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Tv streaming, la Rai scende in campo e sfida gli Over the Top

Imagoeconomica

È stata presentata ieri a Roma, nella storica sede della radio in Via Asiago, la versione rivista e corretta di RaiPlay, la piattaforma di streaming targata Rai. Il lancio della nuova scommessa del Servizio pubblico prevede il ritorno di Fiorello con una clip in prima serata che sarà visibile inizialmente dopo il Tg1 delle 20.30 dal 4 all’8 novembre e successivamente dal 13 dello stesso mese in streaming per sei settimane ogni mercoledì, giovedì e venerdì. 

RaiPlay, nelle intenzioni dell’AD Fabrizio Salini, si propone obiettivi ambiziosi: da una lato essere coerente con le scelte del Piano industriale recentemente “bollinato” dal MISE laddove mira a proporre il Servizio Pubblico come una “media company” in grado di competere nelle nuove dimensioni del mercato audiovisivo globale.

Per altro lato, vorrebbe rappresentare un salto di paradigma nel confronto tecnologico su due versanti: quello degli altri operatori e quello del pubblico a cui è destinata la proposta Rai. Rispetto alla “vecchia” Rai Play, come ha dichiarato recentemente il CTO Stefano Ciccotti, si riparte da zero: ”Non c’è niente della piattaforma precedente in quella nuova e questo è stato un vantaggio: abbiamo preso il meglio dell’esperienza precedente senza ereditarne i problemi”. Le novità infatti, al di la del successo che potrebbe avere Fiorello sempre molto gradito dal grande pubblico, consistono proprio nella diversa modalità tecnologica di valutazione di questa sfida.

Come noto, per accedere ai servizi streaming dei grandi OTT come Amazon, Netflix o AppleTv (per come li definisce AgCom: imprese come che forniscono contenuti e servizi attraverso la rete) è necessario sottoscrivere un abbonamento e quindi la quantità dei suoi “contatti” equivalgono a quanti spettatori intendono pagare questa specie di “canone”.

Invece per Rai l’offerta è gratuita (per obbligo di Legge) e quindi, per la prima volta, la rete sarà sottoposta ad una specie di “bombardamento” di contatti come mai avvenuto prima. RaiPlay ha già un portafoglio di oltre 12 milioni di sottoscrittori e nessuno è in grado di sapere come reagirà l’infrastruttura degli ISP (Internet Service Provider) che potrebbero essere un possibile collo di bottiglia in grado di strozzare il traffico dati.

Infatti Rai potrebbe garantire uno standard di emissione sufficiente per una fruizione “gradevole” ma non è in grado di fare lo stesso per il percorso successivo che invece è in mano al secondo segmento della diffusione sul Web. Per avere idea di questo problema basta sapere che Netflix richiede uno standard di emissione in banda larga da un minimo di 0,5 mgb/s fino a 25mgb/s  per l’Ultra HD.  Inoltre, per RaiPlay Si tratta comunque di un test significativo anche perché le connessioni non saranno geolocalizzabili in quanto, ad esempio, Fiorello potrebbe essere visto in tutto il territorio nazionale. La sfida è lanciata, vedremo chi vincerà. 

Fin qui tutto bene: che il Servizio Pubblico si ponga il problema di competere su un mercato in forte crescita come quello degli OTT dove, a fine 2018, secondo quanto riportato da Idate Digiworld “i servizi video OTT rappresenteranno il 14,5% del totale del mercato audiovisivo nel 2018. Tale mercato varrà complessivamente 115,7 miliardi di euro nel 2022 e gli OTT ne controlleranno fette sempre più consistenti, visto che, nei prossimi quatto anni, la Tv lineare globale crescerà in media dello 0,8% contro il 14,2% dei servizi Ott” è una buona notizia.

Vedi pure l’intervista di oggi, comparsa su Repubblica A&F, di Elisabetta Ripa, CEO di Open Fiber: “Con Rai l’accordo è per studiare e sviluppare nuovi servizi legati all’espandersi della rete in fibra” dove il mercato globale dice che la direzione è passare dall’etere al cavo. Del resto anche la BBC, come ha scritto nei giorni scorsi l’ultimo rapporto OfCom, ha dichiarato di essere “vulnerabile a un panorama mediatico in rapida evoluzione e sta lottando per coinvolgere e trattenere il pubblico più giovane … ad esempio lanciando BBC Sounds e rendendo i programmi disponibili più a lungo su iPlayer”.

Quello che invece non appare affatto chiaro è sapere quali saranno i nuovi contenuti che verranno immessi sulla piattaforma streaming Rai, a chi verranno destinati e quante risorse verranno impiegate. Ieri è stato chiesto a Salini il costo dell’operazione Fiorello: la risposta è stata vaga ma, per quanto risulta da nostre fonti, si parla di 10 milioni di euro, “spalmabili” nel tempo e su diversi impieghi, dove forse potrebbe essere compreso Sanremo. 

Il tema del tipo di pubblico a cui è indirizzata l’offerta editoriale della nuova piattaforma appare particolarmente complesso: nelle intenzioni, ci si vorrebbe rivolgere a quella fascia di pubblico “adulto” tecnologicamente poco alfabetizzato e avvezzo con tablet e smartphone senza dimenticare le fasce più giovanili. Appare una specie di “mission impossibile” soprattutto in epoca di scarsità di risorse economiche e in un ambito dove Rai sconta un forte ritardo.

Su Firstonline lo abbiamo scritto più volte: alla Rai si richiede tanto in cambio di poco e quel poco che c’è (il canone) qualcuno vorrebbe pure toglierlo.   

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Categories: Economia e Imprese