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Trump nei guai sulle tasse, nuovo attacco alla Cina

Imagoeconomica

Bufera su Donald Trump alla vigilia del primo confronto tv (gli altri due saranno il 15 e il 22 ottobre) con lo sfidante Joe Biden e a poco più di un mese dalle elezioni presidenziali del 3 novembre. Il presidente in carica, che attende con ansia di salire sul ring con l’avversario democratico, confidando nelle sue doti da “animale televisivo”, finisce ancora una volta nell’occhio del ciclone: stavolta a tirare lo scoop è l’autorevole (e apertamente schierato a favore di Biden) New York Times, secondo il quale nel 2016, anno in cui vinse le elezioni, Donald Trump pagò appena 750 dollari di tasse federali. Non solo: pagò la stessa irrisoria anche l’anno successivo e addirittura, per 10 dei 15 anni precedenti, non ha mai sborsato un dollaro.

“Non ha pagato alcuna imposta per 10 anni, perché ha riportato più perdite che guadagni”, ha chiarito il NYT, ricordando che Trump è reticente a rendere pubblica la propria dichiarazione dei redditi. Più che altro il problema sembra dunque quello di una gestione disastrosa dei propri affari: le carte ottenute dal quotidiano arrivano al 2017 (mancano, cioè, le dichiarazioni 2018 e 2019) e mostrano un Trump indebitato per centinaia di milioni. Il presidente, tramite la sua holding The Trump Organization (quella che ha sede nella famosa Trump Tower di New York) è addirittura in causa con l’Internal Revenue Service, l’agenzia governativa che si occupa di riscuotere le tasse, sulla legittimità di un rimborso di 72,9 milioni di dollari.

Venisse smentito da una sentenza negativa, il tycoon dovrebbe rimborsare almeno 100 milioni di dollari. Ovviamente la replica è stata di quelle sbrigative, alla Trump: “Fake news”. Ma alla vigilia del voto, e del confronto con Biden che teoricamente lo vede favorito per le sue qualità da showman, questa potrebbe essere una seria tegola per l’inquilino della Casa Bianca. Il quale non ha mancato nei giorni scorsi di piazzare altri due colpi importanti, sia sul fronte interno che internazionale. La guerra di sanzioni commerciali contro la Cina si è arricchita venerdì di un altro tassello: era nell’aria da settimane ma è quasi passato sotto silenzio l’inserimento nella black list di SMIC, Semiconductor Manufacturing International Corp, un’azienda cinese di semiconduttori.

Dopo quella contro Huawei (e contro TikTok, anche se un giudice federale ha appena sospeso il blocco contro l’utilizzo dell’app cinese negli Usa) si tratta di un’altra crociata contro la tecnologia cinese, accusata più volte dal presidente di attentare alla sicurezza informatica degli Stati Uniti. Nel dettaglio, il più grande produttore cinese di chip in silicio verrà colpito restringendo le esportazioni a suo favore. I fornitori di SMIC dovranno dunque richiedere licenze di esportazione individuali, secondo una lettera del Dipartimento del Commercio datata venerdì e riportata da Reuters. La mossa avrà conseguenze pesantissime: intanto SMIC già nell’ultimo mese in Borsa ha perso il 23%, sulle sole indiscrezioni di una decisione del genere, e nella seduta di lunedì perde un altro 7%. E poi tra i suoi clienti ci sono grandi gruppi americani come Qualcomm Inc. e Broadcom Inc.

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