Turchia, secondo turno. Domani saranno di nuovo aperte le urne in Turchia dopo che lo scorso 14 maggio, al primo turno, per il rinnovo della Presidenza della Repubblica e della Grande Assemblea Nazionale Turca, il parlamento del paese, nessuno dei candidati ha raggiunto la maggioranza assoluta dei voti. Domani è la volta del ballottaggio. Ma secondo Valeria Talbot, analista dell’Ispi, in Turchia i giochi sono fatti. “Salvo poco probabili sorprese elettorali, Recep Tayyip Erdogan continuerà a guidare la Turchia anche nei prossimi cinque anni”.
Vincerà la “continuità”? Meglio cosi?
“Se questo rassicura coloro che vedevano nel cambiamento un elemento di incertezza – spiega Talbot- occorre ricordare che non sempre continuità fa rima con stabilità. I risultati delle urne hanno mostrato il volto di un paese che rimane diviso e fortemente polarizzato tra chi sostiene “baba Recep” e chi invece è profondamente deluso e disilluso. Insomma secondo l’analista “come sarà e dove andrà la Turchia di Erdogan” è un interrogativo che sentiremo riecheggiare ancora a lungo negli anni a venire, nonostante il cammino sembri già tracciato da tempo”.
L’appoggio di Sinan Ogan
Ma che cosa avrebbe prodotto questo scenario che sembra così scontato? Intanto un dato politico importante: dopo giorni di riflessione e silenzio, il terzo classificato, il candidato Sinan Ogan, con il 5,2% delle preferenze, definendo Kilicdaroglu, il candidato delle opposizioni, un’alternativa “non convincente” al presidente uscente, ha invitato i suoi elettori a votare per Erdogan.
Se il voto fosse solo questione aritmetica, avendo il leader uscente preso il 49,45% dei voti al primo turno, mentre lo sfidante Kemal Kilicdaroglu si è fermato al 45,95%, a questo punto avrebbe già vinto.
Ma sappiamo che politica e aritmetica non sempre coincidono, i voti si devono ancora contare.
Una cosa però è vera: mai la Turchia è apparsa così divisa
I sostenitori di Erdogan, sono stati soprattutto gli abitanti delle zone più interne. Quelli che hanno votato Kilicdaroglu abitano nelle città e nelle roccaforti dell’ovest, oltre che nelle regioni dell’est dell’Anatolia a maggioranza curda. Detto questo, è altrettanto vero che il presidente uscente sembra aver fatto meglio dell’avversario fin dal primo turno.
Che cosa ha convinto di più gli elettori?
Sarebbe più giusto dire che quello che avrebbe dovuto punirlo non è stato tenuto in nessuna considerazione.
L’economia per esempio. Non è servito il messaggio della “cipolla” dell’avversario, cioè il dito puntato sull’aumento dell’inflazione che non stava permettendo ai turchi nemmeno di comprare le cipolle. Erdogan non è stato punito nemmeno nelle regioni colpite dal devastante terremoto di febbraio, come molti si aspettavano, visto che, nelle settimane precedenti al voto, quelle zone erano state teatro di violente proteste. Ma di più di tutto deve aver convinto quegli elettori il fatto che il presidente abbia aumentato gli stipendi ai dipendenti pubblici e fornito gas gratuito alle famiglie. Gli appelli all’orgoglio nazionale e i video che presentavano la fiorente industria della difesa turca, devono aver fatto il resto.
Le carte giocate dall’opposizione di Kilicdaroglu
E Kilicdaroglu? Cosa ha fatto in queste due settimane per convincere chi non lo ha votato al primo turno?
Dopo lo choc provocato dalla sorpresa non solo di non aver vinto subito le elezioni – come pure alcuni sondaggi avevano predetto – ma nemmeno di essere arrivato a un testa a testa con il Sultano, il candidato del “tavolo dei Sei” , ha cercato di assicurarsi le simpatie (e i voti) dei nazionalisti in libertà, virando tutto a destra. Kilicdaroglu così ha accusato Erdogan di non aver “protetto i confini e l’onore” del paese accentuando gli argomenti anti-migranti comunque già presenti nel suo programma.
“Coloro che amano questo paese vadano a votare – ha detto – Non possiamo abbandonare la nostra patria a questa mentalità che ha portato 10 milioni di irregolari tra noi. È arrivato il momento di mandarli fuori dal paese, subito”. Esagerando notevolmente il numero degli immigrati siriani, 4 milioni circa in Turchia, come sempre fanno i nazionalisti.
Sinan Ogan però non era quello che voleva da Kilicdaroglu. Per avere i suoi voti aveva chiesto una esplicita rottura da parte del leader delle opposizioni con l’elettorato curdo; e questo sul serio Kilicdaroglu non avrebbe potuto farlo essendo essi i suoi principali sostenitori.
Nessuno si fa illusioni: Erdogan confermerà il suo stile autoritario
Ogan o non Ogan, comunque nessun analista dà l’opposizione vincente nell’ultima corsa. Tanto che le riflessioni ruotano più intorno a quello che sarà la terza Turchia di Erdogan che alla nuova di un nuovo leader. E quasi nessuno si fa illusioni: in caso di vittoria ci si aspetta che Erdogan consolidi il suo stile autoritario di governo all’interno come all’estero del paese.
In politica interna continuerebbe con i bavagli alla stampa, ai giudici, sottraendo sempre di più diritti civili, e tenendo ben imbrigliate politica ed economia.
In politica estera la Turchia continuerà a essere uno “swing state”, una volta per la democrazia, un’altra per le dittature, a seconda della convenienza del momento.
Domani saranno anche 10 anni dalla rivolta popolare contro Erdogan. Ciò influenzerà il voto ?
Tutto sembra andare verso questo risultato. Ma la partita, si sa, finisce solo al fischio dell’arbitro. Qualcuno, per esempio, ricorda che nel giorno del secondo turno del voto saranno dieci anni dagli avvenimenti di Gezi Park, la più grande rivolta popolare contro Erdogan finita dopo 3 mesi di proteste, 11 morti, oltre 8mila feriti e 900 arresti. Ogni anno i turchi ricordano la data con manifestazioni in tutte le città. Chissà che nel giorno del voto la protesta si trasformi in scelte nelle urne.
Sarebbe il miracolo a cui oggi nessuno crede.