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Un museo ad Atripalda con la storia del vino Mastroberardino dal 1700

La storia della famiglia Mastroberardino, una delle dinastie più antiche dell’enologia italiana, entra in Museo all’interno di uno spazio espositivo allestito dentro le antiche cantine di Atripalda, in provincia di Avellino. Si chiama, infatti, MIMA – Museo d’Impresa Mastroberardino Atripalda – il nuovo progetto culturale che quasi come la trama di un romanzo racconta tre secoli di storia d’Italia e del mondo intimamente legate alle vicende personali e alle scelte aziendali dei suoi avi, scavando a ritroso attraverso dieci generazioni. 

La storia della dinastia passa attraverso la riforma del sistema agricolo del Regno di Napoli; la Grande Guerra; il varo del proibizionismo negli Stati Uniti e gli anni violenti del gangsterismo; la salita al potere di Mussolini; lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Nel mezzo, i dirottamenti dei legionari di Gabriele D’Annunzio, durante l’impresa di Fiume, a danno del piroscafo “Cogne” (la “nave fantasma” che trasportava un carico di vini aziendali verso Buenos Aires); le traversate atlantiche verso l’America del Nord; gli episodi di sabotaggio dei servizi segreti britannici che affondano, nel porto di Massaua, il vapore Cesare Battisti con i pregiati vini di famiglia; il blocco della navigazione a causa della guerra che colpisce i carichi in viaggio sui piroscafi Adua e Praga; le relazioni commerciali alle prese con le censure delle occupazioni naziste in Cecoslovacchia o in Norvegia, o dei britannici a Malta; la realizzazione, per sfuggire ai bombardamenti alleati, di un rifugio antiaereo nella grotta oggi destinata all’affinamento dei vini.

Inizia dal 1700, in particolare, l’appassionante ricostruzione, resa possibile grazie alla raccolta di oltre 10mila documenti, tra atti ufficiali, documenti originali e lettere di famiglia, esposti lungo tre sezioni suddivise per periodi. La prima, in un arco di tempo che arriva fino al 1914, ripercorre gli albori dell’azienda e i primi passi mossi sul fronte dell’internazionalizzazione, grazie alla lungimiranza di Angelo Mastroberardino, nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia dal Re Vittorio Emanuele III.  Spazia dal 1914 al 1932 invece la seconda sezione, incentrata sulla prima fase dell’esperienza professionale del figlio di Angelo, Michele Mastroberardino, che agli inizi del Novecento, nel ruolo di ambasciatore degli affari internazionali di famiglia, sviluppa relazioni commerciali in vari paesi d’Europa, in Nord America e nell’Africa coloniale. Sullo sfondo, la mobilitazione della Grande Guerra, la prima versione del fascismo al potere, l’entrata in vigore del proibizionismo negli Stati Uniti sotto la presidenza Wilson, l’apertura dei traffici commerciali in America Latina, la capillarizzazione della distribuzione sui mercati europei, l’apertura di mercati sempre nuovi in Asia, Africa e Oceania, con un’espansione che porta in questo periodo i vini irpini a toccare tutti i continenti. A chiudere l’affascinante percorso dell’impresa familiare è il racconto delle vicende comprese tra il 1933 e il 1945, quando Michele, ormai maturo, coglie l’opportunità della caduta del proibizionismo americano ad opera di Roosevelt, prosegue l’opera di consolidamento della presenza dei propri vini su un vasto numero di mercati esteri, mentre all’interno fronteggia il consolidamento del modello corporativo fascista, la fase dell’autarchia e l’organizzazione dei rapporti interni all’Impero Coloniale Italiano, lo scoppio della II Guerra Mondiale, la fase più critica dei bombardamenti del ’43. La morte di Michele e la fine della guerra, segna il solco di una faticosa e caparbia opera di ricostruzione post bellica portata avanti con grande determinazione da Antonio Mastroberardino non a caso nominato Cavaliere al Merito del Lavoro novant’anni dopo suo nonno. A lui va il merito di aver riportato in auge una famiglia e un brand, oggi riconosciuti in tutto il mondo.   

“La scelta del nome del museo – spiega Piero Mastroberardino, figlio di Antonio, che oggi ha raccolto il testimone dell’azienda di famiglia – rappresenta un segno distintivo con cui sono cresciuto e che oggi vive di nuovo vigore. Sono, infatti, le iniziali di mio nonno, Michele Mastroberardino, che coniò questa sigla a cavallo degli anni Trenta, durante uno dei momenti decisivi della nostra impresa. E proprio il racconto del suo mito mi ha spinto a ricostruire le vicende generazionali che hanno attraversato tre secoli, segnando in modo indelebile la storia del vino italiano e di quello irpino. Grazie a mio padre Antonio e al suo amore per i reperti storici, custoditi gelosamente, prende quindi forma questo tesoro che ho voluto restituire alla memoria dei giovani membri della nostra famiglia e di un pubblico più ampio”.   

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