L’economia italiana continua a rallentare mentre, al contrario, i fattori di rischio registrano un’ulteriore accelerazione. Nella prima parte del 2018 la battuta d’arresto registrata dagli scambi con l’estero ha compromesso la corsa della nostra economia, frenandone l’andamento. Le indicazioni congiunturali più recenti indicano che i segnali di rallentamento si sono consolidati, soprattutto nell’industria, rimasta “ferma” nel trimestre estivo. La produzione industriale ha ristagnato nella prima metà dell’anno e secondo le stime la stessa tendenza si è registrata nei mesi di luglio, agosto e settembre. La fiducia delle famiglie è pressoché stabile, mentre continua a peggiorare quella delle imprese e aumenta l’incertezza.
Questo il quadro a tinte fosche disegnato dall’Ufficio parlamentare di bilancio nella nota di congiuntura di ottobre 2018 pubblicata oggi, 22 ottobre.
“L’indice di diffusione UPB, che misura l’estensione della ripresa tra i vari settori manifatturieri, sta continuando a scendere e si colloca ora al di sotto della soglia del 50 per cento. L’incertezza comincia a pesare sulla fiducia di famiglie e imprese”, si legge nella nota dell’UPB.
Mentre la crescita rallenta, i fattori di rischio continuano ad aumentare. Non a caso, per il terzo trimestre del 2019, le stime dell’ufficio parlamentare di bilancio parlando di una crescita del PIL pari allo 0,1 per cento, percentuale che tra l’altro dovrebbe replicarsi anche negli ultimi tre mesi del 2018. “Tale profilo – continua l’UPB – condurrebbe a un incremento del PIL nel 2018, aggiustato per il calendario, dell’1% per cento. Considerando che l’anno in corso ha tre giorni lavorati in più del 2017 la variazione nei conti annuali potrebbe attestarsi all’1,1 per cento”.
Per quanto riguarda i rischi, l’UPB si concentra in particolare sui “pericoli” internazionali derivanti dalla guerra commerciale e dagli sviluppi del protezionismo mondiale. A pesare in questo scenario potrebbero contribuire anche le tendenze dei mercati delle materie prime. “Resta inoltre forte l’incognita di repentini incrementi dell’avversione al rischio degli operatori dei mercati finanziari, che si ripercuoterebbero rapidamente sul quadro macroeconomico dell’economia italiana”, conclude la nota.