Mercoledì 29 maggio l’Ecofin, il Consiglio dei ministri dell’Economia e delle Finanze dell’UE, darà – salvo improbabili sorprese dell’ultim’ora – il segnale di via libera per la chiusura della procedura di infrazione per eccesso di deficit. Il nostro Paese uscirà quindi dal regime di “sorveglianza speciale” imposto dalla Commissione europea nell’ottobre 2009 poiché il disavanzo pubblico aveva raggiunto il 5,3% del Prodotto interno lordo, quota nettamente superiore rispetto al superato il tetto del 3% fissato dal Patto europeo di stabilità e crescita.
La chiusura della procedura di infrazione era nell’aria già da qualche mese. In febbraio, infatti, il commissario europeo per gli Affari economici e finanziari Olli Rehn aveva anticipato che “molto probabilmente” prima di giugno alcuni Paesi membri, fra i quali l’Italia, sarebbero usciti dal regime di sorveglianza. Ma ieri, per vie informali, dagli uffici della Commissione di Bruxelles è uscita la bozza del documento che sarà sottoposto all’Ecofin per l’approvazione.
In questa bozza viene osservato che, dopo le severe manovre finanziarie attuate dai governi Berlusconi e Monti, il disavanzo italiano è rientrato entro il limite imposto dal Patto di stabilità e crescita. Secondo le ultime valutazioni della Commissione, quel rapporto si è ridotto infatti al 3% tondo l’anno scorso e arriverà al 2,9% alla fine del 2013.
Questo non significa però, naturalmente, che si possa aprire una stagione di spese incontrollate. Il Patto stabilisce infatti che, contestualmente alla chiusura della procedura di infrazione, la Commissione renderà note anche le raccomandazioni specifiche per il nostro Paese. Raccomandazioni che discendono da una valutazione dettagliata della situazione economica, di bilancio e occupazionale nonché sui programmi di riforme e di stabilità presentati. Se lo riterrà necessario, la Commissione inoltre potrà raccomandare ulteriori misure strutturali, di bilancio e a sostegno della crescita da adottare nei 12 mesi successivi.
Per quel che si è appreso a Bruxelles, le raccomandazioni indirizzate all’Italia riguarderanno alcuni punti critici per altro non nuovi. La Commissione chiederà innanzi tutto di proseguire l’azione di consolidamento del bilancio. E inoltre di rendere più efficiente la pubblica amministrazione; di migliorare l’efficacia e la produttività del sistema bancario; di accentuare la flessibilità del mercato del lavoro incentrando maggiormente la contrattazione sul livello aziendale rispetto a quello nazionale; di rendere le politiche di formazione dei lavoratori più attente e vicine alle reali esigenze del mercato del lavoro; di ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese; di aprire maggiormente alla concorrenza il mercato dei servizi.
Parallelamente agli impegni sollecitati dalla Commissione, per i tre anni successivi all’uscita dalla procedura l’Italia potrà anche giovarsi della regola, fissata dal Patto di stabilità e crescita, secondo la quale, come ogni Paese in questa condizione, sarà esentata dall’obbligo di ridurre di almeno il 5% all’anno il rapporto debito/Pil oltre la soglia del 60%. Norma particolarmente utile per un Paese come il nostro, con un debito pubblico che sta per arrivare al 130% del Pil.
La previsione dell’imminente uscita dalla procedura per deficit eccessivo è stata accolta con “soddisfazione” negli ambienti di Palazzo Chigi. Dove, secondo indiscrezioni, qualcuno avrebbe commentato: “Finalmente una buona notizia per il Paese”. Per una valutazione più articolata si attende però che il Consiglio Ecofin formalizzi la decisione. Intanto il ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato, in un’intervista, ha detto: “Adesso che si chiude il processo di infrazione dovremmo avere margini di manovra un po’ più ampi”.
In cifre, questi margini di manovra dovrebbero significare un aumento di 7-10 miliardi di spesa l’anno per investimenti pubblici produttivi, che potrebbero essere scomputati dal calcolo del disavanzo. Questi fondi però non potranno essere impiegati per coprire la spesa corrente.
A Bruxelles intanto si fa osservare che l’abrogazione della procedura per deficit eccessivo è “un chiaro segnale ai mercati che le finanze pubbliche di un Paese sono solide e sostenibili”, e avrà l’effetto di favorire un’ulteriore riduzione degli interessi sul debito pubblico.
E sempre a Bruxelles si va ampliando l’area di coloro i quali sostengono – considerato il fatto che in questi anni di crisi solo 4 Paesi membri dell’UE su 27 sono riusciti a evitare la procedura per deficit eccessivo (ai quali vanno aggiunti la Bulgaria, la Germania e Malta, che ne sono usciti l’anno scorso) – che i vincoli imposti dal Patto di stabilità e crescita hanno accentuato la recessione, e che dunque andrebbero allentati per favorire la crescita.