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“Ucraina libera e indipendente sarà il metro del successo o del fallimento della Nato”: intervista a Jackson Janes

Imagoeconomica

“Ho seguito con grande interesse il 75° anniversario della Nato. Si ha l’impressione di un’Alleanza Atlantica più forte rispetto a qualche anno fa, almeno in termini di ambizioni. Il problema rimane l’asimmetria delle intenzioni che tengono in piedi l’equazione transatlantica, un dato di fatto che sarà presente ancora per molto tempo. Nonostante l’Europa stia iniziando a “svegliarsi” rispetto alle sue responsabilità sul palcoscenico mondiale. La grande incognita riguarda i sommovimenti politici domestici, negli Stati Uniti come in Europa”. È l’analisi di Jackson Janes, senior fellow al German Marshall Fund, l’influente think tank statunitense che dal 1972 promuove la cooperazione tra l’America del Nord e l’Europa. Jackson Janes è inoltre presidente emerito dell’American Institute for Contemporary German Studies alla Johns Hopkins University di Washington.

Lei parla di un’asimmetria delle intenzioni tra le due sponde dell’Atlantico. La Nato è destinata a diventare più forte o più debole in futuro?

“La Nato sarà più forte se ci sarà una soluzione per sostenere l’Ucraina come Paese libero ed indipendente. Questo sarà il metro del successo o del fallimento. Gli Stati Uniti sono consapevoli che per affrontare con successo le attuali sfide globali avranno bisogno di alleati forti. D’altro canto, se l’Europa vuole essere un leader nella partnership dovrà definire bene cosa richiede tale leadership, sia a livello nazionale che a livello collettivo”.

L’Unione europea ha appena rinnovato il suo Parlamento e molti governi continentali stanno affrontando elezioni governative complicate. Alla fine dell’anno, anche gli Stati Uniti voteranno. Cosa prefigura per l’evoluzione delle relazioni euro-atlantiche?

“L’evoluzione delle relazioni euro-atlantiche sarà oggetto di profonde tensioni, provenienti dalle forze centrifughe negli ambiti domestici su entrambe le sponde dell’Atlantico e dalle forze centripete geopolitiche e geo-economiche operanti nell’arena globale. Forgiare una narrativa comune sulle minacce globali e sui cambiamenti di potere in un ambiente sempre più multipolare è molto difficile. Ma quando anche la battaglia sulle narrative nazionali produce scontri e conflitti, la capacità di costruire un consenso transfrontaliero è ancora più minacciata. Dovremo affrontare anni difficili per lo sviluppo di risposte comuni rispetto alle minacce condivise, soprattutto se le leadership di alcuni importanti Paesi dell’Alleanza si indeboliranno”.

L’Alleanza tiene se le contestazioni rimarranno solo monodirezionali, se diventeranno bidirezionali i rischi di frattura sono alti. È questo il ragionamento?

“Oggi gli Stati Uniti si stanno sforzando per trovare un terreno comune con i partner dell’Alleanza. Ma i governi europei sono sottoposti a notevoli cambiamenti che contribuiscono a rendere imprevedibile il futuro delle relazioni euro-atlantiche. La tendenza conservatrice di destra su entrambe le sponde dell’Atlantico solleva inoltre molti interrogativi sul futuro della solidarietà euro-atlantica”.

Al di là della confusione domestica nelle democrazie occidentali, quali aspetti legano gli Usa e l’Europa ad un livello di profondità che va oltre la congiuntura politica?

“L’Europa e gli Stati Uniti condividono l’interdipendenza costituita da forti legami economici e al tempo stesso la vulnerabilità strategica che minaccia quei legami. Rispondere a queste sfide in nome di un investimento comune, sia nelle istituzioni sia nei valori che le sottendono, è stato il fondamento dell’era post-Seconda Guerra mondiale guidata dagli Stati Uniti. L’ordine globale basato sulle regole del passato è ora sfidato da Russia, Cina, Corea del Nord e Iran. Le guerre in Ucraina e in Israele-Gaza contribuiscono a creare ulteriori divisioni”.

Cosa potrà allora far peggiorare a livello strategico le relazioni tra Washington e l’Europa?

“Un profondo conflitto di opinione sulle risposte da dare alla crescente forza globale della Cina, all’aggressione della Russia o alle minacce per l’emergenza ambientale sono le tre questioni che metteranno a dura prova il dialogo transatlantico negli anni a venire”.

Qual è l’opinione prevalente negli Usa dell’attuale debolezza dell’economia tedesca: si tratta solo di una fase transitoria?

“Penso che sia in atto una vera e propria Zeitenwende (svolta epocale). La Germania deve decidere in quali settori industriali sarà fondamentale innescare una nuova ondata di innovazione e crescita, che non la lascerà dipendente da un Paese o un altro, sia per le forniture energetiche sia per i suoi mercati di esportazione. La Germania ha una storica forza industriale, ma ha bisogno del supporto del suo Mittelstand (sistema di piccole e medie imprese). Servirà molto più consenso tra governo e industria di quello che c’è oggi per far ripartire una macchina economica così potente e complessa. Questa è stata la sua formula di successo in passato. Al momento, è una relazione tesa”.

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