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Trump, il clima e l’energia: che 2025 sarà?

Pixabay

Donald Trump ha dato disposizione di sospendere tutte le agevolazioni fiscali per l’uso delle fonti rinnovabili. Le aveva istituite Joe Biden nel 2023 con un plafond di 370 miliardi di dollari. Il segnale è chiaro: l’industria Usa può fare a meno delle fonti non inquinanti e deve riprendere a correre facendo affidamento solo su petrolio e gas. La notizia schiude gli scenari su tutto il 2025, anno di alti e bassi per l’energia mondiale.

La partita si gioca su più tavoli e le forze in campo sono talmente frastornate che un filo conduttore ancora non si vede. Arriverà? Probabilmente quando la presidenza di Donald Trump metterà a segno altri colpi per avere il dominio energetico nel mondo. Trump spingerà in ogni direzione per aumentare le esportazioni di Gnl e soddisfare la domanda. Lo farà soprattutto verso l’Europa che, non a caso, ha come obiettivo lo stoccaggio del 90% del gas importato. Le strutture sono quasi pronte e ad accogliere i nuovi flussi c’è tutta l’industria europea, nonostante l’aumento delle rinnovabili nel 2024. Tutti hanno bisogno di gas o petrolio.

Gli osservatori sono frenetici, scrutano un futuro a tinte fosche. L’ultimo studio dell’autorevole Oxford Institute for Energy, conferma. Nel 2025 il prezzo del Gnl dovrebbe scendere di pari passo con le minori esportazioni di gas dalla Russia. Il combustibile americano farà concorrenza al petrolio che sarà ancora centrale soprattutto nell’industria chimica e nel trasporto aereo.

Se l’Europa ripensa al Green Deal

Il quadro diventa ancora più incerto alla luce delle ultime prese di posizione nell’Ue circa una revisione strutturale del Green Deal del 2019. Tutto ciò che incombe sul mercato energetico ha poco a che fare con le politiche e le campagne contro il cambiamento climatico. Il nuovo corso americano segnerà gli alti e bassi di cui si diceva ricevendo il favore di un attore principale che è, appunto, l’industria europea logorata dalle mille prescrizioni imposte da una transizione verde troppo “corta”.

Gli Usa restano il più grande produttore di petrolio al mondo e bisognerà vedere chi e come riuscirà a sfuggire alle sirene del Presidente, che non dovrà sottovalutare nemmeno l’alleanza dei Paesi OPEC+ in quanto a prezzi e offerta di greggio. Con questo stato delle cose fino a quando si continuerà a parlare di transizione energetica, come fatto fino ad oggi? Il 2025 sarà un anno multilaterale a partire dal fatto che gli Usa si sono ritirati dagli accordi sul clima di Parigi con tutto quello che è nell’agenda di Donald Trump. “E questo – scrivono i ricercatori dell’Oxford Institute – è un altro ostacolo al processo Cop delle Nazioni Unite”.

Il destino delle Cop sul clima

Le Cop delle Nazioni Unite somigliano sempre più a un rodeo. Gli scarsi risultati ottenuti negli ultimi anni in materia di finanza, mitigazione del clima e ruolo dei combustibili fossili sono le spine nel fianco della transizione energetica globale. Lo si ammette? È onesto, invece, ammettere che la difesa del clima fa molta fatica a superare la realtà, dove la domanda di petrolio e gas continua a crescere. La vittoria di Trump negli Usa e il contesto in cui è maturata, dunque, pone la lotta al cambiamento climatico al rischio dell’irrilevanza, ancor più se si tengono a mente i risultati dell’ultima Cop29 di Baku. Gli Usa hanno cambiato pelle nel disinteresse per le sorti del pianeta? I giovani delle campagne pro green sembrano isolati. D’altra parte le divisioni tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo delle ultime Cop sono state consegnate agli archivi delle Nazioni Unite, mentre l’economia reale pensava ad altro.

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Categories: Politica