Tutto come da programma. La lenta macchina dell’Unione europea muove a fatica i primi timidi passi verso quel cambio di paradigma sull’architettura della difesa continentale, problema diventato ormai “esistenziale” per la sopravvivenza delle stesse istituzioni europee secondo l’avviso lanciato alcuni giorni fa dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.
Ue, accordo sul piano di riarmo
Ieri vertice straordinario sul programma ReArm Ue da 800 miliardi di euro e analisi della situazione in Ucraina dopo la decisione degli Usa di sospendere l’invio di aiuti militari a Kiev. Il dialogo tuttavia prosegue e martedì prossimo a Riad è previsto un nuovo incontro tra emissari americani e ucraini mentre il presidente Volodymir Zelensky ieri a Bruxelles per partecipare all’incontro con i 27 continua a trovare il pieno sostegno europeo a cominciare dal presidente francese Emmanuel Macron che ha offerto insieme al primo ministro inglese Keir Starmer una copertura nucleare per tutta l’Europa.
Ue, il veto di Orbán che resta isolato
Il Consiglio europeo ha trovato quindi l’accordo sul programma per rafforzare la difesa europea sulla base del piano proposto dalla Commissione europea che prevede la massima flessibilità sulle spese dei Paesi membri, la raccolta sul mercato di 150 miliardi con l’emissione di obbligazioni Ue per prestiti ai Governi a tassi agevolati e a scadenza lunga, la possibilità di utilizzare i fondi della coesione per investimenti per la difesa. Le conclusioni sull’Ucraina sono state invece adottate solo da 26 Stati membri. Resta pertanto il veto del premier ungherese, Viktor Orbán, che non ha permesso l’adozione unanime delle conclusioni. L’opposizione del premier ungherese è quindi rimasta mentre il veto slovacco sarebbe caduto di fronte all’inserimento nel testo di garanzie sul transito del gas in Ucraina.
Ue, il libro bianco sulla difesa europea
Il Consiglio europeo si aspetta che nel libro bianco sulla difesa europea che sarà presentato dalla Commissione a metà mese ci siano “ulteriori elementi e opzioni che mirano ad aumentare sostanzialmente i finanziamenti per la difesa europea e a rafforzare la base industriale e tecnologica di difesa europea”. Somme ulteriori rispetto a quanto indicato nelle proposte di cui hanno discusso i 27 leader per un piano straordinario per finanziare le spese per la difesa (650 miliardi di spazio di bilancio nazionale allargando le maglie del patto di stabilità e 150 miliardi di prestiti ai governi con fondi raccolti sul mercato dalla Commissione europea). Nella dichiarazione finale del vertice non si citano le opzioni in ballo, ma da tempo si ragiona anche su queste due ipotesi: la prima è l’emissione di debito comune sulla scia del Recovery Fund con cui vengono finanziati i Pnrr, la seconda è il ricorso al Meccanismo europeo di stabilità, il fatidico Mes il cui trattato l’Italia deve ancora ratificare. Il libro bianco di Bruxelles servirà ad avviare una discussione tra i governi.
Ue: il piano di riarmo e la posizione di Meloni
Molto articolata la posizione italiana. La premier Giorgia Meloni ha salutato positivamente il fatto che “all’indomani della proposta di Ursula von der Leyen di aprire allo scomputo delle spese di difesa dal calcolo deficit/Pil, ci sia anche un dibattito che comincia ad aprirsi su una revisione complessiva del Patto di stabilità”. Ipotesi che per Meloni dovrebbe riguardare oltre alla difesa anche la competitività. Quanto all’utilizzo dei fondi di coesione per l’acquisto di armi secondo Meloni “l’Italia ha segnalato che la gran parte di queste risorse sono risorse che in qualche maniera hanno a che fare con il debito.
Chiaramente quando nazioni come la nostra si approcciano con la materia del debito ci sono dei rischi che vanno tenuti in considerazione. Io penso che, ad esempio, stiamo elaborando adesso questa proposta che verrà portata dal ministro Giorgetti al prossimo Ecofin, che si debbano ad esempio immaginare strumenti di garanzia europee per gli investimenti privati sul modello di InvestEU, quindi stiamo facendo delle proposte per cui si possano reperire anche delle risorse per favorire gli investimenti e quindi anche creare posti di lavoro, aiutare le aziende con delle garanzie europee per quegli investimenti”.
A Meloni non piace neppure la parola riarmo perché “il concetto di difesa e sicurezza oggi riguarda tantissimi domini della vita quotidiana dei cittadini e non semplicemente essere dotati di adeguate armi, che è un tema. Ma c’è il tema delle materie prime, della cybersicurezza, delle infrastrutture critiche e tantissimi domini di cui dobbiamo occuparci quotidianamente”. Meloni è contraria anche all’ipotesi di una forza di pace europea come proposta da Parigi e Londra.
Sull’ingresso molto controverso dell’Ucraina nella Nato, Meloni sostiene piuttosto l’estensione dell’articolo 5 della Nato per l’Ucraina che ”sarebbe molto più efficace”.
Ue, le richieste di Zelensky
Il presidente ucraino Volodymir Zelensky, ha chiesto ai 27 che una parte delle nuove spese per la difesa venga destinato agli aiuti all’Ucraina. Zelensky ha anche annunciato che le squadre ucraina e americana “hanno ripreso a lavorare” e spera che la prossima settimana le due nazioni avranno un “incontro significativo”. L’incontro dovrebbe aver luogo martedì della prossima settimana in Arabia Saudita. Rubio, Witkoff, Waltz dovrebbero andare a Riad per incontrare rappresentanti ucraini, tra cui Yermak, braccio destro di Zelensky.
Il presidente ucraino ha anche affermato su X di aver deciso con Macron un incontro l’11 marzo “dei rappresentanti militari dei Paesi disposti a compiere maggiori sforzi per garantire una sicurezza affidabile nel contesto della fine di questa guerra” ovvero pronti a formare una coalizione a sostegno dell’Ucraina.