Se il tunnel del San Gottardo, fiore all’occhiello del Corridoio 1 della rete ferroviaria europea (il “Reno-Alpi”, che collegherà, a pieno regime nel 2020, Rotterdam e Genova, e metterà in connessione su rotaie merci per 80 milioni di persone toccando 5 Paesi e 2.700 miliardi complessivi di Pil), sarà l’11 dicembre 2016 la più lunga galleria ferroviaria del mondo in servizio (i lavori termineranno a giugno 2016), il merito non è soltanto della Svizzera e dell’Unione europea.
Se infatti è vero che, grazie alla convenzione appena firmata tra Peter Fuglistaler dell’Ufficio dei Trasporti elvetico e l’amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile, Berna si accollerà per intero l’adeguamento delle infrastrutture sulla linea Luino-Gallarate (il lato italiano dello sbocco del Gottardo) per la cifra di 120 milioni di euro, è anche vero che l’Italia, come ha sottolineato anche il vice-ministro dei Trasporti Riccardo Nencini presente alla conferenza annuale sullo stato del progetto tenutasi a Genova, non si tira indietro.
“Negli ultimi decenni – ha ricordato Nencini – lo Stato ha investito 70 miliardi nella rete ferroviaria, di cui il 70% è andato a opere già realizzate. Ora questo Governo ha stanziato altri 6 miliardi per il triennio 2013-2016 per realizzare e rendere funzionante entro il 2020 il terzo valico (quello che completa il Corridoio 1 collegando Milano e Genova attraverso l’Appennino, ndr): i primi due lotti, per 1,6 miliardi complessivi, sono già stati erogati, mentre per la terza tranche sono già stati anticipati 200 milioni nel decreto Sblocca Italia e un’altra cospicua parte arriverà dalla Legge di Stabilità”.
La terza tranche è stata assegnata col vincolo che i lavori inizino entro giugno 2015, per accelerare la tempistica: “Ci vogliamo mettere in regola e lo stiamo facendo”, ribadisce il vice-ministro, supportato anche dal Direttore strategico di Rfi, Nannina Ruiu: “Non abbiamo nessun complesso, stiamo partecipando anche noi: il terzo valico e Luino saranno pronti nel 2020”. Se infatti la Svizzera ha anticipato dei soldi per assicurarsi l’adeguamento di binari e gallerie nella parte di territorio italiano immediatamente vicina al Gottardo, sugli altri sbocchi l’Italia sta già lavorando con 500 milioni investiti da Rfi per adeguare i valichi del Sempione e di Chiasso.
Si tratta per lo più (tranne nel caso di Luino in cui va anche aggiunto un binario all’unico già esistente) di lavori di ampliamento di tunnel e stazioni per giungere a una sagoma di 4 metri, quella necessaria al transito di treni di massima capacità. “Spesso infatti – spiega l’ingegner Maurizio Gentile, ad di Rete Ferroviaria Italiana – si confondono queste infrastrutture con la Tav: qui non si parla di alta velocità ma di alta capacità, che è ben diverso. Se servono gallerie per far passare convogli alti 4 metri è perché trasportano più merci, e se trasportano più merci sono più pesanti e dunque non possono affrontare pendenze. Perciò vanno costruite gallerie più lunghe e più ampie”.
Sempre nel pieno rispetto dell’ambiente, comunque. Mentre infatti in val di Susa la situazione è fuori controllo, in Svizzera il progetto è stato certificato interamente ecosostenibile: le gallerie hanno una garanzia di 100 anni di vita senza manutenzione grazie ai vari rivestimenti, fatti con calcestruzzo aggregato al materiale di scavo (28,2 miliardi di tonnellate, sufficienti a riempire un treno lungo da Zurigo a Chicago!), e tutti i veicoli utilizzati per i cantieri sono stati dotati di filtri anti-rumore e anti-polvere, così come sono state installate pareti fonoassorbenti su tutti i percorsi all’aperto.
A dire il vero comunque, almeno sul versante svizzero, sarà garantita anche l’alta velocità per i passeggeri: i quasi 60 km del San Gottardo, che sono costati a Berna 12 miliardi di euro (18 miliardi il costo complessivo dell’Alp Transit che comprende anche Lotschberg e Monte Ceneri), saranno percorsi a pieno regime alla velocità di 250 km orari. Ma è senza dubbio dal punto di vista commerciale che il progetto è più ambizioso: la nuova opera consentirà il passaggio di 250 treni merci rispetto ai 180 attuali, con riduzione del percorso di 30 km (che significa un’ora in meno di viaggio).
Una rivoluzione che non è ancora dato quantificare in termini di benefici economici, ma sulla quale l’Ue punta molto. I miliardi in tutto necessari alla realizzazione della cosiddetta Ten-T, la maxi rete ferroviaria comprensiva di 9 Corridoi che collegherà l’Europa in lungo e in largo toccando 94 porti e 38 aeroporti per un totale di 15mila km di rotaie, sono almeno 250, di cui l’Unione si è già accollata una parte. Al momento sono stati stanziati 26 miliardi di euro, di cui 11 per i Paesi dell’Est e 15 per quelli occidentali: di questi 15, ben 12 verranno erogati entro febbraio 2015 (previa presentazione di progetti). E questo è, al momento, il singolo bando più grande destinato da Bruxelles alle infrastrutture. Tanto da essere al centro della discussione tenutasi di recente a Milano tra i ministri dei trasporti e delle infrastrutture dell’Ue, durante la quale, al di là degli impegni già presi e degli sforzi dei governi nazionali, è emersa la solita criticità: e gli oltre 200 miliardi a carico dei singoli Paesi?
“Il ministro Lupi – spiega il vice Nencini – ha espressamente chiesto (insieme ai colleghi di Francia e Spagna, ndr) che questi investimenti, che in parte stiamo già garantendo, possano essere considerati in deroga al Patto di Stabilità nel calcolo del deficit. Ci riferiamo non solo al terzo valico ma anche alla Torino-Lione e al Brennero. La risposta purtroppo non c’è stata, e credo che sarà negativa”. Ancora una volta, anche in sede di grandi opere, è emersa la spaccatura austerità-flessibilità, che ha visto i Paesi del Nord (Olanda, Belgio e Germania quelli coinvolti nel Corridoio 1) storcere il naso di fronte a questa richiesta. Mentre si cerca di collegare persone e merci, si resta ancora divisi sul come farlo.