X

Ultima seduta in Borsa di un 2011 tutto da dimenticare: si è salvata solo l’America

L’AMERICA, PORTO SICURO PER I RISPARMI 2O11

MONTI: L’ITALIA NON MERITA QUESTO SPREAD

La prova dell’asta è stata superata. Ma non a pieni voti: nonostante che i forzieri della Bce scoppino di liquidi parcheggiati dalle banche a tassi poco sopra lo zero, il Tesoro è riuscito a collocare solo 6,9 miliardi di titoli, meno dell’obiettivo di 8,5 miliardi. Per quanto riguarda i Btp, sono stati collocati 2,5 miliardi di euro di titoli decennali al 6,98%, dal 7,56% della precedente asta di fine novembre, e 2,5 miliardi di titoli a tre anni al 5,62%, dal 7,89% di fine novembre. Quel che basta perché Mario Monti abbia potuto giudicare il risultato “molto buono”, mentre sui mercati faceva testo il parere, assai meno entusiasta del sito del Financial Times che parlava di risultato “deludente”. Che sottolinea come l’Italia non sia riuscita a piazzare l’intera offerta.

L’economia, del resto è fatta di opinioni a differenza della matematica. Ha ragione il presidente del Consiglio a dire che “nei fondamentali della nostra economia non c’è nulla che giustifichi uno spread così alto”. Ma l’impresa di rimborsare 95 miliardi di titoli in scadenza tra febbraio ed aprile , alla luce delle condizioni della domanda, continua ad apparire una scalata di sesto grado cosa che spiega perché, dopo la lunga conferenza stampa del premier che ha battezzato il piano Cresci Italia la forbice con i Bund sia schizzata a quota 518.

I DATI USA RISVEGLIANO IL TORO. Il mancato “flop” dell’Italia ha comunque permesso ai listini azionari di accantonare i fantasmi del tracollo dell’euro (scivolato comunque ai minimi) e di concentrarsi sulle bune nuove di fine anno in arrivo dagli Usa. L’aumento delle vendite di abitazioni e il dato sulle nuove richieste di sussidio di disoccupazione che per la quarta settimana consecutiva resta sotto la soglia psicologica delle 400mila unità (non capitava dal luglio 2008) ha fatto da traino al mini rally di fine anno. L’indice FtseMib sale dello 0,76% a quota 14. 908, meglio hanno fatto Parigi e Francoforte.

A Wall Street hanno chiuso in territorio positivo sia il Dow Jones +1,12% che il Nasdaq +0,75%. L’indice S&P 500 + 1,07% a quota 1263, oggi tenterà di raggiungere i livelli del 2 gennaio scorso, a 1285 punti. In questo caso la Borsa americana meriterà appieno il titolo di unico porto sicuro del 2011. Nonostante la retrocessione da parte di S&P, anche il debito Usa si è rivelato un buon affare: nel 2011 ha reso il 9,6%.

METEOBORSA. SERENO AL MATTINO, SCAMBI SOTTILI. I futures, prima dell’inizio dell’ultima seduta dell’anno, segnalano una partenza positiva. Ma si prevede un’attività modesta e volumi sottili: l’ideale per un’eventuale imboscata della speculazione. L’Asia si congeda intanto dal 2011 con un rialzo. A Tokyo l’indice Nikkei 225 sale dello 0,53%, l’Hang Seng di Hong Kong dello 0,32%. Dati che non servono a cancellare la delusione per un anno difficile: il paniere Msci Asia Pacific, che comprende le blue chip del Continente (Giappone escluso) chiude l’anno con un calo del 18%. Intanto, in vista del compleanno dell’euro (il 2 gennaio compirà dieci anni), lo yen registra un nuovo, non desiderato massimo storico rispetto alla moneta comune: 100,03.

SCARONI: “VENDERE SNAM SI PUO’” “Guardiamo a questo importante asset senza pregiudizi”. In questo modo Paolo Scaroni apre, in un’intervista al Sole 24 Ore, all’ipotesi di un’uscita da Snam. “Potremmo immaginare un disinvestimento – aggiunge l’ad del cane a sei zampe – a patto di poterlo valorizzare al meglio”.

Prende così corpo quello che sarà uno dei tormentoni dei prossimi mesi: la vendita di Snam (in cui sarà senz’altro coinvolta la Cdp) consentirà all’Eni di ridurre l’indebitamento e di qualificarsi meglio come società petrolifera pura. Nessuna novità, invece, sul fronte dalla politica dei dividendi. “Il prossimo annuncio – precisa Scaroni – sarà a metà marzo in occasione della presentazione del piano strategico per i prossimi quatto anni”. Nel frattempo, l’Eni ha subito ieri una frenata nel finale, con il titolo che ha chiuso a 15,78 euro, in rialzo dello 0,9%. Solo 30 minuti prima della chiusura quotava 15,89 euro.

