L’Unione europea è in piena corsa per avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina entro la fine di giugno, prima che l’Ungheria di Viktor Orbán assuma la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue (dal primo luglio). In questo contesto, la Commissione europea ha ufficialmente confermato che sia l’Ucraina che la Moldavia soddisfano tutti i requisiti necessari per avanzare nel processo di adesione. Ora tocca agli Stati membri guidare la discussione sui prossimi passi.
La pressione per accelerare i procedimenti di adesione per Kiev è aumentata negli ultimi tempi, con i ministri di 12 Paesi membri dell’Ue che hanno sottolineato la necessità di avviare il processo entro la fine di giugno, prima del passaggio di consegne a Budapest per la guida semestrale dell’istituzione Ue. Ma perché tanta fretta? Questo tempismo serrato è dettato principalmente dalle preoccupazioni riguardo al modo in cui Viktor Orbán potrebbe influenzare il corso degli eventi una volta al timone dell’Unione. Fin dalla sua intransigenza sulle sanzioni contro la Russia durante il conflitto in Ucraina, Orbán – ormai il più fedele alleato europeo di Vladimir Putin – ha dimostrato una tendenza a mettere in discussione le politiche dell’Ue. Recentemente, ha anche suggerito che l’Europa stia preparando l’entrata in guerra, sollevando ancora più interrogativi su come la sua leadership potrebbe influenzare le dinamiche regionali e globali. In questo contesto, l’Ue cerca di agire rapidamente per garantire che il processo di adesione dell’Ucraina non sia ulteriormente rallentato o complicato dai giochi politici di Orbán.
Le speranze dell’Ucraina
Le speranze dell’Ucraina risiedono nell’avvio dei negoziati di adesione all’Ue. L’Ucraina ha chiesto di unirsi all’Ue subito dopo l’invasione russa del 2022, seguita da Georgia e Moldova. Nel giugno 2022, il Consiglio europeo ha accettato la loro candidatura, rendendo i tre Paesi i nuovi aspiranti all’adesione. La Commissione Ue ha proposto di avviare i negoziati con loro nel Pacchetto Allargamento Ue 2023, approvato dai leader dei 27 Stati membri nel dicembre dello stesso anno. Ora, l’Ue aspetta solo di iniziare ufficialmente i negoziati, ma questo step si è scontrato più volte con l’atteggiamento ostruzionista del premier ungherese. Fino al Consiglio europeo del 14 dicembre 2023: Orbán ha lasciato la sala al momento del voto, permettendo agli altri 26 leader Ue di dare il via libera ai negoziati di adesione. Al successivo vertice di marzo, i capi di Stato e di governo hanno invitato i 27 ministri degli Affari europei ad “adottare rapidamente” i progetti di quadri negoziali e “a portare avanti i lavori senza indugio”.
I nodi aperti all’adesione dell’Ucraina all’Ue
Le preoccupazioni non si limitano al fronte politico. Per entrare nell’Ue, l’Ucraina deve compiere una serie di riforme giudiziarie, costituzionali ed economiche per adeguarsi alle normative europee, con particolare attenzione alla tutela delle minoranze nazionali e linguistiche, una questione rilevante per Orbán. L’Ue, in collaborazione con la presidenza belga in carica fino a fine giugno, e l’Ucraina hanno lavorato intensamente con Budapest per affrontare le preoccupazioni relative alle minoranze ungheresi in Ucraina, anche rispondendo a un elenco di 11 punti presentato dall’Ungheria. Inoltre, l’adesione dell’Ucraina solleva preoccupazioni economiche: il suo basso Pil pro capite potrebbe destabilizzare l’Unione, convertendo alcuni beneficiari netti in contribuenti netti. Gli esperti stimano che l’adesione dell’Ucraina potrebbe comportare costi tra 110 e 136 miliardi di euro sul bilancio settennale dell’Ue.
Si spera che il governo Orbán possa risolvere le questioni legate ai colloqui di adesione dell’Ucraina prima che l’Ungheria assuma la presidenza semestrale, evitando così un potenziale blocco del processo di adesione per i prossimi sei mesi. Ma prima di procedere, è fondamentale che i 27 governi concordino sul quadro negoziale proposto dalla Commissione europea. Solo con il via libera a questo quadro sarà possibile avviare la prima conferenza intergovernativa, forse già il 25 giugno durante il prossimo Consiglio Affari Generali, incaricato di decidere all’unanimità sull’avvio dei colloqui con i paesi candidati.
Bonino contro Orbán: bloccare la presidenza di turno dell’Ungheria
In questo contesto, Emma Bonino, leader di +Europa, in una lettera indirizzata al premier Giorgia Meloni e al ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha suggerito di posticipare la presidenza ungherese. Secondo Bonino, il Consiglio Ue, che prende decisioni cruciali per il futuro dell’Unione, non dovrebbe essere guidato da un leader che ha definito il suo paese una “democrazia illiberale” e che è sotto procedura di sorveglianza per violazioni dello stato di diritto.
Bonino suggerisce che molte decisioni del Consiglio Ue devono essere prese all’unanimità, ma c’è un’eccezione che può essere sfruttata: la successione dei Paesi alla presidenza del Consiglio dell’Unione può essere modificata a maggioranza qualificata. Propone di posticipare il turno di presidenza ungherese fino alla risoluzione positiva della procedura di sorveglianza in corso contro l’Ungheria. Questo, secondo la leader di +Europa, non sarebbe una sanzione, ma una misura di autotutela dell’Unione per proteggere i suoi valori fondamentali.
Bonino vede anche un’altra opportunità: se la presidenza venisse affidata alla Polonia di Donald Tusk, invierebbe un forte messaggio a tutti i membri e ai paesi candidati sull’importanza di rispettare lo stato di diritto come prerequisito per partecipare all’Unione, beneficiando del mercato unico e dei finanziamenti europei.
Tajani ha risposto chiarendo che l’Italia non può interferire con il governo legittimamente eletto di un altro Stato membro, sottolineando che privare l’Ungheria della presidenza sarebbe una violazione delle norme Ue. Tuttavia, ha riconosciuto le preoccupazioni riguardo alle scelte di Orbán.
In un’Europa sospesa tra ambizioni di integrazione e sfide geopolitiche, l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue si gioca sul filo delle manovre politiche di Orbán, mentre il tempo scorre inesorabile verso la presidenza ungherese.