Il nulla di fatto nei negoziati tra Russia e Ucraina riporta il pessimismo sui mercati, con gli investitori che preferiscono andare all’incasso dopo il balzo di ieri.
I listini europei chiudono in calo e Wall Street avvia le contrattazioni in territorio negativo, anche a causa di una Bce più falco del previsto e di un’inflazione Usa che, in febbraio, ha aggiornato i massimi da 40 anni.
Contestualmente salgono i rendimenti dei titoli di Stato nella zona euro e negli Usa, mentre l’euro viaggia in altalena contro dollaro. È volatile il petrolio; scendono i prezzi del gas.
Piazza Affari è maglia nera
Piazza Affari è in maglia nera in Europa, con i titoli finanziari che lasciano sul campo gran parte dei guadagni di ieri. Il Ftse Mib perde il 4,2% e scivola sotto i 23 mila punti (22.886), facendo peggio di Madrid -1,16%, Londra -1,22%, Amsterdam -2,39%, Francoforte -2,92% e Parigi -2,83%.
Le vendite sul listino milanese fanno male soprattutto a titoli industriali e finanziari. La blue chip che registra il maggior ribasso del giorno è Azimut -11,04%, alla luce degli ottimi conti 2021 e delle previsioni 2022, ma a condizioni di mercato normali.
In scia nel risparmio gestito scende Banca Mediolanum -5,81%. Sono in profondo rosso le banche: Intesa -7,61%; Bper -7,49%; Unicredit -7,17%; Banco Bpm -5,59%.
In caduta anche la galassia Agnelli: Iveco -7,68%; Stellantis -7,23%.
Sono solo tre le big cap positive. In testa si afferma Telecom, +3,26%, che ha ritrovato slancio da quando si è riaffacciata la possibilità di un’offerta dal fondo Kkr e dopo la decisione del principale azionista Vivendi di svalutare la quota per 728 milioni.
Bene Leonardo, +1,49% che guarda alle maggiori spese in difesa decise dai vari governi. Tra i titoli oil l’unico in verde è Tenaris +1,57%.
Bce “falco” spaventa il secondario: sale lo spread
Guerra e politica monetaria piegano oggi azionario e obbligazionario italiani. Lo spread s’impenna del 13,56% e sale a 164 punti base. Crescono molto i tassi dei titoli della zona euro, in particolare del Btp 10 anni che si spinge a +1,9%, mentre il Bund di pari durata sale a +0,27%.
A far accelerare questo movimento sono state le decisioni della Bce che è stata giudicata più falco di quanto atteso. L’istituto centrale, come previsto, non ha toccato i tassi, ma a sorpresa ha accelerato sulla fine del programma di acquisto di asset che dovrebbe terminare nel terzo trimestre se l’andamento dell’inflazione sarà confermato.
Una mossa che ha portato in seduta in positivo persino il rendimento dei Bund tedeschi a 5 anni, come non avveniva dal 28 febbraio 2021.
Lagarde ha cercato di rassicurare, dicendo che la crisi in Ucraina è un “momento spartiacque” per l’Europa e l’Eurotower è pronta a fare “tutto il necessario” a sostegno dell’economia, incluso il sostegno della liquidità.
La Bce ha inoltre rivisto al ribasso le sue previsioni economiche per la zona euro: +3,7% nel 2022, +2,8% nel 2023, +1,6% nel 2024. A dicembre le stime erano del 4,2% nel 2022, del 2,9% nel 2023 e dell’1,6% nel 2024. Nel primo trimestre 2022 la crescita rimarrà debole e il futuro dipenderà in gran parte dall’andamento della guerra e dalle sanzioni e altre misure.
Per quanto riguarda l’inflazione, Francoforte stima l’incremento dei prezzi al 5,1% nel 2022 e al 2,1% nel 2023.
Nessuna buona notizia sugli Eurobond arriva poi da Versailles, dove i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri dell’Unione Europea sono riuniti per discutere di difesa, crescita economica e approvvigionamento energetico. Secondo indiscrezioni stampa il progetto, sostenuto dalla Francia, avrebbe incontrato lo stop dei paesi del nord, in particolare Germania e Olanda.
Sul mercato dei cambi l’euro non trova pace e ha mutato più volte segno. Al momento è in ribasso contro il dollaro e tratta intorno a 1,1.
Wall Street in calo e tasso Treasury al 2%
Il rosso è acceso anche a Wall Street in queste ore e tocca pure i T-Bond, i cui prezzi sono in calo, con tassi in rialzo. Il decennale torna oltre il 2%, anche alla luce di un dato sull’inflazione di febbraio che alimenta ulteriormente le paure di stagflazione in attesa della riunione della Fed della prossima settimana.
A febbraio, i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati dello 0,8% rispetto al mese precedente, contro attese per un +0,7%, dopo il +0,6% di gennaio. Su base annuale, il dato generale ha messo a segno un +7,9%, superiore al 7,8% atteso e al 7,5% di gennaio. Si tratta del balzo maggiore dal gennaio 1982. Nell’ultimo anno, i prezzi energetici sono aumentati del 25,6%, quelli dei generi alimentari del 7,9%, l’aumento maggiore dal luglio 1981.
Nell’azionario sono in rosso i tre principali indici di New York. Goldman Sachs procede in calo dopo la decisione di lasciare la Russia, prima grande banca statunitense a compiere questo passo. La Russia non rappresenta comunque una grande porzione del suo business mondiale, visto che alla fine del 2021, l’esposizione creditizia nel Paese ammontava a circa 650 milioni di dollari.
Putin: “I prezzi dell’energia? Non è colpa nostra”
Tornano gli acquisti sui future del petrolio, mentre si ridimensiona il prezzo del gas, che resta in ogni caso molto alto. Nel primo pomeriggio il gas naturale perdeva l’8% circa ad Amsterdam per un prezzo di 143 euro al megawattora.
La corsa dei prezzi dell’energia, per il presidente russo Vladimir Putin, non è colpa di Mosca. “La Russia – sostiene – sta mantenendo tutti gli impegni presi in termini di approvvigionamento energetico” e tutte le forniture di idrocarburi concordate sono state consegnate in Europa e altrove. Anche “il sistema di trasporto del gas dall’Ucraina è al 100%”, nonostante il conflitto e le sanzioni occidentali. La Russia quindi “non è responsabile dell’aumento dei prezzi mondiali”.
Il petrolio, dopo il tonfo di ieri, appare volatile ma in parziale ripresa: il Brent al momento tratta in progresso dell’1,8% a 113,13 dollari al barile. Il Wti sale dell’1,3% a 110,1 dollari al barile.