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Ue: sì al Recovery Fund, ma la spaccatura è sul “come”

Imagoeconomica

Il Consiglio europeo si è concluso con un accordo di massima sul cosa: il Recovery Fund è necessario per affrontare la crisi innescata dalla pandemia di coronavirus e la Commissione europea dovrà presentare una proposta in merito entro il 6 maggio. Il come, invece, rimane tutto da decidere: i capi di Stato e di Governo sono ancora profondamente divisi su strumenti, tempi e strategie da adottare per dare vita al Fondo. Insomma, il negoziato sarà ancora lungo e l’accordo definitivo è rimandato al Consiglio europeo di giugno.

“Sono stati fatti dei passi avanti, ma non siamo d’accordo su come far funzionare il Recovery Fund, se con sussidi (cioè soldi a fondo perduto, ndr) o prestiti – ha spiegato a caldo la cancelliera tedesca, Angela Merkel – Ma una cosa è chiara: il Fondo sarà collegato al prossimo bilancio europeo per i prossimi sette anni. Questo significa che la Germania dovrà garantire un contributo più alto di quanto avevamo messo in conto nell’ultima trattativa. Ed è giusto che sia così”.

L’obiettivo è riuscire a mobilitare 2mila miliardi di euro, cioè il doppio dell’attuale bilancio. A queste risorse andrebbe aggiunto il Fondo, che sarà temporaneo (2021-2027), e dovrebbe avere una portata di 320 miliardi, ottenuti attraverso l’emissione di bond da parte della Commissione (una possibilità garantita dai Trattati, che quindi non richiederebbero alcuna modifica). I finanziamenti verrebbero girati ai singoli Stati, metà come prestiti e metà sotto forma di programmi specifici per i Paesi più colpiti dall’emergenza. C’è però un problema di tempi, perché il nuovo bilancio Ue sarà operativo dal primo gennaio 2021 e quindi, probabilmente, sarà necessario trovare una soluzione-ponte.

Niente da fare per quanto riguarda gli Eurobond: Merkel ha ribadito che, per la Germania, la mutualizzazione del debito è sbagliata dal punto di vista concettuale e impraticabile sotto il profilo tecnico, perché imporrebbe di mettere mano ai Trattati, un processo che avrebbe tempi molto lunghi.

Ma non è stato questo l’unico affondo della cancelliera: “Se stiamo andando, come sembra che stiamo andando, verso la mobilitazione di una quantità di denaro senza precedenti per costruire la necessaria capacità di bilancio – ha detto Merkel durante la videoconferenza di giovedì – allora dobbiamo avere coerenza nei sistemi di tassazione delle società e ci serve un sentiero di convergenza: non una quantità enorme di idee diverse su come usare i nostri sistemi fiscali”.

Secondo il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, “bisogna liberare subito 1.500 miliardi di euro, una fetta dei quali entro quest’anno attraverso un prestito ponte, e non è una questione di altruismo ma di necessità, in un mercato nel quale Nord e Sud sono inestricabilmente connessi”.

Il presidente francese Emmanuel Macron parla invece di “interventi massicci, trasferimenti di fondi, non prestiti“.

Intanto, la numero uno della Bce, Christine Lagarde, invita l’Europa a dimostrare coraggio: “Il Pil dell’Eurozona rischia di subire una contrazione del 15% – ha detto – Finora avete agito poco e in ritardo: serve subito un Recovery Fund forte e flessibile”.  

Qualsiasi forma assumerà, il Recovery Fund si sommerà al pacchetto da 540 miliardi già approvato dall’Eurogruppo, che comprende i prestiti senza condizionalità dal Mes per interventi sanitari “diretti e indiretti”, il potenziamento dei prestiti della Bei per le piccole e medie imprese e il nuovo fondo “Sure” per una sorta di cassa integrazione europea. Tutte misure operative già dal primo giugno.

Lo stesso Consiglio europeo ha sottolineato che l’Italia non ha chiesto l’attivazione del Mes e che in ogni caso nell’accordo è stato precisato in modo esplicito che per accedere al fondo salva-Stati non sono e non saranno previste condizionalità, né adesso né in futuro.

Parole che non sono bastate a placare l’opposizione italiana. Matteo Salvini ha definito Conte “un ladro di futuro, di democrazia, di libertà” e l’accordo raggiunto dal Consiglio europeo “un fallimento, una sconfitta, una disfatta”. Sulla stessa linea Giorgia Meloni, che parla di “una sconfitta che pagherà tutto il Paese” e di un “governo incapace di portare a casa il risultato”.

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