Ennesima notizia shock proveniente dalla Turchia. Il vicepremier e portavoce del governo di Ankara, Numan Kurtulmus, ha annunciato l’intenzione di sospendere la Convenzione europea sui diritti umani, “come ha fatto la Francia”, ha sottolineato il politico.
Parallelamente all’annuncio, continuano le epurazioni. Molto scalpore ha destato a Istanbul l’arresto di Orhan Kemal Cengiz, giornalista e avvocato per i diritti umani, iscritto nella presunta lista nera di Erdogan difussa su Twitter nei giorni scorsi. L’uomo è stato arrestato insieme alla moglie.
Ricordiamo inoltre che, dopo il tentato golpe di venerdì scorso, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha dichiarato lo “Stato d’emergenza per tre mesi” in base all’articolo 120 della Costituzione del Paese. La misura conferisce potere assoluto al governo e a Erdogan.
“Ci sono stati molti arresti in questi giorni – aveva detto in precedenza Erdogan alla televisione turca – e altri nomi arriveranno nei prossimi giorni. Non abbiamo ancora finito. Ma restiamo nel sistema della democrazia parlamentare, non ce ne allontaneremo mai”.
Eppure, subito dopo il Presidente ha replicato con durezza alla Ue, che da giorni gli ricorda l’incompatibilità tra pena capitale e procedura di adesione: “Per 53 anni – ha ricordato Erdogan – abbiamo bussato alla porte dell’Unione europea e ci hanno lasciato fuori, mentre altri entravano. Se il popolo decide per la pena di morte e il Parlamento la vota, io la approverò”.
E ancora: “Un tentativo di golpe – ha insistito Erdogan – è un reato o no? Lo è. È un crimine contro lo Stato e lo Stato ha il dovere di trovare i colpevoli e consegnarli ai giudici, che, in uno Stato di diritto, li giudicano nel rispetto della legge”.
Intanto, continua l’ondata di arresti e epurazioni indiscriminate in tutto il Paese. Per tutti i coinvolti nelle retate di regime, l’accusa è di legami con Fetullah Gulen, predicatore esiliato negli Usa ed ex alleato di Erdogan, ora accusato da Ankara di essere il regista occulto del tentato golpe.
Accusa ribadita stasera nell’intervista ad Al Jazeera, quando il presidente ha parlato di “organizzazione terroristica”, come ha più volte definito la rete del predicatore Gulen, una “minoranza che voleva imporre la sua volontà alla maggioranza”. Un piano, accusa apertamente Erdogan, “in cui potrebbe essere stato coinvolto anche qualche Paese straniero”.
Il riferimento sembra all’indirizzo degli Stati Uniti, alleati della Turchia nella Nato eppure considerati in qualche modo complici di Gulen, di cui Ankara chiede l’estradizione.