Si chiama tecnicamente ride sharing, e negli Stati Uniti è già una solida realtà: milioni di utenti hanno già scaricato l’app di Uber, sostituendo il tradizionale servizio taxi e fruttando alla startup fondata a San Francisco nel 2010 un fatturato annuo stimato in 2 miliardi di dollari e un valore ormai prossimo ai 40 miliardi.
Ma mentre Uber è ormai presente in 250 città in 50 Paesi nel mondo, in Europa il servizio stenta a decollare (c’è in 48 città in 22 Paesi, considerando Turchia e Russia), in virtù della resistenza di molti Stati: in particolare della Francia, dove il servizio UberPop (quello più simile ai taxi, che si differenzia dal noleggio di auto di lusso) da quest’anno è vietato e anche di Germania e Danimarca, dove ha sta incontrando sentenze ostili. In Italia la resistenza dei tassisti ha impedito sinora una regolamentazione a livello nazionale, consentendo il servizio caso per caso in alcune città, a seconda delle scelte dei Comuni. Ma secondo quanto riporta il Financial Times (anche se la notizia non è stata confermata da Bruxelles) l’aria starebbe per cambiare: il via libera definitivo al servizio di auto con conducente tramite app potrebbe arrivare dall’Unione europea, costringendo poi tutti i Paesi ad adeguarsi in qualche modo.
Secondo le voci raccolte dal quotidiano finanziario a Bruxelles durante il weekend di Pasqua, la Commissione europea sta infatti valutando la possibilità di regolare Uber a livello comunitario, scavalcando le regolamentazioni nazionali, finora incerte e contraddittorie. L’intervento dell’Ue taglierebbe la testa al groviglio amministrativo e giudiziario in cui l’intera faccenda si sta impelagando, permettendo a Uber di operare ma soprattutto stabilendo delle regole certe alle quali le auto con conducente contattate tramite app dovrebbero attenersi, sia pure nell’ambito di una generale liberalizzazione.
La battaglia in ogni caso è tutt’altro che finita, visto che lo stesso Financial Times qualche mese fa ha rilevato come persino negli Usa sia arrivato il primo stop per Uber: è successo a fine novembre in Nevada, dove per la prima volta la società di San Francisco ha ricevuto un’ingiunzione preliminare in un intero Stato. Dovrà pertanto sospendere del tutto le proprie attività fino a decisione contraria, restando comunque legalizzata in 47 Stati su 50, anche se il servizio è finito sotto inchiesta a Los Angeles e nella stessa San Francisco, e anche a New York c’è maretta. Al momento Uber è già stata messa al bando, anche se per motivi diversi, a New Delhi (dopo lo stupro di una donna) e in Thailandia, Olanda e Spagna. Persino in Australia, Paese culturalmente vicino agli Usa, è vietata in cinque Province su sei.