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“Trump, strategia distruttiva che farà più danni dei suoi dazi. Ecco come risponderà la Ue”: parla l’economista svedese Norberg

Dazi Usa, Cina, riarmo Ue: intervista all’economista svedese Hanna C. Norberg, consulente della Commissione Ue: “Le pulsioni nazionaliste? L’invasione russa dell’Ucraina e l’abbandono del sostegno Usa a Kiev hanno aumentato la spesa pubblica Ue. Per resistere a Trump serve un fronte unito”

“Trump, strategia distruttiva che farà più danni dei suoi dazi. Ecco come risponderà la Ue”: parla l’economista svedese Norberg

Mancano poche ore al 2 aprile, il “Giorno della Liberazione” come lo ha chiamato Donald Trump, la data in cui l’Amministrazione americana renderà noti i termini della nuova politica dei dazi e delle normative all’importazione nel mercato degli Usa. I mercati finanziari e gli operatori potranno finalmente mettere un po’ di chiarezza nelle loro valutazioni circa gli impatti economici del nuovo ordine trumpiano. Hanna C. Norberg è un’economista svedese, fondatrice di TradeEconomista.com, consulente indipendente di numerosi governi e organizzazioni internazionali. Ha lavorato per il Wto, l’Ocse, il ministero delle Finanze svedese e soprattutto con la Commissione europea sui vari trattati di libero scambio che regolano i rapporti con le più importanti economie del mondo (Corea del Sud, Giappone, Canada, T-Tip con gli Stati Uniti).

La politica dei dazi di Donald Trump sta facendo impazzire gli operatori economici. Riesce a vedere una strategia precisa o è un caos senza una logica?

“Sembra che l’unica strategia dietro la politica commerciale dell’attuale amministrazione statunitense sia il caos e l’affermazione del potere. Sebbene questo possa essere un approccio negoziale efficace in altri contesti, nel commercio globale, dove le catene di approvvigionamento sono complesse e costruite nel lungo periodo, l’incertezza generata da questa strategia risulta estremamente distruttiva. Forse persino più dannosa delle tariffe stesse”.

Cosa è prevedibile immaginare, in termini di reazioni e contro reazioni, negli scambi commerciali globali da qui ai prossimi mesi?

“Le tariffe tendono a penalizzare maggiormente l’economia che le impone. I costi economici dei dazi e il rischio di provocare reazioni ostili dissuaderanno, tuttavia, molti partner commerciali dall’intraprendere ritorsioni immediate. L’Unione europea, essendo l’unico partner commerciale di dimensioni sufficienti per resistere a queste pressioni, risponderà con dazi mirati, calibrati per scoraggiare ulteriori aggressioni”.

Con quale strategia?

“Il pacchetto di risposta europeo sarà strutturato in modo da essere reciproco in termini di dimensioni, con un’attenzione particolare ad alcune aree geografiche sensibili dal punto di vista politico negli Stati Uniti. Inoltre, eviterà di colpire beni utilizzati in produzioni strategiche e si concentrerà su prodotti per i quali è facile trovare alternative prodotte al di fuori degli Stati Uniti”.

Quale economia subirà maggiormente questa fase di chiusura del commercio globale?

“La rottura delle regole del commercio globale colpirà soprattutto i Paesi in via di sviluppo. Le economie più colpite saranno quelle maggiormente integrate con gli Usa, ovvero Canada e Messico. Il Canada non ha avuto altra scelta che rispondere in modo deciso, mentre il presidente messicano Claudia Sheinbaum ha dimostrato una sorprendente e impressionante assertività”.

Come impatteranno i dazi sulla crescita mondiale?

“L’impatto sarà molto negativo. Le principali organizzazioni internazionali, come l’Ocse e il Fmi, stanno già rivedendo al ribasso le loro previsioni di crescita globale e questo trend continuerà nei prossimi mesi. I modelli economici su cui si basano queste previsioni non hanno mai contemplato misure così estreme, quindi, ci troviamo in un territorio inesplorato per quanto riguarda la dimensione di questi shock”.

