Il pacchetto presentato oggi a Bruxelles dalla Commissione Europea viene incontro alle richieste dell’Italia, e della Francia, di una maggiore flessibilità. Nelle proposte legislative presentate oggi, che riguardano nuove norme interpretative sul Patto di Stabilità e Crescita e i testi legislativi del nuovo Fondo investimenti da 315 miliardi, che rappresentano la base giuridica su cui far partire il piano di Juncker (che andrà ora all’esame di Parlamento e Consiglio), è previsto un trattamento “favorevole” delle quote dirette degli Stati nel Fondo europeo nella valutazione della finanza pubblica “indipendentemente dalla precisa contabilizzazione statistica” mentre gli investimenti e le riforme strutturali potrebbero dare più margine ai Paesi non in linea alle regole europee sul bilancio, come la Francia o l’Italia, riducendo la probabilità di sanzioni nei loro confronti.
“Ci siamo assicurati che il patto di stabilità e di crescita sarà applicato in modo intelligente, efficace e credibile in modo da facilitare le riforme strutturali e gli investimenti per sostenere la crescita e creare più posti di lavoro” ha detto a Valdis Domobrovskis, vice presidente della Commissione Ue, per il quale si sta fornendo un’interpretazione del Patto e non si sta cambiando o emendando nessuna delle regole. In altre parole, Francia e Italia, che aspettano il giudizio definitivo di Bruxelles sulla legge di Stabilità, potranno godere di un maggiore spazio temporale per consolidare i propri conti pubblici e utilizzare tutta flessibilità prevista dalle regole per stimolare la debole crescita economica a patto di presentare interventi adeguati nell’ottica della modernizzazione (tre gli aspetti su cui si articola il pacchetto che riguarda le finanze pubbliche: le riforme che devono avere un impatto importante e di lungo termine sul bilancio nazionale; gli investimenti nei progetti cofinanziati con l’Unione; le condizioni economiche del singolo Paese a cui deve essere adattato il risanamento).
Le due principali novità del pacchetto di norme relative al Fondo di investimento riguardano poi l’intervento dei privati l’ambito di applicazione, che non interesserà soltanto i progetti di interesse transfrontaliero. Nel dettaglio il Fondo europeo per gli investimenti strategici sarà aperto anche alla partecipazione di entità del settore privato ed esterne all’Unione europea a patto che ci sia l’accordo degli Stati Ue. In ogni caso la Commissione precisa che “non dipende da denaro privato” perché ritiene sia in grado di funzionare con la base di garanzie Ue, l’apporto della Bei ed eventualmente del contributo diretto degli Stati membri (potranno partecipare anche le banche di sviluppo pubbliche nazionali o altre agenzie pubbliche o controllate dai governi). Questi ultimi, è chiaro, aspettano di studiare i contenuti del testo legislativo presentato oggi prima di decidere se partecipare direttamente con contributi nazionali o meno. E nell’idea della Commissione il denaro privato dovrebbe in primo luogo partecipare al co-finanziamento di progetti specifici.
ll Fondo per gli investimenti punta a fornire la “tranche” più rischiosa dell’investimento allo scopo di massimizzare il contributo dei privati. L’effetto moltiplicatore? Superiore a 15 (un euro di capitale pubblico sarebbe in grado di mobilitare fino a 15 euro di investimento), soglia considerata “conservativa” dalla Commissione. L’auspicio è che si arrivi a 18 o persino 20. Stime che arrivano dall’esperienza della Bei o da altri programmi di finanziamento. La partenza del Fondo è attesa per luglio e sarà gestito da un board che deciderà sugli orientamenti generali degli interventi, sulla gestione degli asset e sul profilo di rischio. Il funzionamento della governance prevede che fino a quando i soci saranno Bei e Commissione, il numero dei membri e i voti dipenderanno dai loro contributi e tutte le decisioni saranno prese per consenso. Successivamente, se si dovessero aggiungere altri soci, il numero dei membri e voti saranno proporzionati ai contributi e le decisioni saranno prese a maggioranza semplice in mancanza dell’unanimità. Commissione e Bei avranno però una sorta di diritto di veto: nessuna decisione potrà essere presa contro il loro parere. Un punto, questo, che tuttavia dovrà passare dall’approvazione di governi e Parlamento.
Il Fondo si baserà “su criteri stretti di qualità e non ci saranno quote specifiche nazionali o di settore”. Un punto controverso perché molti molti governi non hanno fatto mistero che il miglior incentivo alla capitalizzazione diretta del Fondo sarebbe la certezza di rivedere i soldi in termini di sostegno ai progetti nazionali. Entrando nel merito della tipologia dei progetti, la Commissione europea indica che dovranno riguardare le infrastrutture di trasporti in particolare nei centri industriali, l’energia in particolare per le connessioni, il settore digitale, i progetti per l’educazione, la salute, la ricerca e sviluppo, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, le infrastrutture nel settore sociale, ambientale e delle risorse naturali, il sostegno alle società fino a tremila addetti incluso il finanziamento per il capitale di rischio. Condizione è che i progetti siano “economicamente gestibili e sufficientemente maturi per essere valutati e avere il potenziale di attrarre altri fonti di finanziamento”. In preparazione è un centro di assistenza per i progetti, uno “sportello” di consulenza dove verrà dato supporto nell’identificare i progetti, prepararli e finanziarli.