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Turchia-Ue, prove d’intesa

Segnali di disgelo fra Ankara e Bruxelles. La Turchia ha firmato un accordo con l’Ue per consentire ai governi europei di rinviare indietro i clandestini che attraversano la frontiera comunitaria dal territorio turco. Come contropartita, è stata siglata un’ulteriore intesa per avviare i negoziati sull’abolizione dell’obbligo di visto per i turchi in visita in Europa. Un risultato definito “storico” dal ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, che ieri ad Ankara ha sottoscritto i documenti con il commissario europeo agli Affari interni, Cecilia Malmstroem. “La porta dell’Europa senza visti è ormai aperta – ha commentato il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan -. Rispetteremo senza dubbio tutti gli impegni assunti”. L’accordo di riammissione entrerà in vigore tre anni dopo la ratifica da parte della Grande Assemblea turca, non prima del 2017. In questo periodo, ai cittadini turchi dovrebbe essere consentito di entrare nell’Ue senza visto.  

La nuova intesa segna un passo importante lungo la strada che potrebbe portare l’Unione europea ad accettare la richiesta di adesione da parte della Turchia. “Sono certo che fra luglio e dicembre 2014 la presidenza italiana dell’Ue sarà prontissima a dare impulso a questi negoziati interrotti da troppo tempo”, ha detto ieri Franco Frattini, presidente della SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione internazionale), nel corso di un convegno organizzato a Roma alla presenza dell’ambasciatore turco in Italia, Hakki Akil.

Lo scorso ottobre Bruxelles ha riaperto le trattative con Ankara, ferme ormai da tre anni. La Turchia è candidata dal 1999, ma il negoziato, avviato ufficialmente solo nel 2005, si è rivelato il più difficoltoso che un aspirante membro dell’Ue abbia mai dovuto affrontare. In particolare, Ankara sconta le riserve di Francia e Germania, oltre alla mancata intesa con Cipro, di cui l’esercito turco occupa la parte settentrionale dal 1974. Sul primo fronte, tuttavia, si aprono alcuni spiragli: sempre ieri, Erdogan ha annunciato che a gennaio si recherà in visita a Bruxelles e che il 27 e il 28 dello stesso mese accoglierà in Turchia il presidente francese François Hollande.

“Ankara è fondamentale per la stabilizzazione politica del Medio Oriente – ha sottolineato ancora Frattini -, basti pensare al miglioramento delle relazioni con il Kurdistan iracheno, al ruolo che è stata in grado di svolgere nel Caucaso, in cui stiamo vivendo momenti di difficoltà nei rapporti fra Armenia e Azerbaigian, alla sua capacità di giungere a una normalizzazione dei rapporti con Israele e di ricoprire un ruolo importante nel Mediterraneo e nella crisi siriana”. Sul fronte economico, inoltre, l’ex ministro degli Esteri ha ricordato che la Turchia è “un hub vero e proprio attraverso cui passano infrastrutture indispensabili alla sicurezza energetica dell’Europa”. 

L’attuale posizionamento internazionale di Ankara riflette i risultati raggiunti in termini di crescita: “Negli ultimi 10 anni abbiamo più che triplicato il Pil, passato da 232 a oltre 800 miliardi di dollari – ha precisato Akil -. Il nostro rapporto debito-Pil è sceso dal 90 al 36% e ormai esportiamo in 142 Paesi. Questo sviluppo ci ha imposto di agire in favore della stabilità politica mediorientale, senza la quale, in futuro, la nostra crescita sarebbe destinata a interrompersi”.

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