Nessuna sorpresa: Roberta Metsola è stata rieletta presidente del Parlamento europeo suscitando un ampio consenso tra le principali forze politiche della Ue. Con 562 voti favorevoli su un totale di 699 votanti, Metsola ha ottenuto il sostegno decisivo dei gruppi popolari, socialisti e liberali, nonché un’importante adesione da parte di verdi, conservatori e sinistra radicale. Dopo due anni e mezzo alla guida dell’istituzione Ue, la numero uno uscente e candidata del Partito popolare europeo (Ppe) ha superato con un record di voti (90,2%) l’unica sfidante, la spagnola Irene Montero (La Sinistra) che ha raccolto 61 voti. Insieme al socialdemocratico Martin Schulz (2012-2017) è l’unica nella storia a presiedere l’Eurocamera per più di un mandato.
Nel suo discorso, la presidente ha ringraziato per la “fiducia” e ha promesso che “sarà un Parlamento per tutti in Europa, per rispettare le promesse dei padri fondatori e madri ancora incompiute”. Parlando in italiano, ha citato De Gasperi: “La tendenza all’essere uniti è una delle costanti della storia, disse Alcide De Gasperi 70 anni fa. Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro che l’Europa rimanga l’argomento del giorno. Faccio eco delle sue parole che dobbiamo ricordare in questa legislatura”. Poi ha anche ricordato Falcone e Borsellino: “La nostra dev’essere un’Europa di cui sarebbero orgogliosi Falcone e Borsellino. La nostra dev’essere un’Europa che li onora” ha aggiunto.
In particolare, Metsola ha posto un forte accento sull’uguaglianza di genere, riaffermando il suo impegno per un’Europa dove le donne possano sentirsi pienamente rappresentate e protette, lottando contro la violenza e le disuguaglianze ancora presenti. Infine, Metsola ha invocato un’Europa unita, capace di superare le divisioni e di costruire speranza invece di odio, promuovendo un dialogo inclusivo e rispettoso tra tutte le nazioni e culture del continente.
Von der Leyen a caccia di voti a destra e sinistra
Una tensione palpabile ha dominato l’incontro tra Ursula von der Leyen e il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), guidato da Giorgia Meloni, al Parlamento europeo di Strasburgo. Cruciale per la sua riconferma alla guida della Commissione europea, l’incontro è stato un vero banco di prova per la leader tedesca in vista del voto di giovedì prossimo, che rimane incerto data la sua natura segreta.
Già due giorni fa, prima dell’inizio dei lavori senza un appuntamento formale, Ursula era a Strasburgo. Era lì per cercare voti ovunque possibile, anche da chi è notoriamente distante dalle politiche della Commissione e dalla sua maggioranza, come il gruppo della Sinistra (Left), che ha confermato il suo netto rifiuto all’Ursula-bis criticando la distanza su temi come il Green Deal, la situazione a Gaza e i diritti dei lavoratori.
Durante l’incontro con i eurodeputati più a sinistra, la presidente uscente ha ribadito che non ci sarà un accordo strutturale con Ecr. Questa dichiarazione non è sorprendente ma, allo stesso tempo, lascia intendere il contrario: potrebbe essere proprio Ecr a sostenere la sua rielezione, un supporto prezioso nella difficile ricerca della maggioranza assoluta.
L’incontro con Ecr. Meloni cosa farà?
Nonostante la fitta presenza di giornalisti e le numerose domande, von der Leyen è uscita dall’incontro con poche parole: “È stata un’ora intensa”. Un’ora, infatti, che potrebbe decidere il suo futuro politico e l’orientamento dell’Unione europea nei prossimi anni.
All’interno della sala, la tensione era palpabile. Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia, ha aperto l’incontro con richieste precise e determinanti: “Un radicale cambio di passo sul Green Deal, il superamento dell’approccio ideologico che ha caratterizzato la legislatura appena conclusa e il rispetto della neutralità tecnologica. Non possiamo ignorare che le recenti elezioni abbiano premiato i partiti critici verso il Green Deal e penalizzato quelli che lo hanno sostenuto.” Fidanza ha insistito sulla necessità di una politica agricola più pragmatica e ha elogiato von der Leyen per la sua fermezza contro le pressioni della sinistra europea sugli accordi con Tunisia ed Egitto. “Dobbiamo continuare sulla strada tracciata da Giorgia Meloni, stipulando nuovi accordi con i Paesi africani per fermare le partenze e sconfiggere le mafie dei trafficanti”.
Von der Leyen, dal canto suo, ha proposto la creazione di un commissario ad hoc per la sburocratizzazione, mirato a migliorare l’ambiente imprenditoriale europeo, e ha affrontato temi di attualità come l’impatto negativo di TikTok sui giovani, cercando di dimostrare una visione attenta e proattiva. Ma che non ha convinto tutti, anzi.
Mentre i belgi di Nuova Alleanza Fiamminga (N-Va) e i cechi del Partito Democratico Civico (Ods) sembrano inclini a un bis di von der Leyen, i polacchi del Pis restano fortemente contrari. L’eurodeputata Beata Szydlo ha espresso apertamente la sua sfiducia, sottolineando la necessità di una leadership più forte e meno influenzata da ideologie di sinistra. Adam Bielan, capodelegazione dei conservatori polacchi, ha rincarato la dose: “Non riesco a immaginare il nostro sostegno per un altro mandato. L’Ue ha bisogno di una leadership forte, non di una persona che dipende dalle ideologie della sinistra e dei verdi”.
Anche le delegazioni di Romania (Aur e Pncr) e Francia (Indipendenti) hanno espresso la loro contrarietà a un secondo mandato per von der Leyen, mentre la posizione dei 24 eurodeputati di Fratelli d’Italia rimane incerta. Meloni, al bivio tra astensione e appoggio esterno, punta a ottenere per l’Italia un commissario di primo piano e una vicepresidenza esecutiva nella nuova Commissione. Ma la leader italiana deve fare i conti con le pressioni interni: Antonio Tajani più moderato è per: “Ascoltiamo von der Leyen, prestiamo attenzione ai contenuti”. Dall’altra parte, Matteo Salvini è deciso a dire no agli accordi dietro le quinte. Sono due posizioni opposte che Giorgia Meloni dovrà bilanciare attentamente. Ecco perché all’interno di FdI c’è chi ritiene che la strada migliore sia l’astensione. Tuttavia, in questo scenario, un eventuale sostegno discreto a von der Leyen sarebbe più difficile da nascondere. Sarebbe più semplice essere tra i sì o i no, che saranno più numerosi.
Con il voto imminente, il destino politico della leader tedesca e l’agenda futura della Ue sono appesi a un filo. La posizione di Meloni e del gruppo Ecr sarà determinante, influenzando non solo la riconferma della candidata del Ppe, ma anche la direzione politica dell’intero continente nei prossimi anni.