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Trump e Intelligenza artificiale: come cambieranno gli eventi globali nei prossimi anni

Imagoeconomica

“L’architettura è un atto politico”, disse nel 2006, inaugurando l’enclave contemporanea dell’Ara Pacis augustea a Roma, Richard Meyer, ‘campione’ americano del modernismo che unisce tradizione e innovazione. Parole che echeggiano il tempo quando, per l’Expo 1889 di Parigi, venne inaugurata la Tour Eiffel, contestata allora da larga parte dell’opinione pubblica francese, simbolo della connessione tra antico e moderno per un evento globale che avrebbe segnato un epocale passaggio di continuità e dialogo tra memoria e futuro nella storia.

Oggi che quel passaggio di continuità sembra impossibile a causa della crisi geopolitica e della fine del multilateralismo, c’è da chiedersi se gli eventi globali – Expo, Olimpiadi e Para-Olimpiadi, G20, Cop per l’ambiente, World Water Forum sulle crisi idriche mondiali, Festival internazionali della Mente e della Cultura, Biennali dell’Arte e dell’Architettura e, perché no?, il Giubileo in Italia o il Maha Kumbh Mela in India – potranno ancora essere agenti mutageni capaci di favorire processi evolutivi multidisciplinari, inter-generazionali, inter-religiosi intercettando cultura, ingegneria, biologia, scienze umane e scienze dei dati, scienze politiche, mostrando ai loro visitatori vicini e lontani un modello cooperativo vincente sui problemi della sostenibilità ambientale, economica e sociale.

O meglio, occorre chiedersi quali paesi si candideranno ad ospitare questi grandi eventi e quali saranno i concept curatoriali e le tematiche proposte ad indicare una visione collaborativa tra le nazioni e gli enti partecipanti, tra visitatori e operatori sul campo.

La competizione geopolitica: rischio o opportunità per gli eventi globali?

Dice Ursula von der Leyen: “L’ordine mondiale cooperativo che avevamo immaginato 25 anni fa non si è trasformato in realtà e siamo entrati in una nuova era di dura competizione geostrategica”. Ma questo fermerà la spinta verso gi eventi globali? Romano Prodi pensa di no: “È vero, tutto ciò che è solidarietà internazionale sarà distrutto, ma non le Expo e le Olimpiadi perché in esse prevale la concorrenza e la superiorità. Gli Usa saranno spinti a fare il Padiglione più impressionante e a prendere più medaglie possibili”.

Un dato è certo. Per chi ospiterà in futuro grandi eventi globali la capacità di plasmare la loro narrazione, di dar loro attrattività così forte da coprire i crescenti costi organizzativi attirando decine di milioni di visitatori in persona o in remoto, non sarà più un’opzione, un lusso, ma una necessità.

Gli eventi globali non saranno più uno ‘spazio’, un ‘dove’, ma un ‘come’, connettendo intelligenza naturale, artificiale e collettiva, secondo la definizione data da Carlo Ratti, curatore della prossima Biennale d’Architettura a Venezia e architetto-designer del Padiglione Italia a Expo 2020 Dubai.

Tecnologia e narrazione: il potere delle storie nei grandi eventi

I grandi eventi richiederanno sempre più la costruzione di una realtà condivisa attraverso il controllo delle narrative che li precedono già nelle campagne di candidatura per ospitarli. La supremazia narrativa, la narrative supremacy come la definisce Matteo Flora, docente di Open Source Intelligence, richiede di ripensare profondamente l’approccio comunicativo degli eventi. 

Dice Flora che, per la costruzione del nuovo senso di questi eventi, sarà necessario rifondare le relazioni tra paesi ospitanti, nazioni ed enti partecipanti con visitatori d’ogni continente, includendo partnership non convenzionali con creatori di contenuti, artisti e persino piattaforme di gaming e realtà virtuale, dove media e influencer potranno aiutare a generare, e consolidare, la fiducia del pubblico.

Le tecnologie che muteranno il corso dei grandi eventi non si preannunciano neutrali, ma al contrario costrutti sociali e culturali che rifletteranno le priorità e i valori di chi li progetta e li sviluppa finanziandoli a dismisura, producendo conseguenze importanti e un cambio di paradigma sia dal punto di vista organizzativo, di backstage, sia per l’interazione vis a vis o virtuale con il pubblico. 

