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Tupperware in crisi: avviata procedura di fallimento per lo storico marchio di contenitori

Tupperware ha avviato una procedura di protezione dal fallimento ai sensi del Chapter 11, cercando di ristrutturare i debiti e affrontare una crisi economica crescente. Fondata nel 1946, l’azienda si trova a dover dimostrare la propria resilienza in un mercato sfidante, nonostante i tentativi di rilancio e un calo netto delle vendite

Tupperware in crisi: avviata procedura di fallimento per lo storico marchio di contenitori

Tupperware Brands, l’azienda americana specializzata in contenitori per alimenti, ha avviato una procedura di protezione dal fallimento ai sensi del Chapter 11. Questa sezione del Codice fallimentare degli Stati Uniti consente alle imprese in difficoltà di ristrutturare i debiti e continuare a operare, evitando la pressione immediata dei creditori.

La decisione di Tupperware arriva dopo il mancato rispetto di una scadenza debitoria cruciale e segna un punto critico per la società, che da tempo si trova a fronteggiare una crisi economica crescente.

Le radici della crisi di Tupperware

L’azienda, fondata nel 1946 dal chimico Earl Tupper, ha conosciuto una crescita esponenziale grazie ai suoi innovativi contenitori di plastica ermetici e al famoso modello di vendita porta a porta. La crisi economica globale, l’aumento dei costi delle materie prime, della manodopera e dei trasporti, e la concorrenza dell’e-commerce hanno eroso i margini di profitto della società.

Dal 2021, Tupperware ha registrato un calo continuo delle vendite per sei trimestri consecutivi, culminando con un fatturato di soli 1,3 miliardi di dollari nel 2022, un abbattimento del 42% rispetto a cinque anni prima. Le difficoltà finanziarie sono ulteriormente amplificate dall’alto indebitamento: i beni dell’azienda sono stimati tra 500 milioni e un miliardo di dollari, mentre le passività variano tra uno e dieci miliardi. Tupperware conta inoltre tra 50.000 e 100.000 creditori.

I tentativi di salvataggio

Nel 2023, la società aveva già avviato una ristrutturazione del debito in collaborazione con i suoi finanziatori e aveva incaricato la banca di investimento Moelis & Co di esplorare alternative strategiche. I tentativi di rilancio, però, non sono stati sufficienti per stabilizzare la situazione finanziaria dell’azienda.

Laurie Ann Goldman, Ceo di Tupperware, ha dichiarato che la decisione di optare per il Chapter 11 è stata motivata dalla necessità di ottenere flessibilità nella trasformazione digitale e tecnologica dell’azienda. “Abbiamo valutato diverse opzioni strategiche e abbiamo deciso che la richiesta di protezione dal fallimento fosse la soluzione migliore” ha spiegato Goldman, “ora puntiamo alla trasformazione in un’azienda digitale e tecnologicamente avanzata” sottolineando che questo processo dovrebbe permettere a Tupperware di ristrutturare e adattarsi a un contesto economico sempre più sfidante.

Nonostante la procedura di fallimento, Tupperware ha dichiarato l’intenzione di continuare a operare durante la ristrutturazione, assicurando che dipendenti e fornitori verranno regolarmente pagati. La situazione resta precaria, con il titolo dell’azienda ieri sospeso a Wall Street e l’incertezza che grava sul futuro del marchio.

La società, che aveva mostrato segni di ripresa durante la pandemia grazie alla chiusura dei ristoranti e ai lockdown, ha ora affrontato una nuova crisi post-pandemica che ha messo a dura prova la sua capacità di adattamento e resilienza. La scommessa di Tupperware è ora sulla capacità di utilizzare il Chapter 11 per reinventarsi e recuperare terreno in un mercato in rapido cambiamento.

La fine di un simbolo americano?

Tupperware è diventata un’icona americana grazie al suo design innovativo di contenitori ermetici e al modello di vendita noto come Tupperware Party. Questo approccio ha rivoluzionato il modo di conservare gli alimenti e rappresentato un emblema dell’intraprendenza imprenditoriale statunitense. Negli anni, Tupperware è stata un simbolo della creatività e dell’ingegno americano, con oltre tre milioni di “ambasciatori” globali nel 2017. Oggi, però, l’azienda deve affrontare la sfida di dimostrare la propria resilienza e capacità di rinascere nonostante le difficoltà senza precedenti.

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