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Ue-Cina, fra rischi e opportunità

“Questa è l’ora in cui l’Europa dovrebbe abbandonare incertezze e paure, convincendosi che partire alla conquista del mercato cinese non è un rischio, ma è un’opportunità, una grande opportunità. Da affrontare, certamente, in un contesto di regole chiare e rispettate da ambo le parti. Ma per misurarsi in una sfida simile, una condizione è irrinunciabile: l’Unione europea dovrà presentarsi alla trattativa con una voce sola. Soltanto così sarà forte e rispettata”. Enzo Rivellini, appartenente al gruppo del Partito popolare europeo, presidente della delegazione dell’Europarlamento per le relazioni con la Repubblica popolare cinese, è un sostenitore convinto della convenienza, per l’Unione europea, di concludere un accordo commerciale con il gigante asiatico, che già oggi il secondo partner commerciale dell’Europa (questa, dal canto suo, è il primo partner per la Cina). E ne illustra le motivazioni in questa intervista rilasciata a Firstonline a Strasburgo in un periodo in cui il tema dei rapporti commerciali con Pechino è fra quelli al centro dell’attenzione da parte delle istituzioni europee.

Il colloquio con Rivellini si è svolto praticamente all’indomani dell’affidamento alla Commissione europea, da parte del Consiglio Affari esteri, del mandato di avviare, a nome dell’UE, un negoziato (la cui durata non dovrà andare oltre due anni e mezzo) per un accordo sugli investimenti europei in Cina e su quelli cinesi in Europa. E alla vigilia del terzo incontro ad alto livello sul dialogo commerciale UE-Cina, in programma a Bruxelles.

Ed è utile inoltre tener presente che le valutazioni del presidente della delegazione dell’Europarlamento per le relazioni con la Repubblica popolare cinese sono successive anche all’approvazione, da parte dell’Assemblea di Strasburgo, della risoluzione che ha fissato paletti abbastanza rigorosi da rispettare (riequilibrio dell’enorme surplus commerciale della Cina con l’UE, rispetto dei diritti umani da parte delle aziende produttrici cinesi, allentamento delle restrizioni che oggi pesano sulle esportazioni europee in Cina) all’interno di un accordo che, quando (e se) sarà concluso, dovrà essere sottoposto all’approvazione anche dell’Europarlamento.

FIRSTonline – Considerato che il surplus commerciale cinese negli scambi con l’UE ammonta (l’ultimo dato si riferisce al 2012) a 146 miliardi di euro, che gli esportatori europei denunciano serie difficoltà nell’accesso al mercato cinese, che l’Europa è invasa da prodotti cinesi spesso contraffatti o non rispettosi delle norme di sicurezza, da dove nasce, Presidente, la sua convinzione che una più stretta partnership commerciale con la Cina può essere conveniente per i Paesi dell’UE?

Rivellini – Dalla previsione, condivisa dai maggiori istituti di ricerca economica mondiali, che nel 2030 – una data non troppo lontana da oggi – il 60% del Pil mondiale sarà prodotto dalle tigri asiatiche, e quindi in grandissima parte dalla Cina, e che a quell’epoca 220 milioni dei suoi abitanti avranno raggiunto un livello di reddito almeno pari a quello dei Paesi occidentali, e che quindi sarà di gran lunga il primo mercato mondiale. E allora l’UE che cosa farà: innalzerà un muro di protezionismo oppure cercherà di conquistare una quota di quell’immenso mercato?

FIRSTonline – La sua risposta qual é?

Rivellini – L’unica opzione sensata, per un’Unione che già conta 500 milioni di abitanti e circa 13.000 miliardi di euro di Pil, è la seconda. Per noi europei scegliere la prima sarebbe una follia. Se il tavolo di confronto dovesse essere frammentato in 28 spezzoni, uno per ogni Stato membro UE, perderemmo tutti. Anche quei Paesi, come la Germania e la Francia, che oggi sono in prima fila nel corteggiamento a Pechino sospinti dall’illusione di poter ottenere qualche vantaggio sugli altri europei. 

