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Trump promette “l’età dell’oro” ma l’Occidente è “in trappola”: un libro controcorrente di Franco Bernabè svela il perché

Il nuovo Presidente americano promette scintille ma l’Occidente deve fare i conti con una realtà che ne segna il declino dal quale solo uno scatto d’orgoglio e una visione di lungo periodo potrebbero spingerlo a rialzarsi

Trump promette “l’età dell’oro” ma l’Occidente è “in trappola”: un libro controcorrente di Franco Bernabè svela il perché

Meno tasse, più deregulation e dazi sui prodotti cinesi ed europei: sono le promesse del nuovo Presidente americano Donald Trump che, elettrizzato dal trionfo elettorale che lo ha riportato alla Casa Bianca, annuncia per gli States una nuova “età dell’oro”. Ma sarà davvero così? Un libro-intervista di Franco Bernabè con Paolo Pagliaro, pur partendo da una dura requisitoria verso i Presidenti democratici degli Usa, da Clinton ad Obama, sembra fatto apposta per smentirlo.

Il titolo del libro, edito da Solferino, è già un programma “In trappola – Ascesa e caduta delle democrazie occidentali (e come possiamo evitare la Terza guerra mondiale“). La tesi di fondo di Bernabè, decisamente fuori dal coro, è che tutto l’Occidente è finito “in trappola” perché è stata “fatale l’idea di esportare la democrazia liberale, la globalizzazione, la liberalizzazione dei mercati finanziari e della tecnologia, di fare insomma un mondo a immagine somiglianza degli Stati Uniti” una volta caduto il Muro di Berlino e dissoltasi l’Unione Sovietica. Gli Usa pensavano in questo modo di restare al centro del nuovo mondo ma è stato un autogol che mette a rischio la stessa democrazia: anziché la fine della storia evocata da Francis Fukuyama è cominciata un’altra storia, quella del declino dell’Occidente, sul quale non poco hanno pesato anche l’apertura incondizionata del Wto alla Cina e l’emarginazione della manifattura, del lavoro e dell’informazione in nome della centralità della finanza e della tecnologia.

Il declino dell’Occidente da Clinton ai repubblicani

Bernabè sostiene che l’incredibile catena di errori cominciò con la Presidenza Clinton che, con le sue riforme che hanno spinto sulla liberalizzazione dei mercati finanziari e sulla deregulation della tecnologia ma anche sullo smantellamento del modello di protezione sociale introdotto dal Presidente Roosevelt e sull’apertura alla Cina, ha smontato definitivamente il vecchio mondo che aveva il suo baluardo nel New Deal.

Nel j’accuse a Clinton c’è tutta la delusione di un sincero democratico come Bernabè ma, ad onor del vero, non risulta che i Presidenti repubblicani che si sono succeduti a Clinton abbiano tentato di correggere il tiro ed è del tutto improbabile che lo faccia Trump. Del resto sarebbe un po’ riduttivo addebitare a Clinton anche la crisi economica-finanziaria del 2007-8, che segnò davvero uno spartiacque non solo per l’America ma per l’intero capitalismo.

Bernabè ha ragione nel ricordare che quella crisi nacque da quella dei mutui subprime, frutto dell’eccessiva liberalizzazione dei mercati finanziari in un periodo di euforia economica, ma il salto di qualità dalla crisi di settore (i subprime) alla crisi sistemica della finanza prima e dell’economia dopo derivò dall’improvviso e ancora un po’ misterioso fallimento di Lehman Brothers in un tempo in cui alla Casa Bianca non sedeva un presidente democratico ma il repubblicano George W. Bush.

Sia come sia, da allora l’Occidente ha perso centralità e non si è più rialzato mentre nuovi terremoti geopolitici, la crisi climatica e quella demografica con i fondamentalismi che le accompagnano, lo strapotere digitale dei giganti di Internet, le due guerre in corso e la fragilità dell’Europa ne hanno accentuato il declino. È ovvio che del disastro dell’Occidente ha fatto le spese anche un Paese debole come l’Italia e che la classe media ha pagato un prezzo grandissimo sia in termini di potere d’acquisto che nel venire meno della sicurezza sul futuro. “Eravamo ricchi e negli ultimi quindici anni ci siamo impoveriti”, la ricchezza pro-capite italiana è più bassa di altri Paesi europei e gli indici di diseguaglianza, pur non essendo aumentati dopo il 2016, sono percepiti come sempre più intollerabili soprattutto dalle nuove generazioni più talentuose che lasciano il nostro Paese per cercare fortuna altrove in una amara riedizione dell’esodo italiano.

In trappola: servono visione e scatto d’orgoglio dell’Occidente

Ma – ecco il punto su cui si chiude il libro – dall’inferno di oggi si può sperare di risalire la china? In teoria sì ma servirebbe, almeno per l’Italia ma il discorso vale anche per l’Europa, “una visione di lungo periodo e iniziative coraggiose che la classe politica non è in grado di proporre” perché più che a governare pensa di galleggiare. Quel che è certo è che “non si può pensare a un ritorno dell’Occidente nella posizione che ha avuto in passato”: al contrario, oggi l’Occidente deve abituarsi a convivere con altre polarità e con altri mondi. Per come si sono messe le cose, non si può escludere nemmeno che si arrivi addirittura a una nuova guerra mondiale, ma, alla fine, l’ottimismo della volontà deve frenare il pur giustificatissimo pessimismo della ragione. E “fortunatamente – conclude Bernabè – la nostra lunga storia è ricca di svolte anche se spesso sono state causate da traumi profondi come una guerra. La speranza è che questa volta una guerra non serva e che l’Occidente ritrovi lo scatto di orgoglio necessario per ripartire”. Buona fortuna a tutti noi.

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