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Ue, Padoan e 7 ministri per nuovo Patto

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan insieme ad altri sette colleghi di diversi paesi europei (Spagna, Portogallo, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Slovenia, Repubblica Slovacca) ha scritto una lettera al vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e al commissario per gli Affari economici Pierre Moscovici per chiedere che venga modificato uno dei parametri chiave del Patto di stabilità e crescita europeo che regola l’equilibrio strutturale di bilancio. La lettera è stata inviata in seguito al presidente dell’Ecofin Jeroen Dijsselbloem perchè sia diffusa agli altri membri dell’Ecofin.

Nella lettera inviata la scorsa settimana, l’Italia, insieme ad altri sette paesi europei, chiede di rivedere non il modello complessivo basato sull’output potenziale che serve per tenere sotto controllo le finanze pubbliche, ma “l’orizzonte temporale adottato dalla Commissione europea per le proprie previsioni macroeconomiche” armonizzandolo con quello dei programmi di Convergenza dei paesi. Il criterio dell’output potenziale è alla base del calcolo delle correzioni di bilancio che la Commissione impone ai paesi che si allontanano dal pareggio strutturale di bilancio. In pratica, gli obiettivi di bilancio, negoziati da ciascun Paese con la Commissione europea, sono individuati in termini di saldo strutturale, cioè la differenza tra entrate e uscite al netto del ciclo economico e delle una tantum. Il saldo strutturale è calcolato a sua volta  in base all’output gap, la differenza tra tasso di crescita potenziale ed effettivo.

Il divario tiene conto di quello che gli economisti chiamano il tasso di disoccupazione di equilibrio (Nawru secondo l’acronimo in inglese), il livello della disoccupazione che non si traduce in un aumento di salari e prezzi. Secondo il governo italiano, il metodo adottato dalla Commissione europea danneggia l’Italia, le cui finanze pubbliche sarebbero altrimenti già in equilibrio seguendo regole diverse.

“Oggi – si legge nella lettera degli otto ministri dell’Economia – la Commissione stima l’output potenziale su un orizzonte di proiezione di due anni (2017 nel caso più recente), mentre gli Stati membri utilizzano un range di quattro anni (2019 nel caso degli attuali programmi di Stabilità/Convergenza) e questo produce discrepanze rilevanti in termini di equilibrio strutturale. Queste discrepanze dovrebbero essere eliminate”. Secondo gli otto ministri ci sono due strade per superarle: “Gli Stati membri accorciano il loro orizzonte temporale oppure la Commissione allunga il suo. Noi riteniamo – scrivono i ministri – che l’utilizzo di proiezioni macroeconomiche e fiscali di medio-termine dentro un orizzonte di previsione più lungo siano un vantaggio per la gestione solida e sostenibile delle finanze pubbliche. Perciò suggeriamo con forza che la Commissione estenda il suo orizzonte di previsione da due a quattro anni”.

I ministri non mancano infine di segnalare che “dubbi più sostanziali sono stati sollevati sulla metodologia” attuale ed è stato suggerito “di affiancare all’output gap altri indicatori. Anche se queste preoccupazioni non sono il tema della lettera – concludono – sosteniamo la necessità di intensificare il lavoro tecnico su questa materia”.

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