Terre d’arabia e safari africani. La Turchia e il Sudafrica sono due Paesi emergenti che hanno offerto non poche soddisfazioni agli investitori nell’ultimo anno. Se la punta dell’Africa, più legata all’Europa e al gigante cinese, sta soffrendo leggermente la crisi dell’Euro, la Turchia, degna erede del suo ruolo di ponte tra oriente e occidente, ha saputo trovare nel Medio oriente alleati che la sorreggono anche in questi tempi difficili.
TURCHIA – Dall’inizio dell’anno la Borsa turca è stata una delle Piazze più frizzanti a livello mondiale: l’indice di riferimento di Istanbul, il Msci Turkey ha guadagnato, in valuta locale, il 34,10% da gennaio. Ma gli Etf della Borsa italiana legati allo steso indice e espressi in euro hanno guadagnato oltre il 40% e il fondo DWS Turkeyi è salito del 47% dal inizio anno. A premiare l’Instanbul Stock Exchange è stata la disciplina dell’economia: il rapporto debito/Pil è al 42%, il Pil negli ultimi due anni è cresciuto intorno al 9% (anche se per il 2012 si prevede una crescita ridotta al 3,9% a causa della crisi europea) e il deficit si è ridotto al 10% del Pil, su cui continuano a pesare le massicce importazioni di energia. Il settore bancario è solido (la quota di non performing loan è inferiore al 3%) e redditizio (l’attività di credito nel primo semestre 2011 è cresciuta del 40%). Per quanto sia un’economia fortemente legata alle esportazioni, la Turchia ha saputo differenziare i propri clienti trovando sbocchi interessanti nei Paesi del Medio Oriente. Non bisogna infine sottovalutare la demografia del Paese: l’età media è di 28 anni e la crescita della popolazione è dell’1,3% annuo.
Gli investimenti stranieri crescono incentivati da un profilo di rischio Paese di medio livello. Secondo la Sace “i principali fattori di rischio economico sono legati alla svalutazione della lira turca e alla forte dipendenza dai capitali esteri”. La lira negli ultimi mesi si è indebolita e la Banca centrale sembra intenzionata a mettere in atto politiche espansioniste. La svalutazione della moneta preoccupa anche perché aumenta la pressione sull’inflazione che dovrebbe scendere al 6,7% entro la fine dell’anno, ma che ha superato il 9% nell’ultimo mese spinta dal rincaro del costo dell’energia. Infine la situazione politica, anche se stabile, è ancora minacciata dalle tensioni tra islamisti e laici e tra il governo e i gruppi separatisti curdi.
SUDAFRICA – Nonostante i disordini nelle miniere a Marikana, (che hanno portato la morte di 44 minatori di cui 34 uccisi dalla polizia) mercoledì 29 agosto il JSE’s All Share Index, l’indice della Borsa di Johannesburg, ha toccato il suo record storico a 35.897,69 punti. Dall’inizio dell’anno ha guadagnato il 10,64% continuando la tendenza al rialzo che la caratterizza dagli ultimi cinque anni. L’Etf Msci South Africa, quotato alla Borsa italiana, da gennaio ha segnato un rialzo dell’11,95%. E l’economia dell’ultimo Paese annoverato tra i Brics (insieme a Brasile, Russia, India e Cina) continua a essere la gazzella d’Africa.
Il Pil sudafricano è cresciuto in media del 3% negli ultimi due anni e per quest’anno si stima un aumento del 2,5%, a causa del rallentamento globale. Il rapporto debito/Pil è sotto controllo, con oltre la metà del debito denominato in rand sudafricani. Tuttavia l’elevato debito privato delle famiglie e la disoccupazione intorno al 25% destano qualche timore sul futuro del Paese. Il rischio che la Sace associa al Sudafrica è medio-basso. La maggiore preoccupazione in questo momento è il rallentamento di Europa, Cina e Stati Uniti, i principali partner commerciali di Johannesburg, soprattutto per quanto riguarda l’export minerario.