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Turismo estivo 2021, “la montagna c’è ma servono i ristori”

Peppe Baselice per FIRSTonline

Questa del 2021 dovrà essere l’estate della riscossa per il turismo della montagna, reduce dall’azzeramento causa Covid di una stagione e mezza invernale (quando si produce larga parte del fatturato) e da una estate 2020 non esattamente al pieno delle potenzialità. A favorire la ripartenza sono i vaccini, le zone bianche e soprattutto il Green Pass, che dal 1° luglio interesserà tutti i Paesi europei, oltre che il crescente appeal per la montagna d’estate, un luogo dove si possono trovare tutti gli spazi possibili per rispettare i distanziamenti ancora necessari e perché no temperature più piacevoli rispetto al caldo soffocante delle città. Le considerazioni sulla ripartenza le abbiamo chieste a Valeria Ghezzi, Presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari (Anef, che fa capo a Confindustria), tra le attività più colpite insieme ad alberghi e ristoranti, e che ora teme anche l’effetto Stresa: “A causa della pandemia i gestori di impianti hanno perso 1,2 miliardi di fatturato in un anno e mezzo, e non hanno ancora visto un euro di ristori. Per l’estate c’è ottimismo, ma per ripartire davvero servono i sostegni in vista della stagione invernale, durante la quale il sistema montagna realizza il 90-95% del fatturato”.

Presidente Ghezzi, il 2021 segnerà il decollo della montagna d’estate oppure no?

“In realtà è un percorso lungo, sul quale stiamo investendo molto. Se dovessi sbilanciarmi, direi che negli ultimi 10 anni le presenze in montagna in estate sono cresciute almeno del 20%. Oggi però l’estate rappresenta solo il 5-10% del fatturato e anche se c’è un moderato ottimismo per la stagione alle porte non riusciremo a rimediare alle perdite di questi ultimi tempi. Per ripartire del tutto servirà una stagione invernale piena, se sarà possibile, e anche che arrivino i ristori, che ci permettono di pagare il personale che ha continuato a fare manutenzione durante i mesi di inattività. Da marzo 2020 gli esercenti hanno ricevuto zero euro”.

A proposito di manutenzione, qualche settimana fa l’incidente di Stresa, costato la vita a 14 persone, ha gettato un’ombra sulla sicurezza degli impianti di risalita. Quella tragedia avrà ripercussioni sul turismo montanaro?

“Un impatto psicologico sulle persone potrebbe anche esserci, ma spero che alla lunga questo non danneggi tutta la stagione estiva. Certo è che il filmato dell’incidente, diffuso la settimana scorsa da alcuni siti, sembrava fatto apposta per spaventare e non aggiungeva nulla alla cronaca. Posso garantire che in Italia ci sono 1.800 impianti, di cui circa 1.600 che fanno capo ad Anef, e sono tutti sicuri. Poi, come abbiamo visto sul Mottarone, dipende dalla serietà di chi li gestisce”.

In compenso vi aiuteranno molto vaccini e Green Pass. Voi lavorate a stretto contatto con rifugi, alberghi, ristoratori: vi aspettate un’estate migliore rispetto al 2020, con un ritorno dei turisti stranieri?

“Non saprei fare un pronostico ma direi che i presupposti per fare meglio ci sono tutti. Impianti, alberghi e rifugi hanno già in buona parte riaperto e tutti riapriranno entro i primi giorni di luglio. Quest’anno siamo riusciti ad organizzarci prima, l’anno scorso il via libera per il turismo di montagna era arrivato solo a metà giugno. Per quanto riguarda i turisti stranieri, la sensazione è che stiano tornando a muoversi, ma anche quest’anno ci aspettiamo in prevalenza turismo italiano. Ecco perché il picco sarà come sempre ad agosto, più che a luglio”.

Tuttavia il grande caldo che è già arrivato sull’Italia potrebbe aiutarvi sin da questa prima fase della stagione, spingendo più persone a scegliere il fresco della montagna.

“Assolutamente sì, le stagioni più calde hanno sempre aiutato. Le persone possono trovare temperature piacevoli e molto spazio libero. Vede, la montagna d’estate non è ancora così frequentata come potrebbe ma ha ampi margini di crescita, che invece non ci sono nella stagione invernale. In futuro mi immagino una montagna dove le proporzioni tra inverno ed estate non siano più 90/10 come adesso ma magari 60/40”.

I gestori hanno pensato a qualche agevolazione di prezzo per incentivare le persone a scegliere la montagna?

“Ci abbiamo un po’ lavorato, anche perché pensiamo che gli italiani stiano avendo un oggettivo problema di disponibilità economica dovuto alla crisi, ma non è facile far scendere i prezzi. La montagna ha costi molto alti soprattutto sulla sicurezza e dopo l’incidente di Stresa abbiamo capito che sulla sicurezza non si scherza, quindi è impossibile pensare di ridimensionarli. Un impianto non è come una camera di albergo che può essere svenduta piuttosto che tenerla vuota”.

Non teme che la riapertura degli impianti con la regola della capienza al 50% possa danneggiare una piena ripresa del turismo?

“Abbiamo scritto al Cts chiedendogli di rivedere una posizione che ormai è anacronistica. Oggi la capienza sui mezzi pubblici cittadini è dell’80%, e su un bus uno ci può stare anche per un periodo prolungato. Non vedo perché non possa essere lo stesso per un impianto di risalita, al cui interno peraltro si rimane per pochi minuti. Speriamo che venga presa una decisione almeno per il mese di agosto, perché così non ha senso. Siamo avanti con i vaccini, ci sono i Green Pass e c’è comunque l’obbligo di mascherina, non vedo il problema nel consentire una capienza maggiore”.

Per qualche impianto il contingentamento significa rischio di non aprire?

“No, il contingentamento dal punto di vista dell’attività ci danneggia relativamente. Si contano sulle dita di una mano gli impianti che farebbero fatica a sostenersi, e sono quelli che lavorano di più in estate: Monte Baldo nel veronese, Pordoi, San Martino di Castrozza per fare degli esempi. La norma andrebbe rivista più che altro perché non ha senso, anche a favore del turista”.

Il Covid ha costretto qualche impianto di montagna a chiudere i battenti?

“Al momento no, ci siamo tutti. Siamo vivi, ma per alcuni la situazione è al limite”.

E questa variante Delta, preoccupa?

“Spero di no. Mi pare acclarato che la variante Delta sia meno ‘letale’ malgrado l’alta trasmissibilità. Certo la risalita dei contagi nel Regno Unito qualche preoccupazione la dà, ma oggi abbiamo tante persone vaccinate e mi pare di capire che gli ospedali non si riempiano più. E questa è la cosa più importante”.

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Categories: Economia e Imprese