A suo avviso, quali saranno i settori industriali europei che dovranno rivedere le loro organizzazioni produttive?

“In primo luogo, l’acciaio, l’alluminio e il settore automobilistico. Tuttavia, l’erosione della fiducia nei rapporti commerciali, oltre alle tariffe stesse, avrà ripercussioni su tutta l’economia e su tutti i settori”.

Allo stesso tempo, ci saranno settori produttivi che potranno beneficiare di questa sorta di ridimensionamento della globalizzazione?

“Quando la polvere si sarà posata, alcuni settori o attori potrebbero uscirne rafforzati, almeno in termini relativi. Al momento è difficile fare previsioni, se non per quei settori che traggono profitto dall’incertezza, come i trasportatori di merci e gli studi legali specializzati in commercio internazionale”.

L’inflazione è destinata a ritornare un tema centrale negli Usa e nell’Unione europea?

“Ho appena partecipato ad un evento in cui il ministro svedese per il Commercio e lo Sviluppo ha suggerito di ribattezzare il ‘Giorno della Liberazione’ di Trump in ‘Giorno dell’Inflazione’. Il suo ragionamento è difficile da contestare: gli Stati Uniti registreranno sicuramente un aumento dei prezzi a causa dei dazi e della riduzione della concorrenza. L’incertezza e la disgregazione delle catene di approvvigionamento rappresentano però un rischio inflazionistico per tutte le economie del mondo”.

Crede che l’Unione europea possa trovare una nuova via di crescita industriale con le politiche di ri-armo europeo?

“L’aumento della spesa pubblica per il riarmo farà crescere il Pil, con effetti positivi sull’economia. Inoltre, poiché gli Stati Uniti vengono percepiti sempre meno come un partner e alleato affidabile, gli investimenti in questo settore saranno destinati ad imprese europee in misura maggiore rispetto al passato”.

Un’occasione anche per un riallineamento industriale e competitivo del settore automotive al servizio dei piani di investimento per il riarmo?

“Non vedo un collegamento diretto tra i due settori, quindi direi di no”.

In queste settimane di pungiball mediatico. ha tenuto banco principalmente la relazione sempre più complicata tra Trump e l’Europa. La Cina come si sta riorganizzando?

“Non vi sono segnali evidenti di riposizionamento. Il governo cinese, probabilmente per evitare tensioni con gli Usa, ha mantenuto un atteggiamento prudente riguardo ai dazi. Nonostante le critiche di Trump alla Cina in campagna elettorale, non la sta colpendo più duramente di altri partner commerciali, il che probabilmente è visto con favore da Pechino. A livello multilaterale, i funzionari cinesi si stanno esprimendo a favore di un sistema globale basato sulle regole. Va detto però che il modello economico cinese si basa sull’export e Pechino sta ancora incrementando la vendita di prodotti sovvenzionati dallo Stato, come i veicoli elettrici, che stanno letteralmente invadendo il mercato globale”.

E l’Europa…

“Con la chiusura del mercato statunitense, questi prodotti si riverseranno altrove, il che non sarà politicamente sostenibile nel lungo periodo. L’Ue ha già aperto diverse indagini anti-dumping contro la Cina: se questa tendenza non rallenta, la percezione globale – non solo europea – nei suoi confronti diventerà sempre più negativa”.

Se dovesse scommettere sul futuro dell’Europa: vinceranno le pulsioni più sovraniste e nazionaliste nel breve periodo o vede spazi per nuovi step di integrazione?

“È vero che assistiamo ad una crescita del nazionalismo in Europa, come in Ungheria o come si sta vedendo nelle recenti evoluzioni in Turchia. Tuttavia, l’invasione russa dell’Ucraina, che ha spinto Svezia e Finlandia a entrare nella Nato, e l’abbandono del sostegno statunitense a Kiev, hanno portato ad un aumento senza precedenti della spesa pubblica europea. L’unico modo per resistere a Trump è mostrare un fronte unito. Dopo la Brexit e il primo mandato di Trump, abbiamo visto una maggiore volontà di collaborazione e integrazione in Europa, e credo che questo sia il lato positivo di tutta questa situazione”.

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