La repentina discesa è stata causata dalla dichiarazione del premier ad interim libico, Abdurrahim al-Keib, che ha diffuso un comunicato in cui afferma che il suo governo rivedrà i contratti siglati con Eni durante il governo di Muammar Gheddafi, prima che riprendano le attività della società nel Paese. Nella nota – in cui si dice che ieri al-Keib ha incontrato l’ad di Eni, Paolo Scaroni – si precisa che quest’ultimo ha chiesto che la società possa riprendere le attività in Libia per completare i progetti in base agli accordi siglati nel 2006 e nel 2010 Poche ore prima, nella conferenza stampa di fine anno, il premier Mario Monti aveva annunciato un suo prossimo viaggio a Tripoli, il 21 gennaio, per rilanciare il trattato di amicizia Italia-Libia.

CARIVERONA SCENDE IN UNICREDIT

MUSSARI PREPARA L’ADDIO A MPS

A Milano le banche si sono mosse ieri in ordine sparso. Unicredit -1,5%, Intesa Sanpaolo +1,49%, Ubi Banca +0,71%, Banca Popolare di Milano -0,3%. Per quanto riguarda Unicredit, pesa la decisione di Cariverona: la Fondazione parteciperà all’aumento ma senza far debiti. La quota dell’entre scenderà così dall’attuale 4,21% al 3,51%. La peggiore è Banca Pop. Emilia -2,62%. Dal suo ingresso nel paniere principale la banca ha lasciato sul terreno il 30% abbondante del valore. Ma, al contrario, si segnala il balzo sospetto dei titoli di risparmio della controllata Banco di Sardegna risp. +15%. Acquisti in arrivo dalla casa madre hanno fatto drizzare le orecchie agli operatori che sentono odore di delisting. Novità in vista a Banca Mps. Da una parte la Fondazione stringe i tempi per la cessione degli asstes necessaria per tener sotto controllo i debiti, dall’altra il sindaco di Siena Franco Ceccuzzi, in un’intervista alla Nazione, ha sottolineato che ”il rinnovamento del Monte non può che avventire alla luce della discontinuità”. Lo stesso Ceccuzzi fa sapere che, in vista del rinnovi dei vertici della banca ad aprile, il presidente Giuseppe Mussari, numero uno dell’Abi, “ha già manifestato ai soci la volontà di non proseguire la sua esperienza alla presidenza”.

Generali sale dello 0,68%, mentre Fondiaria Sai perde l’1,8% e tocca nuovi minimi storici: stamattina la compagnia che si prepara ad affrontare una drammatica ricapitalizzazione è stata declassata da Standard&Poor’s. Cade anche Milano Assicurazioni-4%.

Tra gli industriali spicca il calo dei titoli dell’automotive. Fiat -1,3%, Fiat Industrial -0,15%, Pirelli -0,08%. Scende Prysmian -1,31%.

Related Post

DE LONGHI SI PREPARA ALLO SPLIT

Tra i titoli sottili, è rimasto sotto i riflettori Prelios +1,6% , all’indomani dell’accordo con i creditori sul riscadenzamento del debito che dà ossigeno alla società immobiliare e concede più tempo per portare a termine le dismissioni. Mercoledì il titolo era salito del 6% anticipando l’annuncio arrivato in serata dell’intesa con otto banche italiane e con l’ex socio di maggioranza Pirelli. Da inizio anno Prelios in Borsa si è squagliata: il titolo ha perso l’80% del suo valore.

Ancora una giornata di ribasso per De’ Longhi, nella penultima seduta di Borsa in cui il gruppo è quotato come un’unica entità. Il titolo è scambiato a 6,08 euro in ribasso del 5%. Nelle ultime quattro sedute ha perso il 15%, ma ciononostante De’ Longhi chiude il 2011 con una delle migliori performance di Piazza Affari, in rialzo del 3% a fronte di una discesa del 26% dell’indice FtseMib.

A partire da lunedì 2 gennaio sarà effettiva la scissione fra De’ Longhi, a cui faranno capo la produzione di elettrodomestici, e la De’ Longhi Clima che si occuperà di impianti di riscaldamento e climatizzazione. Per effetto dell’operazione, ogni azionista di De’ Longhi riceverà un’azione di De’ Longhi Clima. Quest’ultima società sarà assumerà la denominazione di DelClima.

Categories: Finanza e Mercati