FIRSTonline – E ci riusciranno?

Rivellini – Nell’immediato potrebbero, ma in una prospettiva di medio-lungo periodo certamente no. Per il semplice motivo che i cinesi fanno già fatica oggi a districarsi nel labirinto formato da 26 sistemi normativi, economici, commerciali diversi (tanti sono gli accordi commerciali firmati da Pechino con altrettanti Stati membri dell’UE) e finiranno col preferire un accordo unico con l’Unione europea. Converrà anche a loro.

FIRSTonline – L’Europa si avvia quindi, secondo lei, a un matrimonio di interesse con la Cina. Non ci sono altre opzioni?

Rivellini – Penso proprio di no. Perché? I cinesi sono interessati all’Europa, un enorme mercato dove vendere i loro prodotti. E noi europei, se ci decideremo a ragionare con i piedi per terra, ci renderemo conto che espanderci verso la Cina potrà essere molto conveniente. Ma dovremo cambiare mentalità. 

FIRSTonline – In che senso?

Rivellini – Dovremo essere sempre più pratici e concreti, metterci al passo con i cinesi. Che sono già stanchi delle difficoltà che incontrano in Europa. Dove in prospettiva non c’è un solo porto – dicono – in grado di smaltire le enormi quantità di merci che prevedono di indirizzare dalle nostre parti.

FIRSTonline – E allora?

Rivellini – Hanno avviato la costruzione in pochi anni di un’opera ciclopica: una linea ferroviaria ad alta velocità che sarà destinata esclusivamente al trasporto delle merci. Diecimila chilometri di binari che collegheranno la città cinese di Zhengzhou ad Amburgo nel tempo record, per quella distanza, di quindici giorni. E noi, in Italia, non riusciamo ancora a completare la costruzione del tratto dell’alta velocità in Val di Susa…

FIRSTonline – Sì, certo, i cinesi sono più efficienti di noi europei. E però riescono a raggiungere certi risultati grazie al lavoro coatto nei campi di concentramento: una pratica che a noi europei ripugna…

Rivellini – E qui si apre un capitolo di confronto che da parte nostra richiede un approccio diverso, meno ideologico e più pragmatico.

FIRSTonline – Cioé in concreto?

Rivellini – Si tratta di intavolare una trattativa equilibrata fra due soggetti con pari dignità e capaci di nutrire rispetto reciproco. Partendo quindi dal presupposto che questo accordo con la Cina deve essere il primo passo in direzione di un cambio di strategia. E non dimenticando mai che su certi temi i cinesi sono particolarmente suscettibili.

FIRSTonline – Intende dire che bisogna accantonare il tema del rispetto dei diritti umani in Cina o quello della tutela dalle contraffazioni?

Rivellini – Dico che è opportuno e giusto incardinare il rapporto in un contesto di regole. E aggiungo che al di sotto di una soglia minima di accettabilità noi europei non possiamo andare. Ma sostengo anche che avviare un negoziato con i cinesi partendo dalla questione dei diritti umani significa sentirsi rispondere che “queste sono questioni interne”, e quindi affossarlo in partenza.

FIRSTonline – Quale potrebbe essere invece, a suo giudizio, un approccio destinato a un’accoglienza migliore da parte cinese?

Rivellini – Porre la questione del miglioramento dal punto di vista giuridico la protezione reciproca degli investimenti nei settori-chiave della tecnologia e del diritto di proprietà intellettuale, la riduzione degli ostacoli agli investimenti in Cina garantendo un miglior accesso delle imprese europee al mercato cinese, e affrontare senza indugio la questione della joint venture obbligatoria imposto dalla Cina alle imprese straniere per poter avviare un’attività in quel Paese. Insomma, per intendersi, l’approccio come quello del mio collega leghista Matteo Salvini quando urla che “questa Europa e questo euro sono un truffa, sono responsabili di migliaia di suicidi e di milioni di disoccupati” è una strada senza uscita.

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