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Uber e Taxi: a Roma firmato a sorpresa un accordo che porterà le auto bianche nella app americana

Imagoeconomica

Uber fa pace con i taxi di Roma. O almeno, con una parte di loro. La app californiana ha firmato un accordo per spartirsi le strade della capitale con il consorzio ItTaxi, le cui auto, da giugno, entreranno a far parte della piattaforma Uber di Roma. L’intesa è però solo il primo passo di una campagna che potrebbe estendersi a 90 città e 12 mila macchine (questi i numeri della rete di ItTaxi in Italia).

In base all’accordo romano, quindi, dalla app di Uber gli utenti potranno selezionare anche i taxi del consorzio ItTaxi per chiamare una corsa. “Saranno informati che il servizio è offerto dal partner ItTaxi e saranno instradati nel nostro circuito”, spiega Loreno Bittarelli, presidente del consorzio e numero uno della cooperativa 3570.

Uber-Taxi: l’accordo prevede novità solo per i pagamenti

Dopodiché, per gi autisti e per i clienti valgono le regole di sempre: la chiamata non può essere rifiutata e non possono essere chiamati autisti fuori turno o esterni alla zona di competenza. L’unica differenza riguarda il conto, che si stabilisce in base alla tariffazione comunale, tramite il tassametro, e viene prelevato dalla carta di pagamento registrata su Uber.

Per questo, con i taxi gli utenti non possono ricevere fin da prima della corsa l’indicazione del costo finale, come avviene con gli Ncc, ma solo una forchetta di prezzo calcolata dall’algoritmo. “Uber si è impegnata a operare secondo le regole del nostro settore”, sottolinea ancora Bittarelli.

Chi ci guadagna?

Ma dal punto di vista economico, chi ci guadagna? I tassisti hanno accettato l’accordo per avere accesso al bacino di 118 milioni di utenti globali Uber, che a Roma sono soprattutto turisti o stranieri in viaggio d’affari (con le loro mance). L’app americana, invece, incassa una commissione, che secondo Bittarelli pesa per il 7% del valore delle corse, Iva compresa.

“Entro il 2025 vogliamo tutti i taxi del mondo sulla nostra piattaforma”, ha detto di recente Andrew Macdonald, vicepresidente di Uber.

I dubbi dei tassisti

Da parte dei tassisti, però, i dubbi non mancano. Secondo Nicola Di Giacobbe, coordinatore nazionale Unica-Filt-Cgil, “il rischio è turbare e deregolamentare il trasporto pubblico non di linea, che non può esser lasciato al libero mercato ma deve rimanere un servizio pubblico, nell’interesse dell’utente”. Massimo Campagnolo, responsabile nazionale Federtaxi-Cisal, paventa invece un altro rischio: “Se diamo potere a questo colosso mondiale, comprese le informazioni degli utenti – sostiene – finiamo alla sua mercé: saremo dei taxi/rider”.

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