Interazione non solo con gli eventi e gli spettacoli dal vivo, ma con i sistemi di sicurezza, di controllo e di privacy poiché questi eventi saranno utilizzati anche, e sempre più, per una crescente analisi dei dati e del comportamento del loro pubblico. Fino a dare ai visitatori la possibilità di scegliere con le loro app le scenografie dei padiglioni alle Esposizioni Universali, così come nelle fiere per scoprire il dietro le quinte dell’arte e della scienza, così come negli stadi per valutare in tempo reale la prestazione degli atleti.

Un futuro sempre più interattivo e tecnologico

Nei grandi eventi globali l’intelligenza collettiva dei partecipanti è in tal senso un potenziale ancora largamente inespresso.

Queste logiche, politiche e tecnologiche, esistono da tempo ma ora sono uscite allo scoperto stabilendo un nuovo format degli eventi divenuti piattaforme, modelli sempre più interattivi nei quali partecipanti e visitatori non saranno solo partecipanti di un’esperienza, ma saranno l’esperienza stessa.

I grandi eventi si trovano oggi in una nebbia tematica e narrativa per ciò che sta accadendo nella politica internazionale, nel commercio, nel business, nella lotta ai cambiamenti climatici, nella società civile fra trumpismo e intelligenza artificiale.

Sfide geopolitiche e nuovi protagonisti

A tal punto che, fatto mai accaduto prima, molti paesi (Argentina, Messico, Estonia, El Salvador, Sud Africa, Grecia, Iran, Egitto) hanno deciso all’ultimo di ritirarsi da Expo Osaka 2025 e altri (India, Brasile, Turchia, Angola) hanno preferito rinunciare ai propri padiglioni nazionali per essere ospitati, semi-nascosti, in padiglioni collettivi. Notizia ancora quasi ignota, che segue il ritiro degli Usa dalle Cop dei prossimi anni, e probabilmente anche dai summit sull’acqua organizzati dal World Water Council sotto l’egida dell’Ocse. In contrasto, la prima entusiastica partecipazione del presidente Usa in carica (Trump) al Super Bowl poiché questo evento definisce la cultura americana.

Scenari dell’avvenire. Ci chiediamo se all’Expo del 2030, o ancor prima alle Cop ‘30 e ‘31, avremo al centro una nuova versione della Crypto.com Arena, finanziata con il noto exchange trumpiano di criptovalute, che domina il Los Angeles Convention Center. Oppure se alle prossime Olimpiadi atleti e tifosi avranno a disposizione padiglioni tentacolari attrezzati dalla cinese Riot Games che ha sviluppato League of Legends, uno dei titoli di e-sport più popolari al mondo, o dalla Epic Games creatrice di Fortnite, titano da 400 milioni di giocatori in tutto il mondo. E, infine, se i Mondiali di calcio del 2034 in Arabia Saudita passeranno alla storia per il ‘Mohammed Bib Salam Stadium’ che rivoluzionerà il modo di vedere le partite creando un’arena multifunzionale con campi in erba retrattili e linee led sul rettangolo di gioco, un vero metaverso dello sport che decreterà l’ingresso del calcio nella realtà aumentata. 

Soft Power cinese: la nuova diplomazia ambientale

Scenari più vicini di quanto pensiamo. Il nuovo softpower cinese si affaccerà già quest’anno all’Expo di Osaka, in un padiglione super tecnologico capace di presentare il paese non solo come una potenza in ascesa, ma anche come una vivace forza culturale e diplomatica leader del futuro.

A Expo Osaka la Cina mostrerà come intende prendere il posto degli Usa nei negoziati climatici. Lo farà con un Padiglione – “Weaving the Future in Harmony” – dedicato, con l’Intelligenza Artificiale che ne guiderà la narrazione, alla cultura ecologica della propria storia, ai 5000 anni di una civilizzazione ispirata al rispetto della natura e allo sviluppo green dell’era moderna. 

