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Ue, quanto vale farne parte? Risponde Prometeia

Pixabay

Libera circolazione di merci, capitali e persone. Tutti e tre i pilastri del progetto europeo hanno portato un (notevole) beneficio all’Italia in termini economici. Lo evidenzia il centro studi indipendente Prometeia nel suo ultimo rapporto, dal titolo “62 anni dopo i trattati di Roma: perché abbiamo ancora bisogno d’Europa“, pubblicato non a caso pochi giorni prima delle elezioni europee.

Nel dettaglio, dall’analisi emerge che il nostro Paese ha tratto vantaggio dall’appartenenza all’Ue soprattutto sul versante commerciale, con la forbice fra esportazioni e importazioni che ha continuato ad allargarsi nel corso dei decenni, ovviamente a vantaggio delle prime.

COMMERCIO

In particolare, la bilancia commerciale italiana è passata da un saldo medio positivo di 460 milioni negli anni Sessanta (pari allo 0,5% del Pil) a un saldo medio positivo di oltre 50 miliardi (il 3% del Pil) negli ultimi cinque anni (dati in dollari a prezzi correnti). Verso il mercato unico europeo sono destinati ancora oggi il 56% delle esportazioni nazionali e un ulteriore 15% è riconducibile a mercati con cui la politica commerciale comune ha stretto accordi preferenziali, migliorandone l’accessibilità soprattutto per le piccole e medie imprese.

“In una rivisitazione del Cost of non-Europe, Mayer et al. (2018) confrontano i vantaggi dell’Unione rispetto ad un accordo commerciale regionale (in seguito RTA, Regional Trade Agreement) standard – scrive Prometeia – L’Italia risulta tra i Paesi che trae i maggiori benefici in termini di incremento del commercio grazie all’adesione all’Ue, con un incremento stimato del 45% per l’intero commercio, e del 139% solo per il commercio intra-Ue (rispetto a una media Ue pari rispettivamente a 36% e 109%)”.

CAPITALI

Per quanto riguarda la circolazione dei capitali, Prometeia sottolinea che la maggiore libertà d’impresa nel territorio dell’Unione ha consentito a molte multinazionali europee di espandersi in Italia, aiutando la crescita economica e occupazionale del Paese. Stando al report, oggi i gruppi europei attivi nello stivale sono quasi 9mila e contribuiscono al funzionamento del sistema produttivo impiegando 780mila addetti e generando ricchezza per oltre 290 miliardi di euro. In modo speculare, le imprese all’estero controllate da gruppi italiani sono oltre 12mila, impiegano 700mila addetti e fatturano 250 miliardi.

PERSONE

L’analisi di Prometeia si concentra anche sul progetto Erasmus, che ogni anno consente a migliaia di studenti universitari di formarsi all’estero e per questo rappresenta l’esempio più tipico di ciò che di buono può produrre la libera circolazione dei cittadini comunitari. Si stima che, entro il 2020, l’Erasmus avrà dato l’opportunità di studiare o svolgere un tirocinio all’estero a quasi il 4% dei giovani europei: nella classifica, l’Italia è al quarto posto per le partenze (oltre 35mila nel 2017) e al quinto per gli arrivi (25mila). “L’Erasmus contribuisce allo sviluppo di un mercato del lavoro europeo integrato – scrive l’istituto di ricerca – si stima che la partecipazione al programma abbia un forte effetto positivo sulla probabilità (+15/20%) di lavorare all’estero”.

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Categories: Economia e Imprese