Ubi Banca ha chiuso il 2017 con un utile contabile di 690,6 milioni di euro rispetto a una perdita di 830,2 milioni per Ubi “stand alone” nel 2016. Al netto delle componenti non ricorrenti, l’utile si è attestato invece a 188,7 milioni di euro, contro la perdita di 474,4 milioni per l’istituto “stand alone” di due anni fa.
Al risultato, spiega il gruppo in una nota, hanno contribuito i proventi operativi generati dal gruppo allargato alle tre banche acquisite (Etruria, Marche e Carichieti) per 3,58 miliardi, in crescita di circa 459 milioni rispetto ai 3,12 miliardi realizzati da Ubi “stand alone” nel 2016.
Gli oneri operativi – che non riflettono ancora i risparmi di costo previsti dal Piano industriale – si sono attestati invece a 2,43 miliardi, in crescita di soli 274 milioni rispetto ai 2,15 miliardi registrati “stand alone” nel 2016, grazie alle azioni di contenimento realizzate lo scorso anno.
Il Cet1 consolidato è all’11,43% “fully loaded”, dall’11,54% del 30 settembre 2017, e include la proposta di un dividendo di 11 centesimi per azione, per un totale di 125,5 milioni (contro i 107,1 milioni del 2016).
Ubi ha poi deliberato la vendita nel corso dei prossimi 3 anni di un pacchetto significativo di crediti deteriorati al fine di accelerare il raggiungimento di un ratio di crediti deteriorati lordi inferiore al 10% a cavallo tra il 2019 e il 2020, in funzione delle condizioni di mercato.
Rispetto alle prospettive sul 2018, “il risultato netto normalizzato è atteso in importante crescita” nel confronto con il 2017. Nel corso del 2018 con la migrazione di Banca Teatina entro fine febbraio, è previsto il completamento dell’integrazione delle nuove banche nel rispetto dei tempi e degli oneri di integrazione previsti. Sempre nel 2018 è in programma la cessione della prima tranche del portafoglio crediti deteriorati, identificati nel contesto della First Time Adoption del nuovo principio contabile internazionale Ifrs9 in vigore da gennaio.