La Cina darà ad ogni visitatore del suo Padiglione un QR code con il quale, all’uscita, potrà dare forma alla sua società del futuro. I visitatori del Padiglione cinese ascolteranno le voci, vedranno i volti dei protagonisti della mitologia cinese, potranno conversare con loro creando connessioni tali da farli diventare i veri “creatori” del futuro sostenibile.

L’ascesa del global south: la nuova geografia degli eventi internazionali

Non è difficile immaginare che una montante ondata nazionalistica per una competizione eventistica geostrategica, sempre più aggressiva sul piano diplomatico e tecnologico, possa contribuire a spostare progressivamente il centro gravitazionale degli eventi globali verso l’Indo-Pacifico e verso il Global South dove vive l’85% dei giovani nel mondo. Eventi che affermeranno il ruolo primario di Nuova Delhi, Dakar, Lagos, San Paolo, Jakarta, Santiago del Cile come nuovi ‘campioni’ delle Expo, dei G20 e delle Cop prossime venture (soprattutto dopo l’uscita degli Usa dall’ Accordo di Parigi del 2015) perché capitali, in prima fila, nelle energie alternative, nelle terre rare, nell’alfabetizzazione digitale. 

Cosa decideranno di fare le superpotenze occidentali? 

Molti ricordano quando, nel 2001, gli Usa di George Bush uscirono dal Bureau International des Expositions (Bie), direttorio delle Esposizioni Universali, lasciando che la loro partecipazione a Expo Milano 2015 fosse finanziata interamente da sponsor privati, per poi rientrare nel Bie con Barak Obama nel 2017, ma lontano dallo spirito vero delle Esposizioni Universali. Già con Joe Biden gli Usa furono molto tiepidi verso l’Expo 2020 e lo Sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktum, segretamente, dovette staccare un assegno di 20 milioni di dollari perché si costruisse il padiglione americano nel sito dell’Expo. 

Qualcuno ricorda le forti riserve espresse da Giorgia Meloni, quando era all’opposizione, sulla utilità della partecipazione dell’Italia a Expo 2020 Dubai. E ora per Expo Osaka?

Nello sport, al 1934 risalgono le prime minacce americane al Comitato Olimpico Internazionale sui giochi di Berlino, minacce che nei 50 anni successivi – da Mosca nel 1980 fino alle Olimpiadi invernali di Pechino nel 2022 – nemmeno Franklin D. Roosevelt e, più avanti, Jimmy Carter e Joe Biden smentirono mai completamente, tra boicottaggi veri e propri e partecipazioni ufficiose senza sventolare la bandiera a stelle e strisce. 

Il futuro incerto del modello Bie e delle Olimpiadi

Oggi lo stesso modello Bie, in mano a funzionari di nomina diplomatica, è fragile ed è probabilmente destinato a soccombere. Ma non solo. Per i nuovi vertici del Comitato Olimpico Internazionale, e dei Comitati olimpici nazionali, a cominciare dal Coni, si preannunciano tempi incerti. Le Olimpiadi del 2024 vennero assegnate a Parigi e quelle del 2028 sono state affidate a Los Angeles soltanto per assenza di altre candidature. Dopo Dubai con la prima Cop realmente popolare – oltre 50 mila visitatori attivi, decine di scolaresche – dopo Baku nel 2024 praticamente deserta e quest’anno Rio de Janeiro senza più gli Usa al tavolo, chi mai organizzerà Cop 31?

I grandi eventi globali come macchine di collaborazione

I grandi Eventi Globali sono Politica. Sempre di più saranno un come e non più un dove o un luogo. Se così sarà, questi eventi potranno sconfiggere il catastrofismo di oggi.

L’algoritmo politico-tecnologico potrà infatti fare dei prossimi eventi globali macchine di elaborazione del presente per pensare al futuro, vettore di una ritrovata collaborazione diplomatica, commerciale, educativa tra paesi. Ciò sarà possibile se la loro tematica, i valori e i contenuti espressi da ogni paese partecipante, pur riaffermando con forza la propria identità nazionale genereranno opportunità di collaborazione e condivisione. Così costruiranno intelligenza collettiva facendo leva su intelligenza individuale e tecnologica.

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