma va pure detto nel contempo che anche il riso coltivato in Italia non è esente da problemi di contaminazioni. Il nemico si chiama arsenico e forse non tutti sanno che l’arsenico è presente, sia pure in quantitativi non letali in quasi tutti i risi italiani.  L’arsenico, infatti, è un elemento chimico presente in aria, acqua e terra, lo troviamo nei campi come in acque potabili.  Il fatto è che le piante di riso nell’acqua ci vivono e ne assorbono molta.

Come farne a meno? Impossibile rinunciare a risotti, supplì, sartou, arancini, cestini, torte che ci gratificano quotidianamente. Ma possiamo e dobbiamo mantenere vigile l’attenzione.

Su un riso si può andare comunque a occhi chiusi, è “Risoinfiore”, vero fiore all’occhiello del Made in Italy, coltivato in un’area nel Vercellese dove i livelli di arsenico sono quasi irrilevanti, l’unico riso sul mercato mondiale a marchio registrato a residuo zero. E residuo zero significa che è esente da qualsiasi traccia di prodotti fitosanitari, cosa che viene certificata dalle analisi multi-residuali che vengono fatte sul lotto e che si possono consultare sul sito dell’azienda.

Un progetto impegnativo, che ha richiesto anni di studio, notevoli investimenti. “Ci sono voluti otto anni, dichiara oggi Paola Fiore, titolare dell’azienda, ma con grande orgoglio e soddisfazione, possiamo dire di aver prodotto un riso al momento, Unico, Buono e Genuino, un riso che è riso, totalmente naturale, che non ha pari al mondo”. Si parte dalla coltivazione con le preparazioni dei campi per la semina nel rigoroso rispetto dei principi di agricoltura sostenibile finalizzata a ridurre i rischi di lisciviazione dei nutrienti, ad assicurare un’adeguata copertura vegetale e a favorire la diversità biologica e la dotazione di sostanza organica dei suoli, che prevede il sovescio vernino (orzo) per concimare in maniera organica il terreno. La pulizia dei campi con trattamento meccanico non supera i 12 /15 cm di lavorazione del terreno in questo modo il terreno non viene intaccato se non per la parte che effettivamente la radice del riso necessita. Si procede quindi con la semina, la varietà scelta per produrre un Riso a residuo zero è il Gloria. Ottima per risotti, con la peculiarità di essere resistente alle malattie, quindi evitare trattamenti con fungicidi, che inevitabilmente lascerebbero residui sul prodotto.

E il riso Gloria è il protagonista assoluto di un raffinato piatto gourmet, il Risotto mazzancolle bergamotto peperone piquillo broccoletti firmato dallo chef Salvo Cravero docente di alta gastronomia ai corsi del Gambero Rosso, segnalato dalla Guida Michelin “perché propone una cucina curata, che reinterpreta la tradizione piemontese e spazia tra le cucine di altre regioni, di terra e di mare”. La sua cucina è frutto, infatti, di una filosofia culinaria tipica del territorio che attinge ai profumi e ai sapori di un tempo a piatti semplici preparati con gli ingredienti forniti dalle botteghe della zona e arricchiti della grande creatività dello chef sempre aderente però alla filosofia del genius loci.

“Per essere innovativi – afferma con convinzione Cravero – spesso bisogna tornare alle origini, a quando si cucinava non per stupire i clienti, ma per soddisfarli, a una cucina semplice fondata sulla qualità dei prodotti del territorio. Una cucina che” inizia nella terra: nelle risaie novaresi, nelle fattorie dove nascono i salumi del territorio, nei caseifici dove ogni mattina all’alba arriva il latte appena munto che diventerà Gorgonzola, Toma o altre eccellenze”.

La ricetta del risotto mazzancolle bergamotto peperone piquillo e broccoletti con il salutare Risoinfiore dalle grandi proprietà

Ingredienti:

Mazzancolle pulite sei tagliate a metà nel senso della lunghezza

Bergamotto fresco non trattato uno zeste

Per il brodo

teste di mazzancolle

Acqua

Per la salsa di peperoni

Peperoni piquillo arrostiti 100 grammi

acqua di risulta della cottura

sale q.b.

xantara q.b.

Per la salsa di broccoletti

Broccoletti in foglia 500 grammi

Acqua per la cottura

Sale q.b.

Xantana q.b.

Per il risotto

riso varietà gloria 160 grammi

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brodo di mazzancolle

sale q.b.

burro salato di Normandia 40 gr

parmigiano 24 mesi 35 grammi

acidulato di umeboshi

Cottura del riso

Tostare il riso a secco in una casseruola già calda giusto il tempo del “rincrudimento”. Bagnare il riso con il brodo caldo, ottenuto dalla miscela di acqua fredda e polvere di teste di mazzancolle. Salare appena e portare alla giusta cottura (al dente). Togliere dal fuoco e mantecare con burro e parmigiano. Aggiungere l’acidulato di umeboschi e continuare a mantecare. Unire le mazzancolle crude e far leggermente cuocere. Far riposare un paio di minuti con un canovaccio umido. Aggiustare di sale e impiattare su un piatto caldo piano. Finalizzare con le salse (broccoletti e peperoni) e la zeste fresca a crudo del Bergamotto