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Tutte le novità della manovra: la rivoluzione del bonus bebè e non solo

Abbattuto da 90mila euro di reddito a 25mila di Isee il tetto oltre il quale non si ha diritto al contributo – Altri 400 milioni per gli ammortizzatori sociali – Più flessibilità per i Comuni, ma i tagli rimangono – Non si ferma la polemica di Ncd sulla social card – L’Ue tuona contro gli ebook e minaccia una procedura d’infrazione se Roma abbasserà l’Iva.

Tutte le novità della manovra: la rivoluzione del bonus bebè e non solo

Rivoluzione del bonus bebè, più fondi per gli ammortizzatori sociali e maggiore flessibilità per i bilanci dei Comuni. Sullo sfondo, intanto, divampano due polemiche: quella di Ncd contro la social card agli stranieri e quella dell’Unione europea contro il taglio dell’Iva sugli ebook. Il mosaico della legge di Stabilità 2015 si fa sempre più mutevole e, a meno di 24 ore dalla raffica di emendamenti approvati ieri in commissione Bilancio alla Camera, arriva oggi un’altra sequela di novità. Anche queste, è bene ricordarlo, suscettibili di ulteriori modifiche prima dell’approvazione definitiva della manovra.

BONUS BEBE’: TETTO ABBATTUTO DA 90MILA EURO DI REDDITO A 25MILA DI ISEE, ASSEGNO RADDOPPIATO SOTTO I 7MILA

Uno dei cambiamenti più importanti rispetto al testo originario riguarda il bonus bebè, un contributo triennale di 80 euro mensili per le neomamme. Il Governo aveva previsto inizialmente che avessero diritto al bonus tutte le famiglie in cui la somma dei redditi non superasse i 90mila euro annui. La soglia era immediatamente apparsa sproporzionata per una misura di Stato sociale, poiché sarebbero rientrati nella platea dei beneficiari anche lavoratori con stipendi superiori ai 4mila euro mensili. L’Esecutivo ha perciò deciso di cambiare completamente rotta, depositando in commissione un emendamento che stabilisce come nuovo limite un reddito Isee di 25mila euro annui. Il contributo, inoltre, viene rafforzato per i più poveri: l’importo dell’assegno sarà raddoppiato a 160 euro per coloro che hanno un valore Isee sotto i 7mila euro annui. In sostanza, il valore economico della misura non cambia, ma si restringe la platea complessiva degli aventi diritto raddoppiando, le risorse per le fasce sociali più svantaggiate.

AMMORTIZZATORI SOCIALI: ALTRI 400 MILIONI 

Con un’altra proposta di modifica depositata oggi, il Governo stanzia altri 400 milioni di euro nel biennio 2015-2016 per gli ammortizzatori sociali, inclusa la Cig in deroga. La copertura viene individuata per 157,4 milioni nel 2015 mediante l’utilizzo di Fondi di parte corrente iscritti negli stati di previsione dei ministeri e per 42,6 milioni nel 2015 e 200 milioni nel 2016 da tagli al Fondo per interventi strutturali di politica economica.

COMUNI, IN ARRIVO MAGGIORE FLESSIBILITA’

Quanto all’emendamento che cerca di andare incontro ad alcune richieste dei Comuni, il Governo non modifica il taglio previsto da 1,2 miliardi, ma concede alle amministrazioni locali un margine di manovra più ampio: i sindaci potranno utilizzare alcune entrate (ad esempio gli oneri di urbanizzazione) anche per la spesa corrente, non solo per gli investimenti. Inoltre, gli oneri per il mantenimento degli uffici giudiziari passa dai Comuni allo Stato. Il governo aumenta poi da 10 a 30 anni il periodo per il ripianamento dei debiti e concede la possibilità di ricontrattare i mutui facendosi carico di una parte degli interessi. Infine, i Comuni che dal 2015 sceglieranno di unirsi otterranno una deroga al patto di Stabilità per 5 anni. 

NCD E LA POLEMICA SULLA SOCIAL CARD

Sul tema social card, non si placa la polemica del Nuovo Centrodestra. “Il governo ritiri l’emendamento sulla social card agli stranieri – scrivono in una nota congiunta il capogruppo Ncd alla Camera, Nunzia De Girolamo, il capogruppo Ncd in commissione Bilancio, Paolo Tancredi, e la vicepresidente Barbara Saltamartini –. Dopo l’equivoco che si è creato ieri, crediamo sia opportuno che il governo valuti questa richiesta anche per meglio riformulare l’emendamento stesso. Non è chiaro tra l’altro se il governo vuole estendere la social card o destinare apposite risorse per ottemperare a precedenti obblighi e sanare il contenzioso con le Poste. C’è ancora tempo per discuterne”. 

La proposta di modifica in questione punta a garantire la continuità della social card per i cittadini comunitari ed extracomunitari e la sperimentazione nei 12 comuni con popolazione superiore ai 250mila abitanti. Ieri il Tesoro aveva spiegato che “l’emendamento del governo al ddl di stabilità non prevede modifiche alle condizioni personali, anche quanto alla nazionalità, per accedere al beneficio, rispetto alla legislazione vigente che prevede anche per il soggetto extracomunitario con regolare permesso di soggiorno di lungo periodo, il diritto alla social card”.

Non solo: il ministero aveva precisato anche che la misura “ha l’obiettivo di porre rimedio alla situazione che si è creata a seguito della mancata conversione della norma contenuta nell’articolo 9 comma 15 del D.L. 150/2013 (decreto proroga termini). Tale disposizione garantiva la continuità del programma Carta Acquisti consentendo a Poste italiane spa di erogare il servizio di pagamento in favore degli aventi diritto alla social in attesa dell’espletamento della gara per la nuova aggiudicazione del servizio. Lo stralcio della norma in sede di conversione in legge del decreto avrebbe quindi come conseguenza la mancanza per Poste della titolarità giuridica ad effettuare il servizio. Poste spa dovrebbe quindi recuperare da questi soggetti indigenti le somme erogate da gennaio 2014 a marzo 2014, quando la società, dopo aver vinto la gara indetta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha stipulato il relativo contratto (24 marzo 2014)”.

UE: NON POTETE ABBASSARE L’IVA SUGLI EBOOK

Infine, il braccio di ferro Roma-Bruxelles sui libri elettronici. L’Unione europea, che già si era espressa contro l’imposta agevolata, ha bocciato la proposta del governo italiano di abbassare l’Iva sugli eBook dal 22 al 4%, equiparando l’aliquota a quella dei libri cartacei. “L’aliquota Iva sugli eBook deve essere quella standard, che per l’Italia è il 22% – spiegano dalla Commissione Ue –. In caso contrario si profilerebbe una violazione delle regole Ue e quindi una procedura di infrazione contro l’Italia”.

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