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Ucraina, Europa disorientata in attesa di Trump: cosa è successo alla cena dei big a casa di Rutte

Imagoeconomica

L’ombra di Trump incombe sull’Europa. E quella che si vede è un’Europa ripiegata su sé stessa, in attesa del 20 gennaio, data dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, che si mostra fragile, divisa, priva di capacità decisionale. L’ultima prova? La cena di mercoledì sera nella residenza del segretario generale della Nato, Mark Rutte insieme al presidente ucraino Volodimir Zelensky. Proprio lì è andato in scena l’ultimo atto del grande smarrimento europeo di fronte alle incertezze della nuova amministrazione americana sul futuro della crisi ucraina.

Esterno notte. Boss Square, chiamata anche Piazza dei miliardari, angolo di Bruxelles vicino al Boi della Cambre che ospita personalità come la nipote di Picasso così come gran parte delle residenze diplomatiche. Rutte (che, ironia della sorta, era il leader dei cosiddetti “frugali”) è il padrone di casa e dispensa sorrisi e battute con tutti i suoi ospiti riuniti intorno al presidente ucraino. C’è il cancelliere tedesco, il presidente francese (che poi partirà subito per Mayotte) la premier italiana, la premier danese, quello belga, il presidente polacco.

Ucraina: la cena dei big nella residenza di Rutte, cosa è successo

Menù leggero per un pranzo di lavoro che si preannuncia complicato. Zelensky ha già spiegato che molto difficilmente l’Ucraina riuscirà con le sue forze a riprendersi Crimea e Donbass. Chiede agli europei uno sforzo aggiuntivo tanto più che le notizie che arrivano dal fronte parlano di una nuova offensiva in grande stile russa prima del 20 gennaio o perfino in coincidenza con l’insediamento di Trump.

Prevale un senso generale di attesa. Nessuno sa esattamente cosa farà Trump, se ridurrà gli aiuti a Kiev, in quali settori e in quale misura. Rutte cerca di impedire che la serata prenda una deriva pericolosa e fa di tutto per concretarsi sui risultati concreti finora ottenuti dai Paesi occidentali sul dossier Ucraina.

Zelensky disegna uno scenario assai poco incoraggiante. “Siamo in grande difficoltà – dice il presidente ucraino – rischiamo di cedere un altro pezzo di terreno. Abbiamo bisogno di qualsiasi cosa ci consenta di avere adeguata difesa aerea”.

Meloni in due interventi spiega la posizione italiana. Dobbiamo – dice – fare i conti con la realtà sul terreno e sulla realtà dei mezzi a nostra disposizione. Per noi – aggiunge – è anche un problema di politica interna. Ma è proprio il partito dei Fratelli d’Italia ad essere stato l’unico a sostenere l’Ucraina senza sfumature. E poi, aggiunge la premier, i cittadini italiani hanno sempre più difficoltà a comprendere l’utilità di tutti questi sacrifici economici e militari.

Il cancelliere tedesco Scholz recita il ruolo di chi ormai si sente fuori dai giochi e non ha più nulla da perdere. Alza la voce quando dice: “Qui tutti ci scambiamo delle bellissime chiacchere ma oltre alle parole ci sono i fatti e finora la sola Germania ha messo sul piatto 30 miliardi di aiuti all’Ucraina e voi altri europei cosa avete fatto?”. Scholz aggiunge di avere ricevuto richieste da parte di partiti tedeschi di tagliare la spesa pubblica per dare altri aiuti all’Ucraina. I insomma il suo mantra è: “abbiamo già dato”.

Macron cerca di mediare ma ha poco tempo e l’aereo che lo porta a Mayotte nell’Oceano indiano è pronto a decollare. Tutti cercano di capire cosa succederà ora nell’atteggiamento degli Stati Unit. A gennaio l’inviato Usa per l’Ucraina, Keith Kellogs, verrà in Europa (farà tappa anche a Roma). Forse allora le cose saranno più chiare. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sdrammatizza il dibattito e si concentra sulle infrastrutture energetiche dicendo che la Ue ha già stanziato risorse per ricostruire rete energetica.

Il presidente polacco Duda solleva la questione dei beni congelati. I 200 miliardi di euro (in gran parte depositati in banche belghe) possono essere oppure no utilizzati per finanziare l’aiuto a Kiev? Scholz è drastico: “Se facciamo questo, così uccidiamo l’euro, nessuno si fiderà più del nostro sistema bancario”. Altro è usare gli interessi dei depositi come garanzia. È quello che è stato deciso in sede G7 con un drive Usa. Un’operazione che consente ai 7 paesi più l’Ue di mettere a disposizione 50 miliardi per Kiev garantiti da interessi sui fondi.

Alla fine tutti si scambiano gli auguri per le feste di Natale. Nessuno ha la ragionevole certezza di potersi incontrare presto a Bruxelles o altrove. L’incertezza – e la paura del futuro – regnano sovrane. Solo Zelensky, il giorno dopo in conferenza stampa al Consiglio Ue, se ne uscirà con un “Welcome Donald”.

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